Lavoratori, prrrrr

AlbertoSordi 

   

Gli ultimi tre giorni di Alberto Sordi

... ovvero della contiguità tra il guitto e i suoi modelli

Un unico precetto ha insegnato Sordi: a essere adiacenti al potere: di qualunque tipo e livello di autorità egli ha indicato come sottrarsi alle conseguenze... diventando sempre servi e lacchè di qualsiasi divisa, di qualunque mafia... di qualsivoglia prepotente farsi collaterali è l'unica via per salvarsi ottenendo privilegi.
Potremmo dire banalità, ricordando il qualunquismo di chi si "meritava Alberto Sordi"; potremmo confrontare l'impatto mediatico dei tre funerali di massa che hanno attraversato le nostre città ultimamente; si potrebbe persino dire che Sordi, con il suo proporre l'impunità o un ribellismo reazionario, privo di analisi approfondite per abbracciare le formule più retrive di denuncia del malcostume, abbia contribuito a fornire alibi e modelli a chi non avrebbe avuto il coraggio di rivendicare la propria pochezza e che invece riconoscendosi negli stereotipi, trovava legittimità anche dalla stigmatizzazione: mettere in scena l'italietta di quelli che riconoscevano il "capo", di quelli che vilmente si sottraevano ai doveri, dei "furbi", lungi dal bandire le peggiori sudditanze e ben distante dall'istruire al diritto di cittadinanza. Anzi, rinfocolandole con la bonomia ammantata di ferocia. Umanizzare in questo caso ha significato dare un esempio per sfangarla, non uno strumento per rimeditare sulla viltà individualistica dell'atteggiamento egoista e prevaricatore di chi è prepotente con i deboli e servile coi potenti.

Anche qui, come nel caso di Agnelli, il popolino è andato a rendere omaggio al sovrano, dimostrando il perverso legame tra modello e epigoni - quanto gli uni fossero contigui all'altro - e rilanciando luoghi comuni spazzati via nei tardi anni Sessanta, e riproposti dai suoi molti eteronimi che in realtà erano sempre lo stesso tipaz; quello che traspare da tutti i personaggi di Sordi è la collusione con il potere, nel senso che quegli omuncoli nel loro piccolo ricalcano gli stessi meccanismi, le stesse magagne, le stesse colpe e i medesimi modi di pensare del potere con cui vengono a contatto e che con l'adesione al modello lo perpetuano concedendogli una base inattaccabile, e dunque, come noi ci meritiamo "Alberto Sordi" e i suoi alias, si va dimostrando così quanto i suoi personaggi si meritino quei politici corrotti, quei capi infami e feroci: il suo credo è inverso e disperato, si può essere corrotti, perché non c'è alternativa e dunque tutti sono assolti... ovviamente nulla può cambiare e quindi è inutile indignarsi, piuttosto cerchiamo di essere complici.

Ora il moralismo, proprio quel moralismo un po' peloso, ha riportato al controllo di ogni espressione, al regime sordi(do): infatti Sordi è collaterale a questo potere, che ha contribuito a sostenere. Non è vero che lui leggeva la società e la interpretava, ma viceversa: di fronte a quelle che sono sempre state considerate macchiette, la società sapeva in che direzione orientarsi in base a quale tipo di italiota veniva volta per volta salvato dal fatto di essere interpretato da Sordi: dallo sbandato dell'8 settembre incapace di fare scelte di lotta finché non vi era costretto dal doversi schierare con il vincitore ancora una volta, al borghese piccolo piccolo, dal venditore di bambini al borghese in vacanza con la moglie che non capisce i giovani dei primi anni Settanta, dal presidente di una societ? calcistica all'innocente sbattuto in carcere che ? comunque colpevole per il suo atteggiamento, dal rotocalco di sceicchi in bianco alla vacuit? del vitellone, che schernisce i "lavoratori" (di tutte le sue professionalit? - tassinaro, vigile - non ha mai trovato spazio il lavoro di fabbrica, il contadino... quei lavoratori erano fuori dal suo universo e quindi si potevano dileggiare), fino al mostro con i dentoni in tv e il mostro nell'ambulatorio da medico della mutua.

Pessoa è stato visitato dai suoi infiniti alias nei suoi ultimi tre giorni: Tabucchi racconta che gli eteronimi e i personaggi che si era cucito addosso, rinchiudendoli in una gabbia di ferro, lo hanno visitato alla fine della sua vita. Ci piace pensare che anche Sordi sia stato accudito da quelli a cui aveva dato vita, chiedendogli conto del fatto che aveva sdoganato le peggiori pulsioni italiche, facendole incarnare a loro: a partire dallo scippo della resistenza a favore di quel cancro che fu il potere clientelare esteso dalla Dc in ogni aspetto della cultura italiana (che lui votava e sosteneva), quella che applaude le bare in una prassi macabra, un po' in sintonia con una tradizione controriformista che percorre carsicamente la storia italica.
Senza i suoi tanti cloni probabilmente molti si sarebbero vergognati di fare gli italiani e ora - forse - noi non dovremmo vergognarci di esserlo, come dice nel suo testamento canoro un altro illustre estinto di questo funebre periodo di finis Europae: "Io non mi sento italiano".