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Festival del cinema africano - Milano, 2003

Un'ora in più per parlare dell'America

Il primo film bianco di Spike Lee

Anteprima nazionale di 25h hour, ultima pellicola di Spike Lee, osannata a Berlino e, quindi, proposta in apertura della 13° edizione del Festival del Cinema Africano ieri sera (lunedì 24 marzo).

Il primo film bianco. Perché i protagonisti hanno la pelle chiara e sono Americani, D.O.C., magari di origini contaminate, ma made in USA. Quegli sporchi bianchi che Lee ha sempre tacciato nei suoi 14 film, rappresentati egregiamente da He got Game. In 25h hour, sono i neri quelli sporchi, di cui diffidare, a cui non affidarsi. E non c'è violenza in questo nuovo Lee. Molta retorica, però. Che giunge a difendere l'essere americano contro un mondo sporco e sporcato da terroristi (riferimenti molteplici al wanted Bin Laden!), messicani, cinesi... e tutte quelle razze che hanno fatto l'America, ma per gli USA sono i grandi problemi: microcriminalità, spaccio, prostituzione, mercati neri...

Tutti i neri che porgono la battuta all'infallibile protagonista Ed Norton, sono cattivi, sporchi, meschini, opportunisti, anche la portoricana fidanzata Naturelle. Tranne i suoi amici d'infanzia. Tranne il padre alcolista. Tranne il cane bianco e nero!

Spike Lee ha voluto regalare un'ora in più, per riflettere sulla condizione carceraria, senza parlarne, senza mostrarla. Per esplodere ancora una volta quella repressione che porta alla fuga. Ma che un buon Americano deve rispettare. Lanciandosi in un'ultima notte goliardica, riabilitante, chiarificatrice, quasi catartica.

Per dare alla bandiera quella funzione di guida, che porta ognuno di noi a rincorrere lo sguardo di un auto d'altri tempi.

Tempi meno distruttivi. Tempi in cui Spike Lee, magari mostrava imperfezioni tecniche, ma parlava direttamente dalle sue viscere.

Se, infatti, 25h hour, ha delle note cinematografiche di perfezione che vanno dal virato nelle scene di estrema verità, allo sgranato che racconta la sofferenza ed il pentimento, alle panoramiche dall'alto per coronare il raggiungimento di una meta morale, benché, appunto, tecnicamente Spike Lee ha messo a punto un'opera meritevole, per la prima volta, ha perso il suo spirito puro. Quello che dissacrava il sistema per urlare il disagio e lo scontento. I mali dell'umanità razzista.

25h hour, risulta essere, infatti, un'ottima pellicola di sistema, che punta il dito contro l'Americano, esaltandone le scelte e le reazioni al terrorismo. Insomma, Il nero che ha portato lo sguardo afro-americano sul grande schermo dal 1983 ad oggi, pare divenuto la Fallaci del cinema.

Ammirevole nella forma comunicativa, deplorevole per la retorica di sistema.


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