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Eyes Wide Shut
Anno: 1999
Regista: Stanley Kubrick;
Autore Recensione: giampiero frasca
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 04-10-1999


Eyes Wide Shut; di Stanley Kubrick; tratto dal romanzo Doppio sogno di Arthur Schnitzler; con Tom Cruise (Dr. William Harford), Nicole Kidman (Alice Harford); Gran Bretagna 1999; durata 2h e 39'.

Kubrick ci ha lasciato in eredità un'ultima singolare battuta, la quale, solo per il fatto di essere stata pronunciata come ultimo momento del film Eyes Wide Shut, a mo' di risoluzione di un intrigato enigma psicologico-comportamentale, e dell'intera filmografia del geniale regista, assume una valenza quasi folgorante, anche per la modalità con cui viene sottolineata dalla macchina da presa (un primo piano di Nicole Kidman che stacca sul nero dei titoli di coda dopo alcuni secondi, quasi a voler far sedimentare il messaggio): la coppia deve «scopare» («fuck», nell'edizione originale, più immediato ed annichilente), per poter superare paure, insicurezze, nevrosi e problemi di convivenza. Detto così può sembrare il messaggio materialista e sconcio di un qualunque individuo con una qualche carenza di valori morali, in realtà la frase della Kidman è il degno completamento di un'opera costruita sul dubbio, sulle nevrosi, sulle ambiguità, sul confine etereo tra sogno e realtà, così che il «fuck» conclusivo rappresenta la soluzione eminentemente pragmatica all'eccessivo idealismo su cui una coppia dell'alta borghesia aveva costruito il suo rapporto. E tutto Eyes Wide Shut utilizza il sesso come motore di una vicenda che si muove con grande equilibrio compositivo (e ci mancherebbe...) tra stati d'animo combattuti, azioni abortite sul nascere, desideri inappagati, tentazioni impossibili da rifiutare, sensi di colpa mastodontici e frustrazioni castranti. Il tutto per narrare l'ennesimo capitolo completamente kubrickiano sulla crisi dell'uomo moderno.

Che in questo caso sia l'erotismo lo stimolo per fare in modo che l'umanità mostri il suo vero volto, e non la violenza (di strada e istituzionale, Arancia meccanica), o le vicissitudini esistenziali (che tramutano l'apparente infinita fortuna in insopportabile e distruttivo dramma, Barry Lyndon), oppure l'isolamento che ripropone il furore ancestrale (Shining), oppure ancora la guerra (con velleitari intenti umanitari, Orizzonti di gloria, o con l'introduzione coattiva in una guerra sbagliata, Full Metal Jacket), oppure, infine, l'imprevisto passionale (che riduce ad una larva uno stimato professore, Lolita), non cambia di molto il risultato: l'intenzione è di osservare finemente la reazione umana in contesti che ne portano all'estremo la capacità di adattarvisi adeguatamente, rendendo possibile lo svelamento della vera ed impietosa natura. Kubrick per portare avanti questo studio ha sempre attraversato i generi più svariati e lontani tra loro, rielaborandoli a suo uso e consumo.

Con Eyes Wide Shut si è affidato al genere erotico (che con il western era l'unico ancora a mancare nella sua filmografia), ma la sua sessualità è risultata patinata, studiata come un dipinto, più simile ad una composizione di Helmut Newton che ad una sola inquadratura di un qualunque Zulawski, da sublimare su un piano intellettuale e non da esperire ad un livello lubrico. Kubrick non è un voyeur, il nudo è mostrato nella sua totale corporalità, nella pienezza della sua natura fisica, e le accuse di repressione che gli sono piovute addosso non tengono conto dell'assoluta indifferenza del regista verso il conturbante fine a se stesso, verso l'eccitazione gratuita e nei confronti della scopofilia più estrema e difficile da soddisfare. Eyes Wide Shut è un prodotto cerebrale e non istintuale, un lavoro esclusivamente intellettivo e non pulsionale, la sua ricezione è mentale e non ormonale, algida come si conviene al sogno e non caldamente emotiva come la passionalità ostentata. E la rigida costruzione che ne sta alla base lo dimostra inequivocabilmente.

