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Diario 31 agosto - 1 - 2 settembre

Non c’era quasi nessuno martedì pomeriggio 31 agosto, giorno d’inizio del festival (ma solo per la stampa), ma proprio nessuno, neanche l’ufficio accrediti era aperto, ha chiuso alle 18,00 lasciando senza il famigerato badge decine di accreditati, ai quali per fortuna è stato concesso ugualmente l’ingresso dalle solite maschere - guardie del corpo, della sicurezza etc. umorose e guardinghe. La novità è che siamo tutti schedati: ogni accesso in sala è registrato attraverso la lettura del codice a barre stampato sul badge. Questo significa che qualcuno potrebbe analizzare i vostri gusti, o spiare totalmente i vostri movimenti o semplicemente interroggarvi se in sala hanno rubato qualcosa, tanto già siete tra i presunti colpevoli, non parliamo di altre cose più spiacevoli come bombe, saltate fuori soltanto nelle acque prospicienti l’Hotel Excelsior.

Denzel Washington

Andiamo all’organizzazione di quest’anno. C’è chi giura di essersi documentato con le tesi di Alan Turing per decriptare il programma delle proiezioni. Il calendario sembra esser progettato per infliggere i tempi più estremi ai poveri spettatori. Un esempio? Man on Fire di Tony Scott programmato solo due volte lo stesso giorno alle 8,30 e alle 24,00. Non si usano, come si vede, mezze misure. ma non è tutto. Ieri sera la succitata proiezione delle 24,00 è incominciata alle 01,15 (di notte of course) e, sapete perché? Per aspettare l’arrivo del grande divo Denzel Washington il quale ha fatto un inchino appena in sala, poi naturalmente se l’è filata, mentre chi scrive insieme a tutti gli altri poveracci in sala è uscito in piena notte, quasi alle 4,00 del mattino; qualcuno pensava di non dormire più e approfittare dell’odierna proiezione delle 8,30 Rois et Reine, di Arnaud Desplechin, manco a farlo apposta, altro film colpito dall’ottusità della programmazione (vi sapremo dire della pericolosa proiezione delle 16,45 alla quale andranno proprio tutti).
Non ne volevo parlare, perché quello dei servizi a Venezia è un argomento vecchio quanto il cucco. Ma quest’anno i nostri cari organizzatori si sono superati. In pochissime parole: niente bagni, cancellato quello al piano terra del casinò, mentre l’orinatoio all’ultimo piano fa proprio tristezza, nessuno osa avvicinarsi per la proliferazione di muffe ed affini. Le donne costituiscono una fila perpetua di fronte a questi locali benedetti per le esigenze fisiologiche che forse qualcuno vorrebbe definitivamente eliminare. Siamo ancora di carne ed ossa...
Sul cibo sarebbe meglio tacere, l’anno scorso c’era un piccolo villaggio gastronomico veloce ed economico (per Venezia, s’intende). Quest’anno pizze di plastica, panini con farciture a rischio, prove fisiche da olimpiadi per conquistarsi una bottiglietta d’acqua, pensare di mangiare qualcos’altro in poco tempo è un’utopia degna di Tommaso Moro.
Dopo queste dolenti note passiamo ai film visti. In effetti qui parlerò dei film più brutti, per quelli più interessanti rimando alle recensioni.

Il primo film in concorso, il greco Delivery di Nios Panayotopoulos (sezione Concorso), descrive abbastanza bene nel primo quarto d’ora il degrado di una grande città, Atene, equiparando il disagio da immensa discarica di immondizzia alla sofferenza perpetua di personaggi totalmente allo sbando o senza una possibilità di evoluzione positiva. Non si capisce se tale descrizione inerisce alla condizione economica disastrosa, l’euro è un’icona abbastanza ambigua, o ad un pessimismo che tende sempre più verso il cosmico, vale a dire ad affermarsi come condizione ineliminabile della Natura Umana. Purtroppo il film si perde nella stessa afonia del protagonista, un giovane fin troppo passivo per avere la flagranza di un personaggio reale.

Eugenio Cappuccio

Interessante il discorso sul lavoro dell’italiano Eugenio Cappuccio in Volevo solo dormirle addosso (sezione Mezzanotte). Eccezionale la capacità di descrivere le tipologie impiegatizie e le logiche crudeli delle grandi aziende basate esclusivamente sui numeri. Gli impiegati da "segare" sono 25 e il countdown compare continuamente sullo schermo del pc. Abbastanza piatta e anemica le regia che sembra nutrirsi dei luoghi di Avati in Impiegati, ma senza approfondire drammaturgicamente i personaggi.

Tom Hanks - Steven Spielberg

Sicuramente avrete già visto The Terminal di Steven Spielberg. Anche questo film mi ha deluso dopo una ventina di minuti. Certo il soggetto (un uomo bloccato in un terminal aeroportuale) è abbastanza difficile e la riprova è che la serie di gag non fa "decollare" mai il film, anche se Spielberg vorrebbe riproporci l’ennesima parabola del diverso, spettacolarizzando i movimenti dei vari personaggi, tutti appartenenti, manco a dirlo ad una razza, una nazione diversa. Banale, no?

Scarlett Johansson

Finisce nel calderone delle opere meno significative anche A love song for Bobby Long di Shainee Gabel (sezione Orizzonti) interpretato da John Travolta e Scarlett Johansson. Buona l’ambientazione in Louisiana a New Orleans, ma infine il clima di malinconia si trasforma in racconto didascalico, tutti i personaggi da negativi tirano fuori la loro parte buona. Certo non bastano tali stereotipi di gran parte della cinematografia statunitense per commuoverci.

Al contrario il film russo Udalionnyj dostup di Svetlana Proskurina (sezione Concorso), da un piccolo spunto, l’Accesso remoto (traduzione del titolo), descrive la paralisi emotiva di una giovane donna. Mancano purtroppo le visioni necessarie per rilanciare un racconto che col passare dei minuti diventa sempre più esangue e si chiude con un finale telefonatissimo.

Andrea Caramanna