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Mezzanotte nel giardino del bene e del male - Midnight in th Anno: 1997 Regista: Clint Eastwood; Autore Recensione: Adriano Boano Provenienza: USA; Data inserimento nel database: 10-03-1998
Director: Clint Eastwood
Screenplay: John Lee Hancock
Novel: John Berendt
Cinematography: Jack N. Green
Editor: Joel Cox
Music: Lennie Niehaus
Cast:
- Kevin Spacey (Jim Williams)
John Cusack (John Kelso)
Jack Thompson (Sonny Seiler)
Lady Chablis (Herself)
Alison Eastwood (Mandy Nichols)
Irma P. Hall (Minerva)
Paul Hipp (Joe Odom)
Jude Law (Billy Hanson)
Dorothy Loudon (Serena Dawes)
Anne Haney (Margaret Williams)
Kim Hunter (Betty Harty)
Geoffrey Lewis (Luther Driggers)
Tim Black (Jeff Braswell)
Patrika Darbo (Sara Warren)
Doug Dearth (Art History Student)
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"Curiosity killed the yankee" ed il soriano
s´intrufola davvero per occupare la scena del delitto, venendo
ripreso in una foto, prodotta in sede processuale (l´ennesima
sugli schermi USA´97: forse il crimine perpetrato a fine millennio
è l´uccisione di una vecchia idea di America, di cui Hollywood
ricerca il colpevole) a difesa di una delle tante versioni della
verità di un nuovo ambiguo Kaiser Soze; un´altra volta
un mitico personaggio, raccontato attraverso i pettegolezzi incorniciati
tra il sorriso canzonatorio di una maga voodoo, sogghignante su
una panchina all´inizio, e la stessa Minerva nera nell´epilogo
a suggerire domande, assisa nel medesimo luogo a racchiudere il
sogno lungo più di due ore di una sonnacchiosa Savannah,
Georgia. Puro jazz: qui ogni sensazione è possibile grazie
a quelle note strascicate fino allo spasimo, perché tra
i loro lunghi fraseggi possono fare capolino tutti gli ectoplasmi
di quella terra. Un cane fantasma al guinzaglio, come un quadro
che ne nasconde un altro, per esemplificare la citazione da Hume:
"La verità, come nell´arte è nell´occhio di
chi guarda. Tu credi a quello che vuoi e io a quello che so",
dove io è il motore del film, sornione, che gioca con la
rappresentazione della propria morte.
Non si può parlare sistematicamente di questo
film, perché la trama è un pretesto e non esisterebbe
senza il consenso del protagonista: una ridda di emozioni si affacciano,
trascorrendo dal volto adattato sorprendentemente da Spacey, su cui indugiano
a lungo durante l´agiata permanenza presso la Mercer House, strabocchevole
di lusso, ammennicoli da parvenu (tappeti persiani, organi a canne,
uova di Fabergé da collezione) e colto sfarzo provinciale,
per andare a depositarsi su un frizzante travestito che anima
di stereotipata joie de vivre la cittadina apparentemente sonnacchiosa
("Gone with the Wind on mescalina"), vivacizzata da
party infarciti di calibro 25 e luger.
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Dall´High Society al mentecatto, che viaggia avvolto
in una ragnatela di mosconi ronzanti e sarà il presidente
dei giurati, introducendo un altro degli elementi di deflagrante ridicolizzazione del Sud, tutti possiedono una loro
storia, che li colloca in una precisa posizione all´interno della comunità,
affidando loro etichette e imprescindibili compiti invariabili. In
seguito a questo lieve scarto verso la composizione di un mosaico
di abitudini originali anche il film assume il ritmo dato dal
compiaciuto passeggio tra le situazioni "curiose" che
si vengono a creare, dipanandosi proprio seguendo l´attrazione
per il pittoresco che gradualmente si rivela, come nel quadro
nascosto sotto il paesaggio e di cui Jim Williams non vuole sapere
nulla, magari perché teme nasconda la rappresentazione della sua morte, che il
film fa emergere con il suo procedere al seguito di John Kelso,
il giornalista del nord, assoldato per raccontare dall´esterno
il racconto e quindi per creare la storia stessa.
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Non c´è nulla di sordido in questo pacato
Sud adagiato nelle consolidate certezze dell´aristocrazia colonialista,
acquisite anche dalla borghesia nera; piuttosto l´affresco affettuoso
e terribile richiama alla mente Faulkner, ma con una consapevolezza
in più: ogni storia, ogni immagine della città è
ormai morta e Kelso stesso, che rimarrà a passeggiare per
i viali con Mandy e Lady Chablis sotto lo sguardo canzonatore
della medium, verrà fagocitato dalla cittadina, terminando
la sua esistenza precedente e assumendo il ruolo, che gli era
stato assegnato dalla comunità, ennesimo stereotipo di
un fantasma che deve continuare ad aleggiare per perpetuare il
molle tran tran sotto gli alberi, che appartiene al passato ed
è più vicino al mondo dei fantasmi, che non a quello
reale, per questo forse le risposte ricercate da Kelso per riempire
il buco dentro di sé non esistono ed il rapporto con il
mondo dei morti ha barriere meno insormontabili.
Il rapporto con la morte, di giorno appiccicosa come
nei western e presenza inafferrabile nel voodoo alla Jack Tourner
di notte, è l´asse portante del film. "Non frequentare
i morti al punto da scordare i vivi" è il consiglio
finale di Minerva, che già in precedenza aveva coperto
il ruolo di deus ex machina per consentire alla pretestuosa
trama di rabberciare un senso all´atmosfera e alle situazioni,
impegnate soltanto a costruire un contorno su cui adagiare note
da piano-bar, risvegliate da illuminazioni in funzione dell´epilogo,
non sorprendente, eppure perciò bellissimo, in quanto coronamento
di allusioni, discorsi obliqui e retoriche frasi da scolpire nella
propria personale galleria cinematografica: "Per riuscire
a capire i vivi, bisogna saper frequentare i morti" è
solo una delle tante battute, che rivelano l´attrazione per la
morte, che danza con Spacey, fino ad abbattersi con un metafisicamente
ineffabile ritardo su di lui, una volta che tutto si era composto e dunque
nessuno, neanche la storia che avevamo seguito fino a lì,
si aspettava ormai più quell´epilogo, plausibile e anzi
l´unico possibile, pur nella sua surreale esecuzione (preparata
lungo tutto il film dalla presenza costante del metafisico nella cittadina),
che aggiunge una nuova verità degli eventi dibattuti nel
processo. La morte si ritaglia come un vestito addosso a Williams
lungo tutto il film.
L'insieme di umori del profondo Sud finiscono triturati
dall´altra forza che anima il film: lo scherno. Come se la cittadina
respirasse, creando quegli umori, riassemblati nella figura di
Williams, mentre il newyorkese coglie le situazioni che scardinano
tutto il vecchio impianto della vita della Georgia. Ad esempio il ballo delle
debuttanti è riservato alle ragazze afro-americane e gli
show di Chablis ("Accusata di oltraggio per tutta la vita")
sono sarcasmi sparsi elegantemente nel film, come il dileggio
affidato alle riprese dell´arrivo delle giocatrici di bridge.
Ma nessuno scherno può intaccare l´eterna rappresentazione
della morte al cospetto del morto, riemerso tra le crepe dei passaggi
aperti tra il mondo dei vivi ed il cimitero: in fondo quella città
di stravaganti e diversi è un enorme cimitero di antica
aristocrazia.
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