Il
trucido e lo sbirro. Umberto Lenzi. 1976. ITALIA.
Attori: Tomas Milian, Claudio
Cassinelli, Nicoletta Machiavelli, Henry Silva, Robert Hundar, Biagio Pelligra
Durata: 95’
L’anonima sequestri ha in
ostaggio una bambina malata. La sua famiglia è disposta a pagare il riscatto
pur di riaverla in tempo per farle una dialisi. Si mette sulle tracce della
banda di sequestratori il commissario Sarti e per svolgere più velocemente le
indagini, il commissario si fa aiutare dal delinquente Monnezza, e da un gruppo
di rapinatori interessati come la coppia a raggiungere il presunto colpevole,
un certo Brescianelli. Il capo dell’organizzazione però, si è fatto fare una
plastica facciale in Svizzera per non essere riconosciuto, quindi per
rintracciarlo il gruppo di semidelinquenti è costretto a risalire a lui
attraverso spacciatori, donne criminali e infami della malavita romana. In una
sparatoria finale, il commissario Sarti riuscirà a salvare la bambina ed il
Monnezza a scappare dal controllo del commissario (che per farsi aiutare lo
aveva fatto evadere dal carcere).
Primo episodio con protagonista
il personaggio del Monnezza interpretato da Tomas Milian. Un caposaldo del
genere poliziesco, con scivolate nel comico romanesco (romanaccio). Un western
metropolitano (il film inizia con le immagini di un gruppo di cowboy a cavallo
e finisce con una sparatoria in un deserto casolare della campagna; nel mezzo
una rapina ad un treno che porta valori) dai forti elementi particolari alla
cultura del crimine (sempre nei titoli d’apertura, si scopre che il film
western si sta vedendo nel carcere di Regina Coeli). Film dai forti dettagli
criminali a cominciare dai volti e dai soprannomi dei protagonisti (il Cinico,
il Calabrese, il Cravatta). Rapine, violenze (“Pensa se sparo? Ne faccio
fuori due con un colpo solo.” dice il Greve ad una donna incinta che ha
sottotiro), sequestri, omicidi politici e soprattutto la polizia che collabora
con la malavita (stessa violenza da parte di tutti i protagonisti,
collaborazione del commissario con i rapinatori, indagini finali con l’aiuto di
tutta la microcriminalità romana). D’indubbio valore la fantasia con la quale è
stato concepito un simile prodotto (sceneggiatura con molti buchi ma comunque
geniale di Dardano Sacchetti): un caposaldo dal quale tanto è stato ripreso
dalla moda pulp americana degli anni novanta.
Personaggi d’effetto sono il Calabrese, che ha una voce che è pura
tensione, ed il Cinico, la cui sola presenza è sufficiente a mettere paura.
Musiche pseudo-funk di Bruno Canfora e brani di Ornella Vanoni – Ma come hai
fatto? (prima di un sequestro di eroina) e Giorgio Cascio – La ballata
del trucido e del poliziotto sui titoli di coda. Geniale la vendetta di
Monnezza contro il tipo che ha cercato di far uccidere suo fratello, la sequenza
dei due bicchieri di latte è da antologia del genere.
La baracca in acqua dove i
rapinatori si rifugiano dopo il tentato colpo al treno è la stessa location
usata per il sequestro fatto da Tomas Milian in Milano Odia: la polizia non
può sparare (1974) sempre dello stesso regista.
Bucci Mario
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