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Luna Rossa
Anno: 2001
Regista: Antonio Capuano;
Autore Recensione: Luca Bandirali
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 06-11-2001


Fra i primi pensieri che si formano dopo la visione di Luna rossa, film cupo, tesissimo e tenebroso, ce ne sono alcuni davvero

Fra i primi pensieri che si formano dopo la visione di Luna rossa, film cupo, tesissimo e tenebroso, ce ne sono alcuni davvero radiosi: intanto esiste un cinema italiano di cui non vergognarsi, un cinema ispirato che trova i suoi stimoli in egual misura nella realtà, nella cultura, nella storia; in secondo luogo, le immagini di questo cinema non hanno paura di toccare l’estremo, e sviluppano in modo affatto originale la tendenza al linguaggio del corpo (che a livello internazionale abbiamo visto in Chereau, Wang, Haneke, Breillat, Dumont e via dicendo); infine, vi sono cineasti come Antonio Capuano che hanno un’idea precisa della regia cinematografica.

 

Con Luna rossa Capuano restituisce all’immagine la capacità di offrire veramente, insieme alla tragedia, il tragico; nel far questo utilizza il linguaggio della macchina da presa con un adesione totale al soggetto che narra. Luna rossa è un film di primi e primissimi piani, scelta che amplifica al massimo grado gli elementi essenziali di un mezzo che strutturalmente consente di vedere di più, e meglio; la stessa opzione era stata adottata da Bellocchio nell’adattamento di von Kleist.

Lo spettatore del film guarda negli occhi l’attore, ne scruta lo sguardo, ne scorre le pieghe del viso; e l’attore risponde con un’attenta economia di quei gesti impercettibili che fanno il paesaggio del volto. Sopra tutto si spande l’odore del sangue; anzi, per dirla con le parole dell’Orestea cui Capuano ha attinto a piene mani, “la reggia spira strage, stilla sangue” e “l’alito che sale è quello di un sepolcro”.

 

Nel raccontare la camorra in forma di tragedia, il regista di Pianese Nunzio procede come in sogno per condensazione e sostituzione, trovando in Eschilo il referente in grado di sollevare la vicenda esemplare della famiglia Cammarano dalla cronaca; solo in virtù di questo patto con lo spettatore, la villa-bunker dei Cammarano diventa la reggia di Agamennone. In essa profezia, assassinio, incesto, tradimento si succedono senza posa; certo, Capuano non è il primo ad aver pensato alle analogie fra i temi della tragedia di Eschilo (in primo luogo la ferma determinazione alla vendetta) e quelli della letteratura popolare di genere noir, con inclusione del cinema: Coppola, Scorsese, De Palma, e oggi il loro erede più accreditato Abel Ferrara, hanno creato grandi personaggi tragici, e lo stesso Capuano riconosce (seppure in negativo) di aver trovato in un film di quest’ultimo (Fratelli) uno stimolo a girare Luna rossa. Ciò che avvicina il regista partenopeo agli esempi citati (e lo allontana dalla retorica televisiva delle Piovre) è proprio la confidenza col racconto per immagini, nell’ambito del quale Capuano trova un taglio personale spogliando l’inquadratura da ogni orpello, affidando la costruzione dello spazio scenico meno agli oggetti che alla luce, e valorizzando il nudo attore – che poi vuol dire accentrare il volto e col volto anche la parola dell’attore stesso.

Gli interpreti di Capuano, non serve sottolinearlo, sono formidabili, a conferma che talvolta (è il caso dell’Inghilterra) il rapporto fra ambiente teatrale e cinematografico può essere fecondo di scambi; se questo accade è perché nessuno di questi grandi attori (Cecchi e Servillo addirittura grandissimi) ignora lo specifico progetto formale cui partecipa, e sebbene la ripresa in continuità delle scene dialogate consenta agli interpreti di conservare un rapporto col testo di tipo teatrale, è pur vero che ogni performance rispetta la misura che si chiede alla recitazione cinematografica.

 

Antonio Capuano, dopo un esordio folgorante (Vito e gli altri, che aprì il decennio dei Novanta con un grido), ha proseguito di buon passo (un film ogni due anni) un cammino tutto da seguire, all’insegna di un cinema stilisticamente sanguigno, simmetrico rispetto al ricercato barocco di Pappi Corsicato; Luna rossa è proprio il film che ci aspettavamo da lui, anzi di più.