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Genealogia di un crimine - Généalogies d'un crime
Anno: 1997
Regista: Raúl Ruiz;
Autore Recensione: Adriano Boano
Provenienza: Francia;
Data inserimento nel database: 02-03-1998


L'impianto del racconto filmico è improntato ad un decostruzionismo imperfetto. Preferisco definirlo in questo modo apparentemente riduttivo, perché si svolge presentando i fatti montati in scansioni cronologiche, che si accavallano, lasciando allo spettatore di riordinarle come preferisce, intervenendo sull'interpretazione in quanto l'adiacenza di sequenze in "realtà" distanti tra loro, le mette in relazione, variandone il significato; contemporaneamente però Ruiz pilota l'interpretazione verso un'acquisizione unica e inequivocabile del senso ultimo e dunque viene meno il principio decostruzionista di assegnare individualmente un'interpretazione ai singoli tasselli e dunque all'opera, che viene così sbilanciata sul versante del lettore. Qui il gioco è ancora comandato dall'autore, che denuncia il suo intervento, introducendo l'enigmatica inquadratura della scacchiera di Dama Cinese. Il gioco prevederebbe la liberazione della scacchiera, che all'inizio si presenta colma di sfere a parte il vuoto al centro: i due contendenti devono liberare la scacchiera, lasciandola svuotata. Nel film la scacchiera appare spesso con diverse quantità di sfere appoggiate su essa, quasi a segnalare in quale punto del dipanarsi della vicenda ci si trova. Solamente nel finale si trova la scacchiera colma e la voce off riprende il racconto recitato all'inizio: come il gioco scorre invertito, così il plot innesca un anello che fa coincidere la fine con l'inizio. Lo scambio di persona, che già orchestrava l'affascinante narrazione di Tre vite e una sola morte viene portato oltre il surrealismo sorprendente che caratterizza il cinema del regista cileno (La Ville des Pirates). Qui il gioco delle parti è sempre meno allusivo del mestiere di attore e sempre più apparentabile con la schizofrenia di Pessoa, paradossalmente (o volutamente?) mai citato. L'assenza si nota in seguito all'elenco di padri offerto palesemente (forse troppo, e ciò insospettisce, trattandosi di Ruiz) dal rivale di Piccoli (fanatico propugnatore di un metodo mimetico di analisi). Gli scrittori che tutti a vario titolo potrebbero avere concorso all'ispirazione delle situazioni descritte nel film vengono citati chiamando a pretesto l'ambiente, che però è metafora della struttura del racconto non solo in questo frangente, ma anche nella ricorrente stanza disadorna sovrastata da uno specchio trasparente, attraverso il quale si controllano gli accoliti presenti nella stanza. Nel tourbillon di metamorfosi non poteva mancare Kafka, anche se gli viene preferito Musil, dato il carattere "privo di qualità" degli uomini che abitano la società descritta, ma probabilmente gli autentici riferimenti sono Akutagawa, per la rappresentazione del crimine più volte proposta con versioni contrastanti proprio come in Rashomon, e Paul Auster per l'intrecciarsi dei personaggi e del loro destino narrativo facilmente assimilabile ai racconti di Trilogia di New York e Moonpalace. Ma si sente ancora forte il condizionamento di Robbe Grillet nelle figure emblematiche e misteriose, che detengono la spiegazione di tutto, ma non svelano gli arcani, divertendosi a indirizzare gli spettatori, aiutando la protagonista. Ma l'ironia sottesa a tutto insinua il dubbio che si tratti di una falsa pista e non sia questo aspetto ad interessare il regista Non trattandosi di un thriller poco importa che l'intero plot venga svelato, racchiudendolo tra la recitazione all'inizio e alla fine di un racconto cinese (di nuovo l'origine letteraria) di una donna uccisa da un giovane, che fuggito, s'innamora di una ragazza, la quale gli rivela di non essere altri che la sua vittima, reincarnata per vendicarsi: s'evidenzia in questo modo la natura consolatoria della letteratura e la sua spietatezza. Infatti viene letto all'inizio dall'avvocato, nei panni della madre del ragazzo morto, che stava leggendo proprio quel racconto; e viene ripetuto come epilogo. Il crimine viene mimato, ripetuto e la ripetizione è duplicata dal fatto che la Deneuve oltre a scambiarsi le parti con il paziente, interpreta svariati personaggi, trovandosi spesso in situazioni simili e ripetute, finché lo scambio dei ruoli si completa e dopo grottesche morti, che rendono ancora più beffarda la percezione della vita, si compie il crimine tanto a lungo inscenato ed evocato. Esiste anche un ulteriore livello di moltiplicazione dello stesso personaggio e della sua patologia: i quadri della magione abitata dalla zia uccisa raffigurano il suo volto, pur se in origine la casa era adibita a bordello (altro luogo retorico della letteratura su Vienna di cui si favoleggia sovente sono i suoi bordelli negli anni trenta): ciò induce a considerare la possibilità di moltiplicare all'infinito il personaggio a partire dal singolo e dilatandolo in tutte le dimensioni: temporali, spaziali, immaginarie. L'intreccio è complicato dalle dispute tra scuole diverse di psicanalisti (la vicenda non può non svolgersi nella Vienna prebellica), che si intrecciano con la trama dell'indagine della avvocato impersonato da Catherine Deneuve, confondendo le tracce della prassi giudiziaria di un'avvocato destinato alle cause perse (che, come per dare un segnale dell'imminente cambiamento, vincerà la causa, facendo assolvere il ragazzo che l'ha uccisa sotto le spoglie di zia psicanalista e che lei da avvocato ucciderà) con gli stereotipi delle dispute psicanalitiche. Un pastiche trattato con sufficiente umorismo, se lo si sa leggere, da stemperare la pesantezza dovuta all'attenzione richiesta dall'impianto. Proprio l'uso del marchingegno decostruzionista permette una sovrapposizione dell'indagine con la preparazione del crimine stesso, tanto che la catarsi coincide con l'effettuazione dell'omicidio e dunque con il superamento delle inibizioni imposte dopo i cinque anni, età prima della quale si possono individuare i potenziali assassini. E quindi si può analizzare il futuro, considerandolo irrevocabile, semplicemente studiando l'evoluzione del giovane criminale, destinato a compiere un assassinio.