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Dark water
Anno: 2002
Regista: Hideo Nakata;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Giappone;
Data inserimento nel database: 04-12-2003


La grande guerra

Dark water. Hideo Nakata. 2002. GIAPPONE.

Attori: Gitomi Kuroki, Rio Kanno, Mirei Oguchi, Asami Mizukawa

Durata: 101’ min.

 

 

Ikuko è oggetto dei contrasti tra i suoi genitori. Entrambi, divorziati, si rivolgono al tribunale per ottenerne l’affidamento. La madre di Ikuko, alla quale temporaneamente la bambina è stata affidata, ha subito una difficile adolescenza, anch’ella cresciuta in una famiglia dai genitori separati. Trasferitesi nel nuovo appartamento, si accorgono di una fastidiosa perdita dal piano superiore. Un’infiltrazione d’acqua fa sgocciolare proprio dal tetto della stanza di Ikuko. La coppia è ossessionata anche da un’infantile borsetta rossa che compare continuamente. La donna è convinta che sia una strategia del marito per farla impazzire ed ottenere l’affidamento della piccola Ikuko, ma un giorno, giunta tardi all’uscita dell’asilo, si accorge che su un palo è affisso un volantino che reclama una bambina scomparsa un paio d’anni prima. La tragedia fa aumentare la preoccupazione della madre nei confronti della piccola Ikuko, ma la convince anche che in quel palazzo vi sia il fantasma della bambina scomparsa, Mitsuko. Un’intuizione porta la madre a controllare nella cisterna del palazzo, dove scopre il cadavere della fanciulla scomparsa. Per evitare che la figlia possa subirne il trauma, decide di sparire con il fantasma del cadavere. A distanza di dieci anni, Ikuko ritorna nello stesso palazzo per rivedere il fantasma della madre.

Il regista giapponese autore del clamoroso The ring, torna a rivisitare il tema degli orrori famigliari successivi ai traumi (nuclei sconvolti dalla separazione dei genitori), prendendo spunto da un altro romanzo di Suzuki Koji. Dark Water così diventa un horror di denuncia, che punta l’indice sul difficile rapporto, instabile addirittura, tra un solo genitore (madre anche in questo caso oltre che in The ring) e il figlio. I fantasmi di Nakata sono bambini che chiedono aiuto, immagini che scompaiono o occupano lo schermo per pochi secondi. Ancora la presenza dell’acqua (come può un giapponese farne a meno nella propria immaginazione?), una costante sia dei romanzi che dei lavori di questo filone. Nakata dimostra di saper tendere la tensione, dilatando i momenti di suspence e quelli quotidiani (dolly e carrelli anticipano i colpi di scena) efficacemente cosparsi di frammenti oscuri di una trama malsana. Al dramma della piccola Ikuko, Nakata non trascura di inserire quello di una madre, debole, che si toglie la vita (l’allontanamento con il cadavere di Mitsuko) dopo aver perso l’affidamento della figlia (probabile, metaforizzato). Un buon lavoro, che un po’ si ripete per le tematiche, incompleto ma che convince ugualmente. Citazione per Shining (1980) di Kubrick nella scena della piccola Ikuko davanti all’ascensore, l’esplosione di acqua che la butta a terra.     

 

 

Bucci Mario

        [email protected]