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Lamerica e lostereotipo

Lamerica
Regia. Gianni Amelio
Soggetto: Gianni Amelio
Interpreti: Enrico Lo Verso, Carmelo Di Mazzarelli, Michele Placido
Produzione: Mario e Vittorio Cecchi Gori per Cecchi Gori Group Tiger
Coproduzione: Arena Films, Vega Film e Rai Rete Uno
Italia/Francia 1994, 114 min
Premi: Osella d'Oro 1994, Premio Felix 1994 per miglior film europeo, Nastro d'Argento 1995 per miglior film e miglior fotografia, Ciak d'oro per miglio regia, Premio Goya per miglior film straneiro

Alcuni registi italiani sono sopravvalutati, fanno cose indecenti che poi qualche critico promuove come artistiche conferendogli un senso ma un brutto film rimane un brutto film.

Quando i Cecchi Gori a Gianni Amelio offrono di fare il film che vuole il regista risponde: "Il panico della pagina bianca, io amo molto un produttore che mi dice: 'facciamo questo film', e mi dà addirittura un copione. Poi so io come articolare il lavoro e se è possibile renderlo veramente mio; la libertà mi spaventa. L'idea di poter 'pensare' liberamente a qualsiasi cosa, alla fine, mi rende meno libero. L'idea iniziale, molto lontana, era quella di fare un film sull'emigrazione. Un film su mio padre, un film sulla storia della mia famiglia. Dopo due o tre tentativi compiuti con i giovani sceneggiatori Andrea Porporati e Alessandro Sermoneta, ho dovuto rinunciarci...1. Come a dire: non sapevo bene cosa fare ma lo dovevo fare perchè avevo tanti soldi per farlo, perche' ad Amelio ultimamente non mancano i soldi mancano i soggetti. Come dice il detto: chi ha il pane non ha i denti! Ma poi immaginiamo che si sia fatta chiarezza sul soggetto da trattare.

E infatti mancando in un primo momento le idee si è pensato di accendere la televisione e fare zapping furibondo alla ricerca che so di un'ispirazione - perché é noto quanto la televisione stimoli la fantasia, offra l'ispirazione (le maestre lo dicono sempre: "E' senza idee, i suoi temi sono sciocchi, non ha fantasia. Lo lasci guardare tre ore di televisione al giorno e vedrà di che bei temi sarà capace suo figlio, me lo abbandoni di fronte allo schermo e i suoi voti saliranno signora, saliranno!".

A quel tempo (siamo nel 1991) i telegiornali mostravano i profughi albanesi, migliaia di giacche a vento stipate sotto le facce un po' anche esotiche, ammassate sulle navi fatiscenti addossate sul molo al porto di Brindisi. Ma a questo punto riecco la confusione rispetto al soggetto: il regista dichiarerebbe: "quando gli albanesi sono arrivati a Bari e la televisione ha mostrato la loro nave, ho avuto l'impressione di vedere di nuovo mio padre, mio zio, tutti i miei parenti che stavano ritornando"2 peccato che si riferisse ad un ritorno diverso, era il ritorno in patria di emigrati in America e quella è tutta un'altra storia. Ma la dichiarazione continua "E a questo punto, dopo aver a lungo accarezzata l'idea di fare un film su mio padre, ho subito cercato di capire il motivo per cui questi vicini erano venuti qua"3.

Italia-America-Albania sembra che non ci siano differenze - partenze ritorni - insomma tutto rimanda a tutto e perche' non alla nonna che torna da Pinarella di Cervia con l'ombrellone sul portabagagli?


I viaggi della troupe in Albania sono iniziati, mentre i dubbi sul soggetto continuano e mentre in un primo momento si propone di fare un film su un militare di leva italiano che assomigliasse a Antonio de Il ladro di bambini poi i militari diventano due e sono sequestrati da una famiglia albanese e infine "All'hotel Adriatik" scatta la scintilla e nasce sulla base di un improbabile incontro con un faccendiere italiano originario di Asti e momentaneamente a Durazzo, l'idea di un nuovo soggetto: " -due faccendieri italiani che cercano affari in un Paese affamato"4.