Tutto il film, che deve la sua forza strutturale alla profonda ambiguità di fondo che lo anima, è organizzato secondo coppie ossimoriche ben definite e fin troppo onnicomprensive. La pellicola viaggia rigidamente da un polo all'altro di una determinata scala di valori e sensazioni che trasportano lo spettatore continuamente da una parte all'altra, spiazzandolo ed acuendo quel senso di straniamento ed ambiguità che è la vera forza di Eyes Wide Shut. La storia narra essenzialmente di una crisi (reale?, mentale?, oltre quello che è effettivamente accaduto?) in un rapporto matrimoniale, ed è singolarmente ambientata nell'immediata vigilia delle feste natalizie. Subito si mette a confronto un periodo che per l'immaginario comune è sinonimo di candore e spensieratezza con la problematicità di un legame e la torbidità delle situazioni che da tali problemi si originano. Altro tipo di contrasto è quello tra la fedeltà, di cui i due coniugi sono soltanto nominalmente sicuri, e la cieca passione che escludono per via della loro educazione, ma che risulta in agguato ad ogni loro scelta, sia, in maniera implosiva, quando si privilegia il legame familiare, sia, ed in modo molto più violento e scioccante, quando per un momento si abbassano le difese che la buona creanza ed i sensi di colpa impongono. Eyes Wide Shut impone anche un altro tipo di antitesi, conosciutissima sin dai tempi classici e ben nota anche a Freud, quella tra Eros e Thanatos, sempre in agguato, sempre conglutinati tra loro come se fossero diverse facce di una stessa medaglia pronta a mostrare ora l'uno ora l'altro verso.

Ma l'ultimo film di Kubrick insiste anche, oltre che sulla contrastante coppia formata da pragmatismo ed idealismo citata in precedenza, anche sulle due pressoché antitetiche situazioni che caratterizzano l'inizio e la fine della storia: condizione iniziale data da una di fatto totale e cordiale indifferenza tra i due coniugi (Tom Cruise che dice alla Kidman che i capelli sono a posto senza nemmeno averla osservata, al punto da rispondere «non ne ho bisogno» alle timide rimostranze della consorte) e condizione finale contraddistinta da una nuova e dolorosa consapevolezza del rapporto, in cui si è evidenziata dolorosamente la debolezza di entrambi la labilità di un matrimonio che languiva senza rilevanti scossoni. Ma la vera forza del film è data dall'ultima antitesi tra sogno e realtà, presente tra l'altro già nella Vienna dell'Arthur Schnitzler di Doppio sogno, da cui Eyes Wide Shut è fedelmente tratto. Cos'è originato dal sogno, cosa è effettivamente reale? Impossibile sostenerlo, ma ancora più sbagliato chiederselo.

L'atmosfera di Eyes Wide Shut è costruita appositamente su atmosfere e atti ambigui, ben definiti ma difficilmente collocabili con assoluta certezza in una sfera reale (quante le contraddizioni? Quante le smentite nel giorno seguente? Quante le piste che si interrompono miseramente o tragicamente?). Sogno che si evidenzia linguisticamente nella prima parte (la festa a casa di Victor Ziegler, sequenza che introduce e prepara al momento più alto della crisi, la discussione tra i due coniugi dopo aver fumato una sigaretta di marijuana, momento che permette di evidenziare la falsa sicurezza che si trova alla base del rapporto) attraverso un massiccio uso della dissolvenza incrociata come momento per passare da una situazione all'altra all'interno dello stesso ambiente o per sottolineare il mutamento di tempo nel caso di una medesima azione. La dissolvenza incrociata è la figura per eccellenza con cui la consuetudine cinematografica ha da sempre visivamente rappresentato il contorno sfumato del sogno (per esempio introducendolo nel tessuto pienamente reale del racconto), senza contare che anche uno studioso come Christian Metz ha studiato tale dissolvenza come un equivalente dello spostamento di energia psichica nel suo saggio su Cinema e psicanalisi. Anche l'impossibilità di stabilire con certezza lo statuto di una scena come quella in cui la coppia Cruise/Kidman amoreggia davanti allo specchio (i famosi novanta secondi che fungevano da trailer quando ancora era tutto top secret), con la macchina da presa che si muove verso lo specchio e non verso i due corpi, cioè verso l'immagine riflessa e non in direzione della verità iconografica rappresentata dai due personaggi - senza contare che tale scena è sistema senza nessun rapporto causale con quello che segue e che precede nella catena filmica -, rappresenta un indizio in più nei confronti di quella ambiguità che ammanta tutta la narrazione.

E a ciò concorre anche il prezioso e sapiente lavoro sulle condizioni luministiche - grazie anche all'apporto di Larry Smith -, capaci di caratterizzare le differenti fasi del film con condizioni cromatiche molto diverse tra loro ed indicative delle particolari vicissitudini all'interno del racconto. Così si susseguono la predominanza ocra propria della carnalità più esasperata della prima parte del film, l'azzurro onirico che comincia ad instillare l'ombra del dubbio all'interno della storia, il rosso della torbida passione, i colori realistici dell'indagine condotta personalmente da un Cruise curioso di conoscere quello che ha visto nella notte precedente e il verde acido che sta a rappresentare per il giovane dottore il punto di non ritorno, il momento della paura (quando, dopo il secondo avvertimento, pensa di essere seguito ed è convinto che la modella trovata morta per overdose sia direttamente riconducibile al rito orgiastico a cui ha assistito). Il tutto per un lavoro di grande fascinazione, sospeso nell'impossibilità di una definizione certa, patinatamente onirico, elegantemente intellettuale.