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La montagna di luce
Anno: 1965
Regista: Umberto Lenzi;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 04-12-2003


La grande guerra

La montagna di luce. Umberto Lenzi. 1965. ITALIA.

Attori: Richard Harrison, Luciana Gilli, Wilbert Bradly, Daniele Vargas

Durata: 104’

 

 

Allan, esperto ladro in fuga da New York, perde un’esorbitante cifra a poker con l’amico rajah, nel suo impero indiano. Costretto a fuggire, s’imbatte nel fachiro Sitama, ambiguo uomo del posto, portato per le truffe, e che decide di fare coppia con lui. Entrambi puntano alla Montagna di luce, uno splendido diamante custodito sulla fronte di un’enorme statua di Buddah, in un’affollata e controllatissima pagoda. La pietra, di oltre 200 carati, è segnata dalla maledizione del dio, ma la coppia decide ugualmente di rubarla. Avvenuto ciò, la coppia si divide perché Allan ne approfitta per abbandonare Sitama in una trappola per tigri. Arrivato a Calcutta, dove avrebbe dovuto vendere la pietra, ritrova il fachiro che, con una squadra di ladroni e finti mendicanti, incomincia a dargli la caccia per le vie della città. Aiutato da una ballerina, Allan riesce a sfuggire più volte ma alla fine cade preda del complotto: in realtà Sitama è al servizio del rajah che aveva organizzato tutto pur di avere quella pietra. Convinto dalla ballerina, in punto di morte, a riconsegnare la pietra in caso fossero scampati alla sorte, Allan è costretto a mantenere la promessa perché questa gli salva la vita. In realtà, non è l’originale che egli deposita nella fronte del Buddah, ma la popolazione non se ne accorge ed egli potrà vendere la pietra preziosa ad un mercante amico della regina d’Inghilterra.

Fiacca partecipazione del bravo regista italiano al genere avventuroso. Ispirato dall’omonimo romanzo del grande scrittore Emilio Salgari, questo lavoro si contrae e non respira per effetto di costanti, brutti e bruschi passaggi scenografici e narrativi (deserto, giungla e città affrontati a tempo di un passo). Indisponente la recitazione di Richard Harrison, rinforzata da un superficiale tema delle diversità culturali, che spesso scadono in offese che non apportano sorrisi. Interessante il finale, comunque scontato, e nel quale il protagonista si rivolge al pubblico e collega la fantasia della storia alla realtà della corona d’Inghilterra. Tutto il resto lascia, purtroppo, indifferenti. Gli esterni sono stati girati in Malesia.

 

 

Bucci Mario

        [email protected]