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La compagnia dell'anello - Lord of the rings: The fellowship of the ring
Anno: 2002
Regista: Peter Jackson;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Nuova Zelanda;
Data inserimento nel database: 04-12-2003


La grande guerra

La compagnia dell’anello.  Peter Jackson. 2002. N.Z.

Attori: Elijah Wood, Ian McKellen, Liv Tyler, Viggo Mortensen, Sean Astin, Cate Blanchett, John Rhys-Davies, Billy Boyd, Christopher Lee, Dominic Monaghan, Ian Holm

Durata: 178'

Titolo originale: Lord of the rings: The fellowship of the ring

 

 

Pensato come ad un grosso, enorme progetto di cine-business (Star Wars Trilogy, per capirci), è apparso nelle sale con solo il primo episodio, anticipato dalla sua eco si è concluso con un non finale che obbligherebbe lo spettatore o a leggere per intero il romanzo di Tolkien o ad aspettare il secondo episodio. La trilogia, che dovrebbe concludersi nel 2003, andrebbe vista tutta assieme per poterne parlare più concretamente…

Si può (discutibili le interpretazioni) rimanere comunque vinti dalla storia: l’anello del potere è unico ed indivisibile, l’uomo comune non è in grado di usarlo in società ed il potere è quindi rimesso o al bene o al male assoluto. Questo male richiama se stesso, mentre il bene ha bisogno di uno sforzo maggiore, l’unione. Solidarietà non-umana (e fantastica) dunque (comunque sempre al limite del tradimento) perché a nessuno è dato per se stesso ed ognuno è con sé il destino degli altri. E’ questo il messaggio che dal primo episodio traspare. La storia è legata a quest’idea. Gli Hobbit, gli Elfi, i Nani, che vivono il fantastico e pacifico mondo della Terra di Mezzo, sono le creature pronte a difendere e distruggere l’Anello del Male; l’Anello del Bene è la loro stessa comunione. Nel mondo fantastico di Tolkien, può accadere anche che la storia s’interrompa di colpo, di netto, per lasciare che funzioni ancora di più quella capacità d’immaginare che è propria del lettore, quel fantasticare sul finale che arriverà solo dopo altre e tante visioni ….    

Il film si apre con la più classica tradizione delle pellicole epico-eroiche: voice-over e pre-storia del film attraverso scene di battaglia tra eserciti del Male e quelli delle Terre di Mezzo. Il mago Gandalf (Ian Mckellen) di passaggio nella Contea per festeggiare l’ultracentenne amico Bilbo Baggins, c’introdurre invece alla storia vera e propria: con il suo carretto zoppica sulla strada che attraversa il pacifico e ever(digital)green paesino degli Hobbit (le immagini dei fuochi d’artificio per la festa pre-vedono quali saranno le possibilità visionarie del film). Il mago Gandalf è anche l’uomo che segna il cammino verso la distruzione dell’Anello, consegnandolo a Frodo, il solista del film, il personaggio principale, un Hobbit perfettamente vestito da Elijah Wood, i cui occhi, ma soprattutto il cui collo che fa tutt’uno con la testa, servono a mettere in risalto la semi umanità di questa tribù pacifica. Il male incomincia a richiamare se stesso ed i nove Cavalieri neri (ex-re umani soggiogati al potere dell’Anello) si mettono alla ricerca del gruppo che custodisce l’anello. Gandalf intuisce che per essere distrutto va riportato dov’è stato forgiato, a Mordor, la terra dell’Oscuro Signore del Male. In quest’avventura i quattro piccoli Hobbit (subito se ne sono aggiunti tre) sono seguiti da un gruppo di rappresentanti di tutta Terra di Mezzo: la principessa degli elfi Arwen, Boromir, Aragon il Ramingo, Legolas l’Elfo, Gimli dei Nani e tanti altri fantastici mostri che sfideranno sul loro cammino. Tutti i personaggi sono legati alle armi nelle loro mani (…il mio arco è tuo, la mia ascia pure, la mia spada è tua… così, infatti, si forma la Compagnia dell’Anello), quindi l’arco è per il biondo e longilineo elfo, l’ascia è per il tozzo nano, la spada per l’agile Aragon…

