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Il primo esempio di cinema a basso impatto

Questa civiltà superiore , a cui, purtroppo, mi vergogno di appartenere (soprattutto, oggi), dopo aver esaurito creatività ed idee, si è gettata a capofitto sulle ultime fonti sfruttabili. Creativamente, ovviamente, perché ormai il terzo mondo è stato depauperatoo di risorse umane e naturali. Ma resiste, con una dignità che noi occidentali non conosciamo neppure.

E forse frutto di tale dignità, spirito di corpo e sopravvivenza, che, ripeto, noi comodi ed omologati occidentali non conosciamo, è anche questa innovativa forma di cinematografia animata che il regista Roger Hawkins insieme ad un team di giovanissimi animatori ha messo in scena in The Legend of Sky Kindgdom (La leggenda del Regno del Cielo) per la Sunrise Production.

Dovevano arrivare dall'Africa, ed in specifico dallo Zimbabwe, i grandi esempi di arte del riuso. Non del riciclo, quello che da noi ha generato una nuova economia agli inizi degli anni novanta sotto la bandiera di venti ambientalisti.

In Africa, da sempre, non si butta mai nulla. Si riutilizza tutto: lattine vuote e pezzi di filo elettrico diventano lampade, pneumatici e tubi di plastica si trasformano in scarpe, fil di ferro, spago e scatole di cartone in automobili e biciclette in miniatura. In tutto il Continente bambini, artigiani, venditori ed ambulanti raccolgono cianfrusaglie di ogni genere e tipo e le trasformano in giocattoli ed oggetti utili.

Junk art, la chiamiamo, noi che necessitiamo di etichette per definire e riconoscere tutto, noi che non abbiamo alcuna identità, se non quella della proprietà.

E dalla junk art arriva il primo, vero ed unico esempio di lungometraggio di animazione africano. Dopo l'arte plastica che ha dominato il mondo del cartoon in questo continente dal '70 ad oggi, oggetto di una retrospettiva massiccia e puntuale presentata al Festival del Cinema Africano di Milano, gli artisti di strada tornano al servizio dell'industria cinematografica. Sì, perché benché parliamo di popolazioni del terzo mondo, pure, con uno sgruardo altro che noi non conosciamo, anche i registi africani si debbono assoggettare a questo dictat occidentale.

Il cinema deve produrre danaro. Ed il successo si decreta al botteghino.

"Per rimanere fedeli alla junk art, abbiamo deciso di attingere direttamente alla sua sorgente creativa, gli artisti di strada e i venditori ambulanti. Nel fare questo, abbiamo unito la nostra esperienza tecnica con il talento e la maestria di questi artisti originali e dotati. Questo approccio alla produzione non è mai stato tentato prima, in nessun posto al mondo e i risultati sono fondamentali " racconta il produttore Philip Cunningham, di evidenti origini non africane!

Coniugando la junk art con il metodo della stop-frame animation, Cunningham, Hawkins e l'equipe della Sunrise hanno elaborato uno stile estremamente originale, che potrebbe diventare un "modello" se non addirittura il marchio dell'animazione "made in Africa". Sempre in un'ottica di "etichette".

E dichiarano sul loro film "In The legend of the sky kindgom, le tazze da tè rotte diventano teste, i vecchi cucchiaini mani, i bottoni occhi, i fili elettrici diventano braccia e gambe, i mozziconi di candele e gli spazzolini per bottiglie fanno muovere i personaggi. I corpi delle iene sono stati realizzati con spazzolini, le ali degli avvoltoi con sacchi vuoti, i becchi degli uccelli con delle cesoie, i pipistrelli con pettini, la bocca di Squidge con uno yo-yo, la pancia di Badza un cestino per il pranzo..."

Junkanimation non solo per creare i personaggi: " Tutto in questo film, dalla prima all'ultima sequenza, è stato fatto con oggetti riciclati." Racconta Cunningham: "Ogni scenario è stato costruito solo con cianfrusaglie di scarto. E ognuno è un'opera unica dell'arte africana. Per la direttrice artistica Minali de Silva e il suo team di giovani artisti di strada - Aaron Masoka, Weston Muronzi e Edson Manjekeye (per fortuna qualche nome indigeno!)- si è trattato di una sfida unica... Il risultato è un mondo affascinante e caratteristico con cui non possono competere neanche gli avanzatissimi programmi di computer grafica."

E qui casca l'asino. Ritorniamo al concetto di competizione, prettamente ed esclusivamente proprio del mondo "sviluppato". Infatti, il junk film The Legend of the Sky Kingdom, la cui produzione è durata ben due anni (almeno si è fatto lavorare qualche indigeno per un po' di tempo!) è stato selezionato dal Festival Annecy (la principale manifestazione al mondo dedicata all'animazione, che si terrà dal 2 al 7 giugno 2003) ed invitato a Cannes per la sezione "Quinzaine de animation". I risultati delle ingerenze Canadesi e Inglesi si raccolgono proprio così nel mercato internazionale!

Ed anche la colonna sonora è una sorta di junk art: i musicisti Andrei Baird e Henry Ilona si sono ispirati in gran parte al patrimonio indigeno: "L'ingegnere del suono Rick Grebno ha utilizzato tutto ciò che di rotto, arrugginito, cigolante, sferragliante, gommoso... gli capitava a tiro, per rendere il suono del mondo infernale, pauroso, triste e freddo, quello del mondo esterno caldo, aperto e libero, quello della foresta inquietante, della giungla strisciante, della vita ricco della vita degli animali, quello della Valle della Morte freddo e mortale."

Speriamo, almeno, che noi occidentali, evoluti e superiori, riusciamo ad imparare, da questi popoli tanto puri e rispettosi dell'ambiente in cui vivono ed a cui sono dediti e riconoscenti, l'arte di un basso impatto... umano, prima di tutto.

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