E menomale - abbiamo partorito il soggetto! Abbiamo anche metri di girato ma qualche cosa se ne farà -

Una volta giunto in sala tuttavia il soggetto non è più nemmeno quello: i due faccendieri si intravedono appena, la storia è piuttosto incentrata sul personaggio di Spiro Tozaj alias Michele Talarico, (chissà questa idea com'è nata? Forse mentre giravano la storia dei militari si sono inciampati in un povero tapino ed è riscattata la molla -) un mattucchiello italiano vissuto per la maggior parte dei suoi giorni in un ex carcere del regime.

Talarico è fuori dal mondo, non ha il senso del tempo né dello spazio, ha dimenticato tutto, è analfabeta, parla il dialetto e riconosce alcune canzoni popolari, potrebbe vivere ovunque e in qualunque epoca storica. E' di per sé un bel personaggio, un po' poetico un po' malinconico - quasi fiabesco. Certo non occorreva girare il film su di lui a Durazzo né a Tirana. Fregene sarebbe andata benissimo. Sarebbe costato tra l'altro molto meno -

E infatti di Durazzo e di Tirana il film non dice niente, niente dell'Albània niente degli albanesi niente del dolore della loro guerra, nessun accenno alla storia dei balcani in generale, niente della fatica di quei giovani di immaginarsi un futuro, niente dello sforzo che occorre fare nel difendere la dignità. Non dice come a non voler dire - ed è imbarazzante che non dica perché da dire ce ne sarebbe davvero -

Il popolo non è descritto come popolo, piuttosto come una massa rumorosa, dannata ad un esodo insensato verso un dove inspiegato, priva di identità. La gente in Lamerica ricorda il gregge, che va in transumanza e infatti l'umanità qui è imbruttita quasi ridotta all'aspetto animale, anche nelle accezioni migliori: persino i bambini nel film sono branco, rubano le scarpe al vecchio con la leggerezza con cui i teppisti uccidono allo stadio i poliziotti, e così i vecchi dell'ex carcere che attaccano Gino e Fiore come fanno i lupi affamati con la preda.

Anche i gruppi di persone che nei pochi spogli locali stanno di fronte alla televisione sono branco, senza pensieri e senza ideali, anzi ancora peggio senza parole. Silenti come statue non rispondono agli insulti di Fiore che si scatena in maniera liberatoria contro l'intera popolazione per via delle ruote rubate della sua auto (è il solo ad averne una propria, tutti gli altri viaggiano scomodamente sul pullman). Laddove è possibile riconoscere un cenno di dialogo tra pari è sempre sbilanciato verso argomentazioni insensate. Su un autobus Gino incontra dei giovani albanesi pronti a scappare in Italia e sono dei ragazzini incoscienti farneticano di voler fare il calciatore - ma davvero c'è ancora chi ha la presunzione di pensare che il mondo intorno sia così stupido e vuoto? Quei ragazzi che il film non sa descrivere nella realtà hanno appena rischiato di esplodere sopra una mina e in Lamerica vengono qua con il sogno di fare la ballerina (è esilarante la sequenza della ballerina Lolita albanese) o il calciatore. Cantano addirittura, tutti in coro e allegramente, su un camion che trasporta tra gli altri un morto "L'Italiano vero" di Toto Cotugno, modello gita scolastica...

Il cinema, io credo, dovrebbe contemplare e rispettare il valore umano specie quando si vanta di essere sociale e non offenderne la dignità. Ma soprattutto non dovrebbe servirsi di luoghi comuni sciocchi con quello che costa, lo ripetiamo, fare un film!


Sonia Del Secco

1 Gianni Volpi, Gianni Amelio, p. 148

2 Jean A. Gili, Entretien avec Gianni Amelio, "Positif" n. 406, dicembre 1994, p. 25

3 ibidem

4 Piera Detassis, Lamerica, Torino, Einaudi 1994, p.20