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LA GUERRA ASIMMETRICA DI BUSHARON
(pag. 6)

Del massacro di Jenin, invece, il governo israeliano, pur essendo un maestro nella cosiddetta "propaganda nera" (20), non poteva certo incolpare qualche "non-ebreo". Così, per evitare l'"effetto Sabra e Chatila" (nel 1982 vi fu una forte reazione dell'opinione pubblica internazionale e israeliana, una pur blanda commissione d'inchiesta interna, Sharon dovette dimettersi da ministro della Difesa...), ha molto semplicemente sigillato l'area, cancellato prove e impedito qualunque inchiesta indipendente. Eppure lo stesso ministro degli Esteri, la "colomba" Shimon Peres, secondo il quotidiano Ha'aretz, era preoccupato delle "reazioni internazionali ostili, non appena saranno conosciute le dimensioni della battaglia nel campo profughi di Jenin, in cui sono stati uccisi oltre cento palestinesi. In conversazioni a porte chiuse, Peres ha definito l'operazione un Ômassacro'(21)". Anche Zeev Schiff, giornalista esperto in questioni militari, riferì che "alla fine dei combattimenti, durante gli scavi iniziali, sono stati trovati 80 cadaveri. Si stima che il numero delle vittime sia di circa 200 palestinesi, compresi i civili, una parte dei quali è rimasta sepolta sotto le macerie delle case crollate" (22) La stessa cifra fu in un primo momento confermata pure dal colonnello Ron Kitri, portavoce dell'esercito (23).
Poi tutti quanti furono richiamati all'ordine da un incazzatissimo Sharon (24).
Ma dalle agenzie di stampa internazionali rimbalzavano notizie raccapriccianti: civili usati dai soldati come "scudi umani", feriti lasciati ad agonizzare, esecuzioni sommarie, cadaveri fatti sparire e sepolti in gran segreto nel cosiddetto "cimitero dei terroristi", un'area sotto stretto controllo israeliano vicino al ponte Damiah, nella valle del Giordano... (25). Il direttore dell'UNRWA Peter Hansen dichiarò che "non è esagerato definire un massacro quello che è successo. Ho evitato di parlare di massacro fino a ora ma ormai ho visto con i miei occhi e non posso usare altro termine. Ho visto famiglie strappare i propri morti alle macerie, pezzo a pezzo (26)"

ÇCi hanno detto con chiarezza: ÔDistruggeteli!'. Da quel momento, gli abbiamo sparato addosso con tutte le armi che possiede l'esercito, tranne l'artiglieria. Abbiamo sparato decine di missili all'interno delle case, abbiamo fatto fuoco contro ogni finestra con le mitragliatrici pesanti. Abbiamo centrato perfino un cavallo che passava per strada. (...) Gli ultimi giorni, quelli che sono usciti dagli edifici erano soprattutto vecchi, donne e bambini che avevamo tenuto costantemente sotto tiro. Non abbiamo lasciato loro nessuna possibilità di uscire dal campo; era un gran numero di persone. Una notte, ho montato di guardia (in un appartamento in cui ci eravamo installati). Per tutta la notte ho sentito una bambina che piangeva. Laggiù, c'è stata una disumanizzazione. Certo, abbiamo subito sparatorie intense, ma in compenso abbiamo cancellato un'intera città (27)È

Kofi Annan per qualche tempo balbettò dell'imminente invio di una commissione investigativa la cui composizione fosse "gradita" ad Israele, poi il governo di Tel-Aviv cominciò a sbraitare che l'inchiesta non era che una trappola (28), alla fine l'ONU si dichiarò sconfitta e rinunciò alla missione. Human Rights Watch e Amnesty International hanno incontrato non poche difficoltà a redigere i loro rapporti (quello di AI è stato pubblicato addirittura cinque mesi dopo i fatti), hanno potuto conteggiare "solo" 54 morti fra i palestinesi ma, nel contempo entrambe le organizzazioni hanno espresso durissimi giudizi contro Israele per le atrocità commesse dall'esercito a Jenin (29). Il caso può comunque considerarsi archiviato, con buona pace di Sharon.

Ma se a Jenin "Arik il Sanguinario" intendeva coronare il sogno di una vita, quello di distruggere la nazione palestinese, in realtà è riuscito ad ottenere il risultato contrario. Come nota lucidamente Ury Avnery, storico esponente del gruppo pacifista israeliano Gush Shalom, "Alle prese con l'attacco furibondo della macchina militare più grande della regione, e delle armi più moderne del mondo, immersa in un mare di sofferenze, circondata da cadaveri, la nazione palestinese ha sollevato la testa come mai aveva fatto prima. A Jenin Sharon ha fondato lo Stato dei palestinesi (30)". E' quanto ci confermano i protagonisti del film di Bakri: "Noi resteremo qui fino al giorno del Giudizio", dice un medico di mezz'età; "Fino alla fine dei suoi giorni Sharon dovrà fare i conti con il campo di Jenin", dice una fierissima bambina seduta sulle macerie; "Qui da noi si può rimediare a tutto... ma loro come faranno a rimediare a tutto ciò che hanno fatto, affinchè si possa tornare al tempo in cui eravamo pronti a convivere? Come faranno a cancellare l'odio dai nostri cuori? Queste persone non sanno fare bene i loro conti.", dice un giovane sulla trentina; "Quando hai 72 anni significa che hai finito di vivere, ma grazie ai giovani che stanno crescendo e con l'aiuto di Dio ricostruiremo tutto, che lo vogliano o no", dice un vecchio che ha già vissuto le persecuzioni e l'esodo del 1948.

SPARARE PER PRIMI «Nel nuovo mondo di Bush le grandi potenze chiudono un occhio sulle malefatte dell'una e dell'altra, ogni minaccia è imminente, autodifesa significa azioni preventive all'estero, gli interessi sono camuffati da valori e cooperazione significa collaborare con gli USA»
William Saletan, "Sparare per primi", Slate USA, tradotto su Internazionale n.456, 27 settembre/3ottobre 2002.

Mentre l'esercito israeliano era impegnato a radere al suolo il centro del campo profughi di Jenin, a New York si teneva la cerimonia di nascita della Corte Penale Internazionale, istituita già nel 1998. "Busharon" alla sbarra? Finalmente dei colpevoli per crimini come quelli di Mazar-i-Sharif e Jenin? Niente affatto! Già la CPI è nata un po' zoppa di suo: non ha una "polizia internazionale", può giudicare solo per crimini commessi dopo il 1 luglio scorso, deve ottenere il permesso a procedere da parte degli Stati, i quali peraltro possono non avere sempre l'"interesse" a collaborare e che comunque, per tutti i prossimi sette anni, potranno chiamarsi fuori dalla giurisdizione della Corte sui crimini di guerra...
Ma chi è abituato a "sparare per primo" non ha mai il culo abbastanza protetto. Inutile dire che né Israele né gli Stati Uniti hanno ratificato il trattato.

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