Da quando si è inseriti nella quotidianità della Contea degli Hobbit, si presuppone che sarà la sequenza di meravigliosi paesaggi a salvare il ritmo alla storia (girato in Nuova Zelanda, come molti film precedenti del regista anche lui neozelandese, il film ha poche e leggere cadute): molte delle scenografie sono state ricostruite dal vivo, le immagini panoramiche riprese dal vero, ma per entrambe c’è voluto un grosso lavoro di laboratorio e post-produzione che ha ritoccato per quasi il 90 % del film con il computer (si spiega allora perché è un progetto datato ‘97). In un’intervista Ian McKellen ricorda che quelle girate con la neve sono immagini autentiche (tranne la valanga è ovvio) e se si pensa allora che queste coprono una parte risibile in tutto il primo episodio, non si può fare a meno di dire che è un ottimo e in parte solido prodotto di un laboratorio computerizzato. Non so dire più se si chiama fotografia o tecnica del computer, certo è che in quanto a descrizioni paesaggistiche il film è molto suggestivo. Più che un prodotto pensato apposta per il cinema però, si mostra da subito come un ottimo lavoro per il mercato del DVD alla quale versione, infatti, sono aggiunti 40 minuti oltre i 170 del film passato al cinema (anche perché il regista ha mantenuto i diritti sulla pellicola lasciando invece alla casa di produzione quelli sui gadgets).

In un film così lungo, deludono le scene di lotta corpo a corpo perché la cinepresa, troppo vicina o troppo lontana dagli scontri, sembra non troppo interessato ai colpi che i personaggi s’infliggono (a parte le scoccate di frecce che la fisica e la natura del cinema vuole inquadrate da una certa distanza). Il cast di attori può riservare opinioni differenti: il Signore degli Elfi è interpretato dal normaloide uomo sociale di Matrix, Hugo Weaving; Liv Tyler è la bella Arwen, principessa degli Elfi, ed è quando lei entra di scena che a mio avviso si vede la sequenza più bella: la corsa con il cavallo bianco, per salvare Frodo dai nove Cavalieri Neri è spettacolare, veloce, ben girata e soprattutto rende omaggio ad un animale, il cavallo, sempre protagonista nei film epico-eroici, qui ripreso in tutto il suo sforzo. Aragon, ha il viso ed il corpo troppo impettito di Viggo Mortensen, mentre Christopher Lee, perfettamente truccato, incarna il bene che volge al male, il Capo del Consiglio dei Bianchi piegato alla volontà di Mordor. Come per lui, è azzeccata anche il cast scelto per gli altri tre Hobbit che seguono Frodo in quest’avventura, gli attori Sean Astin, Billy Boyd e Dominic Monaghan. Un po’ presuntuosa proprio l’interpretazione del mago Ian McKellen, a cui tocca, credo, una grossa pecca di sceneggiatura: quando per capire che anello è quello che il suo amico Bilbo ha ri-trovato, la sequenza rimanda troppo nel montaggio agli american law films sulla ricerca della verità storica o giudiziaria: scartocciando gli annali Gandolf ri-trova la storia dell’anello e strabuzza gli occhi mentre sorseggia ad un coppa (caffè?), la stessa sequenza si ripete in qualsiasi film che abbia una biblioteca nella sua sceneggiatura. Le sequenze di battaglia con cui si apre il film sono interessanti e ben rappresentate e farebbero la loro bella figura accanto alle più simili e recenti de Il Gladiatore (2000) di R. Scott. Il surround è ben sfruttato solo per il lacerante lamento dei Cavalieri Neri.

Il regista Peter Jackson insomma è quello di due splatter-movie non-sense Fuori di testa (1987) e Splatter (1992), il cammino che sta facendo adesso è in direzione di un cinema godibile, ma su DVD e con un venticinque pollici minimo.

 

Mario Bucci

[email protected]