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LA GUERRA ASIMMETRICA DI BUSHARON
(pag. 7)


Gli israeliani, come sempre, non si fanno molto problemi: i "Territori Occupati" sono per loro semplici "Zone Amministrate" che si sono presi perché non erano di nessuno (ricordate il vecchio motto sionista "Una terra senza popolo per un popolo senza terra"?), non ritengono di dovervi applicare nemmeno la quarta convenzione di Ginevra, delle condanne dell'ONU se ne sono fatti un baffo per cinquant'anni (31)... non temono certo la neonata CPI... Tuttavia meglio non rischiare di trovarsi un giorno a subire un "processo politico" da parte dei nemici internazionali del "focolare ebraico"!
Per gli USA invece, sempre più coinvolti nel portare "libertà, democrazia e benessere" in ogni angolo del pianeta, l'entrata in funzione della CPI avrebbe potuto dare qualche fastidio in più... Se la sono comunque cavata egregiamente anche loro: a maggio Bush ha ritirato l'adesione al trattato istitutivo, poi ha cominciato a minacciare il ritiro americano dalla missione di pace in Bosnia, quindi, ai primi di luglio, ha costretto il Consiglio di Sicurezza dell'ONU a votare una risoluzione (la 1422) che concede ai "peacekeepers" l'immunità per 12 mesi, infine si sta dando un gran da fare per siglare con diversi Stati accordi bilaterali che neutralizzino ogni eventuale azione della CPI (32)...

Unilateralismo e imperialismo contraddistinguono il pensiero e l'agire politico di "Busharon", l'accoppiata "simbiotica" Israele-Stati Uniti, e non dal fatidico 11 settembre ... Ad esempio, oggi gli USA sono molto incazzati perché quella "canaglia" della Corea del Nord minaccia di tornare ad essere "atomica", ma si guardano bene dal ricordare che il loro pupillo Israele non ha mai aderito al Trattato di non Proliferazione Nucleare del 1968 e che insieme hanno snobbato anche l'accordo del 1996 sulla messa al bando dei test nucleari (33)... E ancora, pochi rammentano il prezioso apporto degli israeliani alla "guerra sporca " statunitense in Centro America, nel Guatemala di Rioss Mont, nel Nicaragua di Somoza e dei "Contras", nel Salvador di D'Aubisson, nella Colombia dei narcos e dei paramilitari (34)... Se poi parliamo di radicalismo islamico, non si può dimenticare che gli USA, da Brzezinski (35) in avanti, hanno incoraggiato e stimolato la "guerra santa" antisovietica, nel cui humus si è rapidamente sviluppata quell'"internazionale del terrore" che è oggi spauracchio dell'Occidente e pretesto per nuove guerre. E Israele, dal canto suo, non è stato da meno: la sua politica di occupazione, mal celata dietro un estenuante processo di pace che ha portato finora ai palestinesi solo nuove colonie, "omicidi mirati", "bantustan", repressione e miseria (36), ha prodotto, già a partire dalla prima Intifada, il progressivo radicarsi nei Territori Occupati dei movimenti islamisti a scapito dell'OLP e dei nazionalisti laici (37). E "Arik il Sanguinario", dal massacro di Qibya del 1953, passando per l'avventura libanese e Sabra e Chatila (1982), fino ad arrivare alla provocatoria marcia trionfale sulla Spianata delle Moschee, nel settembre del 2000, e alla distruzione del campo profughi di Jenin, si è sempre mosso in questa precisa direzione: non dare tregua a tre milioni di palestinesi, sradicarne ogni capacità organizzativa e ogni speranza, fomentarne l'odio per poi usarlo come pretesto per seminare ancora distruzione, ancora lutto, in una folle spirale di morte. «Dylan Thomas ha scritto un poema intitolato La morte non ha governo. In Israele la morte ha un governo. Qui è la morte che governa e questo governo è un governo di morte»" (38).

Credo che questa triste e durissima constatazione della pacifista israeliana Nourit Peled potrebbe fare da sottotitolo non solo al film di Mohammad Bakri JeninÉ Jenin, ma anche a Massacro a Mazar. C'è in particolare un personaggio dellÕattuale amministrazione americana, intervistato nel film di Jamie Doran e Najibullah Quaraishi, che evoca le tenebre mortifere che gli USA vanno dispiegando sul mondo.

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