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Gli ultimi tre giorni di Alberto Sordi.

liberamente tratto da
Gli ultimi tre giorni di Fernando Pessoa
di Antonio Tabucchi

                                                                                              23 febbraio 2003

 

1.. - Prima devo radermi, disse lui, non voglio andare all'ospedale con la barba lunga, la prego, vada a chiamare il barbiere, abita all'angolo, è il signor Oreste Iacovacci.
Ma non c'è tempo, signor Sordi, replicò la portiera, il taxi è già alla porta, i suoi amici sono già arrivati e l'aspettano all'ingresso.
Non importa, rispose lui, c'è sempre tempo.
Si sistemò sulla poltroncina dove il signor Iacovacci solitamente gli faceva la barba e si mise a leggere le poesie di Trilussa.

Il signor Iacovacci entrò e augurò la buona sera. Signor Sordi, disse, mi hanno detto che non si sente bene, spero non si tratti di niente di grave.
Gli avvolse un asciugamano intorno al collo e cominciò a insaponarlo.
Mi racconti qualcosa, disse Sordi, lei, signor Iacovacci, conosce tante storielle interessanti e vede tanta gente nella sua bottega, mi racconti qualcosa.

Barbiere Iacovacci "Cercavo di essere riformato e invece sono stato spedito al fronte, mi ero salvato e avete voluto farmi fucilare per non aver voluto spacciare i miei commilitoni. Ma che si usa una persona così per mitizzare una guerra non mia a partire dallo stato di imboscato per arrivare a proporre un modello di eroismo patriottico che non ha alcun significato? A cosa le serviva signor Sordi fomentare il nazionalismo?"

 

Sordi indossò un abito scuro che si era fatto tagliare recentemente, si annodò il noeud-papillon, mise gli occhiali. Non faceva freddo, ma fuori pioveva. Perciò indossò la sua gabardine gialla, prese una penna e un bloc-notes e cominciò a scendere la scala.
Sordi entrò accanto al tassista. Il taxi passò davanti al Parlamento. Da quelle parti aveva abitato una volta, tanti anni prima, in una stanza d'affitto. La proprietaria, se ne ricordava benissimo, era una signora di sessant'anni dal petto abbondante e i capelli tinti di giallo che la sera lo invitava a bere il suo liquore di ciliegie e a partecipare alle sue sedute spiritiche. Si metteva in contatto col suo defunto marito, il capitano Blasi, intratteneva lunghe conversazioni con lui sulle guerre d'Africa e sul prezzo dei peperoni

Blasi: "Già c'era l'iprite di cui vergognarci, dovevamo anche sembrare dei gentiluomini quando massacravamo, stupravamo..."
Zara 87: "Anche da tassinaro dovevo avere un modello britannico come lei capitano Blasi, che aveva David Niven come nemico esemplare? Possibile che i paradigmi siano sempre nel conservatorismo anglosassone o nel peggio del vuoto culturale americano"

Quando arrivarono a Porta Romana furono fermati da un poliziotto. Non si può passare, disse il poliziotto, la strada è occupata da una manifestazione nazionalista, c'è la banda e tutto il resto, oggi la città è in festa. Il commendatore Tullio Conforti si sporse dal finestrino. Sono il commendator Tullio Conforti, disse con autorità, dobbiamo raggiungere il policlinico Gemelli, abbiamo a bordo un malato.
Il poliziotto si tolse il berretto e si grattò la testa, Senta signore, disse, le faccio fare una piccola deviazione, è un senso vietato, ma per l'occasione potete passare ugualmente, giri qui a destra, poi prenda a sinistra. Sordi sorrise perché lo aveva riconosciuto. Era Otello Celletti. Sordi alzò la mano e gli fece un cenno esoterico. Anche Otello Celletti gli fece un segno esoterico, e il taxi prese la prima via a destra.

Conforti: "Anche Berlusconi è divorziato, Craxi trombava come il Duce, loro modello. E io mi sono trovato a fare da emblema di quel 'predicare bene e razzolare male', che nasconde sempre un'indulgenza nei confronti dei simboli del potere".
Celletti: "E riconoscere quel potere sottomettendovisi è prova di saggezza, mai mettersi contro il potere, meglio abbozzare, pietire petulanti richieste, pur di conseguire una parte di potere e abbozzare per mantenere la divisa, simbolo di supremazia sui compagnucci della taverna".

 

Alla reception dell'ospedale c'era un'infermiera che sonnecchiava. Il commendator Conforti le parlò, chiese del medico di turno, disse che c'era un caso urgente.
Sordi si sedette su una poltrona e cominciò a sognare. Venga con me disse il medico, e lo prese per un braccio sorreggendolo. Lo condusse in un gabinetto dove c'era un lettino e un forte odore di disinfettante. Si spogli, ordinò il medico. Sordi si sdraiò. Il medico cominciò a visitarlo, palpando il suo corpo.
Il medico chiamò l'infermiera e le disse di sistemare il paziente nella camera numero quattro. Poi prese il registro e scrisse sulla cartella clinica.
La camera era una stanzetta modesta, con un letto di ferro, un armadio bianco e un piccolo tavolo. Sordi entrò nel letto, accese la luce sul tavolino da notte, adagiò la testa sul cuscino e si passò una mano sul fianco destro, l'infermiera gli portò un bicchiere d'acqua e una compressa, poi disse: mi scusi, ma devo farle un'iniezione, l'ha ordinata il medico.
Sordi chiese una pozione di laudano, che era un sonnifero che era abituato a prendere quando, in quanto Alberto Menichetti non riusciva a prender sonno.

Guido Tersilli: "Sarei riuscito a legittimare persino Odasso, addirittura le valvole mitraliche di Di Summa e Poletti. In fondo è una grande catena, un ciclo" Alberto Menichetti: "Impiegato, contabile: lo stesso modo di comportarsi corrotto dentro tra contabili e chirurgi. Fare un eroe dei nostri tempi per poi trasformarmi in un miserabile impiegato corrotto piccolo piccolo: c'era già tutto in quel diffidente, schivo, vigliacco e conformista che sbotta volendo sfasciare tutto senza nemmeno un moto di reale ribellione. Ovvio che poi avevo bisogno del laudano".