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Pola X
Anno: 1999
Regista: Leos Carax;
Autore Recensione: Andrea Caramanna
Provenienza: Francia;
Data inserimento nel database: 17-06-1999


Expanded Cinemah - lavorincorso
La posizione critica nei confronti di un'opera è sempre più imbarazzante e imbarazzata. Le perplessità, rilevate tra l'altro da un gustoso articolo di Giuseppe Petronio di qualche giorno fa (lunedì 7 giugno 1999) sull'Unità sono sempre più evidenti: come distinguere un'opera d'arte dal kitsch di massa? Pola X è uno dei tanti film che ha spaccato la critica.

Soprannominato anche Sola X, soprattutto da coloro che lo hanno visto a Cannes, è stato presto rivalutato dalle recensioni seguite a visioni più tranquille, meno caotiche di quelle festivaliere. Il decano della critica italiana Morando Morandini ci ricorda che l'attendibilità dei giudizi decresce proporzionalmente al numero di ore di visioni consecutive. Il punto è che Pola X offre chiaramente più prospettive di lettura tra le quali il percorso più canonico, di seguire la vicenda del protagonista, una discesa agli inferi del maledettismo.

Così Pola X è una variazione a Gli amanti del ponte neuf. Carax ancora maudit, non inventa nulla rispetto al passato, per di più le motivazioni che spingono il ricco borghese Pierre a una vita da clochard appaiono del tutto arbitrarie, comunque superficiali. Perché la sorella Isabelle non è accolta in casa, perché Pierre per seguirla decide di cambiare la sua vita? e la storia dello scrittore in preda al sacro fuoco dell'ispirazione non è uno stereotipo inutile? E potremmo ancora continuare perché anche i dialoghi sono nebulosi, e forse inutili per capirci qualcosa. Così a poco a poco ci rendiamo conto che Carax ha fatto un film che si regge sulla messa in scena di alcune sequenze o meglio sullo sguardo, il punto di vista che mette in scena ambienti e personaggi in cui le variazioni di luce hanno certamente un'importanza non trascurabile. Visioni che penetrano l'immaginario visivo e vi sedimentano a lungo.

A molti giorni di distanza dalla visione di Pola X, il film, che si è già spezzettato nella elaborazione della memoria, pulsa ancora, prescindendo dalla storia, anzi proprio prescindendo dalla storia. La sequenza del bosco in cui Pierre e Isabelle, si inseguono poi camminano insieme ha una sua identità separata dal resto del film, la stessa cosa si può dire per la presenza di Catherine Deneuve, presenza quasi diafana, tra il vampiresco e il fantasmatico. Pola X potrebbe essere un ottimo film di fantasmi, e le apparizioni di fantasmi fanno la grandezza del cinema, la presenza materica, di sostanze che non vediamo, ma delle quali respiriamo lo stesso la consistenza spirituale dentro l'inquadratura. Spesso i limiti delle inquadrature attirano lo sguardo, lo spingono ad una morbosa attrazione per il fuori campo, immagini borderline tout court. Il cinema di Carax si fonda sulla tensione spasmodica di superare quei limiti, limiti angosciosi, perché insormontabili e ugualmente vitali, perché al centro dell'inquadratura c'è un equilibrio precario, mentre si configura subdolamente una menzogna sempre più insostenibile. All'inizio la casa e la famiglia borghese, custodi di apparenze formali e cuore delle ambiguità, delle falsità quotidiane che consentono un'opaca tranquillità superficiale ed esteriore. Poi la prospettiva di una nuova possibile realtà che in Carax si colloca sempre a 360 gradi di distanza da quella iniziale, ne costituisce il polo opposto, cui si arriva passando per una serie di atti esplosivi e l'inevitabile deflagrazione finale, il punto di non ritorno, la conclusione, anch'essa ambivalente, forse anche disturbante per un pubblico quieto abituato all'happy end. L'effetto disturbante deriva dalla incapacità di collocare in gabbie logiche, le azioni di Pierre secondo aspettative prevedibili. Imprevedibilità crescente non solo dei personaggi ma soprattutto degli spazi, il set che non è ricostruzione di uno spazio riconoscibile, ma spazio indefinibile, popolato di corpi alieni, uomini e anche cani, musiche assordanti e disarmoniche (a proposito si potrebbe aprire una riflessione su ordine e disordine).

Pola X diventa quasi un X file, un oggetto sempre più distante e sconosciuto.

Il film è così una sorta di metafora dei sottili equilibri della vita umana, della condizione permanente di instabilità psicologica.