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Dias de Nietzsche em Turin - Giorni di Nietzsche a Torino
Anno: 2001
Regista: Júlio Bressane;
Autore Recensione: Chiara Daccň
Provenienza: Brasile;
Data inserimento nel database: 12-09-2001


Nietzsche

DIAS DE NIETZSCHE EM TURIN [Giorni di Nietzsche a Torino / Days of Nietzsche in Turin]
Júlio Bressane
Brasile, 2001
88'
SOGGETTO E SCENEGGIATURA:Rosa Dias, Júlio Bressane
INTERPRETI: Fernando Eiras (Friedrich Nietzsche)

Visto a Venezia 2001

Nietzsche si rinchiude a Torino in una claustrofobica casetta, con i suoi cari assiepati fuori su divanetti e accanto a pianoforti, in pose da cartolina dell'ottocento, con come unica compagnia la musica di Bizet e un'immagine della malinconia di Dürer, scrive lettere e recita spezzoni di sé (fino all'autoparodia -stare sopra il ponte sul Po è come essere al di là del bene e del male-), si aggira col naso in su tra gli edifici di una Torino di oggi, più reale del reale, che appare, essa sola, in digitale. E questo film è un film su Nietzsche e su Torino, sul legame tra luogo e spirito. un elogio della città e dei suoi spazi, della sua vita culturale, dei bar dove Nietzsche mangiava dell'ottimo gelato, della Mole Ecce Homo, in una circolarità ipnotica e che ritorna in eterno.

Rendendomi impopolare dopo elogi di tutti i critici presenti (Turigliatto promette una retrospettiva Bressane al festival di Torino), io ne esco delusa, anche se non mi aspettavo qualcosa in particolare, ero andata libera di pregiudizi e piena solo di Nietzsche. Insomma mi viene da domandarmi perché Bressane abbia fatto il film ma il film in sé non ha generato in me nessuna domanda.

Bressane, nell'incontro dopo film, dice di aver usato gli studi di Rosa Dias, studiosa e sceneggiatrice, sugli ultimi anni di vita di Nietzsche, gli anni in cui diviene importante per Nietzsche Leonardo da Vinci (ma dal film dove lo si evince?) e il pensiero prospettico, che annulla il soggetto dietro le sue maschere. Gli ultimi scritti di Nietzsche che sono quelli che costellano la colonna sonora sfasata rispetto all'immagine, sono quelli che erano stati raccolti per opera della sorella filonazista sotto il nome di La Volontà di potenza, ma il dibattito sui frammenti e la sorella sono assenti dal film, se non in via negativa, negati cioè dalle continue allusioni ad un cosmopolitismo della filosofia aliena da ogni biologismo e priva dell'esaltazione del popolo tedesco. Bressane non pensa assolutamente all'appropriazione nazista di Nietzsche, forse anche perché in Brasile, mi pare di aver capito, questi frammenti sono conosciuti come i frammenti della follia; bene allora sarà un film sulla follia di Nietzsche, mi sono detta.

Nietzsche nel film è immerso nella follia visibile, nudo cavalca su legni, si firma il Crocifisso, Cristo o Cesare nei biglietti agli amici, i biglietti della follia, vaga con aria assente e spiritata nascosto dietro i suoi baffoni; ma della follia non vien dato conto, perché come dice Bressane la follia era l'azione del pensiero di Nietzsche sul corpo, l'effetto del suo fuoriuscire dalla gabbia del linguaggio fino a distruggere la gabbia del corpo. E in effetti il film rappresenta la dissoluzione del soggetto e delle sue maschere e l'impossibilità di comprenderlo e tradurlo, il che traspare dalla dissociazione tra colonna sonora e immagine, nella frammentazione di Nietzsche nei suoi scritti.

Secondo Bressane il dramma di Nietzsche e dei suoi fraintendimenti e usi (ma spesso gli usi fraintendenti sono innecessitati) consiste nella sua intraducibilità, ma l'intraducibilità è condizione di ogni pensiero e anche del rapporto immagine pensiero. Nietzsche che esce dalla gabbia del linguaggio e si dissolve nel suo stile è come tutti i filosofi e letterati e i cineasti veri.

Non è privo di fascino questo Nietzsche quotidiano che scrive lettere d'amore a Clara Wagner, sua Arianna, mentre odia massimamente il marito ex compagno di idee e di opere assolute, che si esprime, sempre e solo, con voce off (ma la voce è sempre fuori di noi, che altrimenti non la intenderemmo) per aforismi, però solo i più noti e conosciuti , quelli familiari, quasi da bacio perugina (gli aforismi vengono tutti dalle ultime opere di Nietzsche quelle della transvalutazione dei valori, dallo Zarathustra a Al di là del bene e del male, Il caso Wagner, Ecce homo, le opere composte poco prima di Torino, 1888). Un Nietzsche trasfigurato nel suo riflesso scritto, lui che voleva che il suo nome risuonasse e la sua vita quotidiana altro non era che il suo pensiero, altro che filosofi che insegnano all'università e poi a casa cola famiglia e i figli per le gite e le quotidianità. Un Nietzsche solo e malinconico, a cui restano solo la musica e la tragedia (sottofondo sonoro in contrappunto torna più volte l'Edipo, la tragedia della vista e del sapere, della dannazione che porta il sapere al di là).

Per Nietzsche Torino, "il primo posto dove io sono possibile", sarà l'ultimo in cui sarà libero e filosofo, poi dopo la celebre giornata del bacio al cavallo (vorticosa nel film) Nietzsche tornerà in Germania, dove regnerà solo il silenzio e lo sconforto, prima in clinica e poi sotto le "amorevoli" cure della sorella Elisabeth, la stessa che apparirà (non mi ricordo se non appare comunque in quelle foto dovrebbe apparire, sono foto scattate a casa di lei, dei giorni del ricovero di Nietzsche) nell'ultimissima parte del film, nel documento reale fotografico di Nietzsche, svelando la natura di docufilosofia del film.

E in questo stile di Nietzsche, in questo Nietzsche che si interroga su cosa resterà di lui e della sua filosofia, che si chiede come sia possibile l'oltrepassamento, il ponte verso l'oltreuomo, nessun problema è posto o risolto, neanche per un momento. Ma questo è un film dunque non doveva farlo, allora che doveva fare? Mostrare le immagini (come il ricorrere del cerchi e del vortice, come il moltiplicare le prospettive, come mostrare lo scollamento di Nietzsche da sé e delle parole dal senso)e la distruzione del suo corpo. In effetti, cupo e gravoso, resta Nietzsche con questa evidenza pesante a sopportare, e forse ero io in una prospettiva debole che si aspettava un film di un filosofo su un filosofo.