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EdTv
Anno: 1999
Regista: Ron Howard;
Autore Recensione: luca aimeri
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 09-06-1999


Una tv via cavo con problemi di audience tenta una nuova strategia: lo spettacolo del quotidiano in diretta 24 ore su 24

EDtv (id.); regia: Ron Howard; sceneggiatura: Emile Gaudreault, Sylvie Bouchard; cast: Matthew McConaughey, Jenna Elfman, Woody Harrelson, Elizabeth Hurley, Martin Landau, Dennis Hopper; Usa, 1999; durata, 122’.

Una tv via cavo con problemi di audience tenta una nuova strategia: lo spettacolo del quotidiano in diretta 24 ore su 24. Al centro dell’anti-show c’è Ed: un ragazzo qualsiasi, commesso in un negozio di video. Dal mattino a notte fonda, fino a quando va-a-dormire/si-spegne, e poi di nuovo, dalla prima "grattata intima" mattutina fino alla sera, attraverso la città: telecamere e microfoni. Cameramen d’assalto (veri operatori della CNN) che diventano tutt’uno con il non-personaggio: lo pedinano, lo accompagnano al lavoro, lo inseguono, lo tallonano tra amici e parenti, ne spulciano la vita più privata all’inseguimento di ogni piccolo dettaglio che possa svilupparsi e fare spettacolo cioè creare simpatia-immedesimazione-empatia. Fino a piegare definitivamente la sua esistenza alle esigenze della fiction, amplesso in diretta comreso. Una specie di Truman Show, ma al contrario: Truman non sa di essere una star, mentre Ed sì, ha firmato un contratto, è una cavia conscia - ha colto l’occasione di un lavoro apparentemente facile, a scadenza, ed è deciso a sfruttarla. L’inconsapevolezza di Truman; la macchinazione spettacolare orchestrata in ogni dettaglio, avvolgente come un mondo dal quale è impossibile sfuggire; il mistico delirio di onnipotenza di un regista demiurgo che programma-plasma un’esistenza: The Truman Show giocando sul registro del fantastico si affrancava dalla prevedibilità di un discorso critico sul medium; costruiva la traccia principale su un percorso di formazione/viaggio dell’eroe che ricalcava racconti mitici e religiosi. Una metafora decodificabile a più livelli e in più chiavi. Il nuovo film di Ron Howard non ha questa complessità d’impianto: Ed è conscio del proprio ruolo, e questo spazza via ogni prospettiva che non sia legata a un discorso stretto sul medium, sui suoi perversi meccanismi di produzione e fruizione, sulla componente voyeuristica latente nell’uomo-spettatore. Inoltre, la realtà che circonda Ed non è l’"acquario sintetico" di Truman, ma è la "realtà vera": la tv-di-Ed/EDtv è davvero una finestra sul mondo – una finestra sul cortile, sulla strada, sulla città, a volte "una finestra sulla finestra". Il mezzo eleva il quotidiano a spettacolo: Ed sullo schermo diventa qualcuno con cui empatizzare, non è più un clerk qualsiasi di una qualsiasi videoteca ma un personaggio. Il personaggio della propria vita - che così si fa intreccio. Lo spettatore si ri-vede, si riconosce, ma "eroicizzato/ingigantito" – dalla lente d’ingrandimento e non dall’agire. EDtv è un esperimento che tutti (pubblico, protagonista, la stessa emittente) vivono in piena consapevolezza. Un prodotto da testare. Il film di Ron Howard insiste in questa direzione: come commedia funziona solo relativamente proprio in conseguenza della scelta di evidenziare la presenza del filtro. I dispositivi di ripresa audio-video sono costantemente presenti, come quelli di riproduzione/emissione (gli schermi televisivi su cui scorre la diretta affollano le inquadrature tendendo all’onnipresenza: una presenza, non necessariamente evidenziata con la profondità di campo). Il pubblico-sullo-schermo è trattato come un macropersonaggio composto, con comparse-ponti tra i due mondi – lo schermo e oltre. In questo senso, la sceneggiatura offre spunti che Howard sfrutta al meglio: paradigmatica la gag della telespettatrice che riconosce il proprio quartiere, la propria casa, e corre (prima fisicamente, poi con lo sguardo) dallo schermo alla finestra, riconoscendo l’immagine ma cambiandone l’inquadratura, la prospettiva: al-di-qua e al-di-là della macchina spettacolare, e poi dentro, parte integrante – la spettatrice viene inglobata, inquadrata alla finestra dalla strada, mentre lo schermo diventa definitivamente uno specchio capovolto: Ed è davvero uno come loro, una eccezionale persona comune. Schegge di sogni di celebrità in una società dello spettacolo. Il loop come un’epidemia; lo sguardo e la visione-visibilità, l’essere visto e il rivedersi, come una pulsione irrefrenabile che contagia anche i più restii: lo show può andare avanti. Tuttavia, ripetiamo, il mettere in scena (dare visibilità sullo schermo cinematografico) il pubblico e il bagaglio tecnico crea un effetto di distanziazione tra il pubblico vero, cioè noi, e il personaggio e la sua parabola: tanto ripreso da risultare opaco, mentre il meccanismo che lo soffoca sbalza assolutamente vivido (spesso sono più coinvolgenti le evoluzioni della troupe che l’oggetto della ripresa. Mettere il pubblico (noi) nella condizione di quel pubblico era evidentemente l’intento di Howard, ma con difficoltà questa opzione si concilia con il registro comedy-sentimentale che informa l’intreccio di Ed. Tutto è come raffreddato, e risulta evidente la prevedibilità di quella trama. E’ divertente vedere gli spettatori, vederci - ritrovare e riconoscere situazioni e meccanismi del nostro rapporto con l’immagine: ma è qualcosa di già visto, e a più livelli/strati-schermi. Lo sceneggiatore ha puntato troppo sull’idea, sulla invenzione che sta all’origine del soggetto (la presa in diretta di una vita comune) e ha risolto l’intreccio principale secondo formula: l’occasione, il tentennamento, l’incontro con un mentore (l’ambigua ideatrice del programma), la scelta del personaggio di prestarsi all’operazione, l’ingresso in un mondo extra-ordinario (quello dell’entertainment, e l’immagine diventa principalmente televisiva), il successo, l’amore, le difficoltà, l’impossibilità di gestire la propria privacy, il business e le sue esigenze, il contratto capestro come un patto con il diavolo, la sexy love-story seconda, infine la liberazione-rinascita e il trionfo del sentimento grazie all’intervento del mentore che definitivamente si svela come aiutante. Come detto, questa materia già tiepida viene smorzata dal discorso sul mezzo e dall’analisi dei meccanismi spettatoriali. La stessa idea, poi, alla luce (meglio, all’ombra) del recente, e più articolato, The Truman Show, non risulta così interessante. Lo story concept è l’esatto capovolgimento di quello del film di Weir (e di Dark City, Matrix e The Cube): piuttosto che "e se tutto ciò che ci circonda fosse finzione?", la premessa centrale è "cosa succederebbe se trasformassimo in finzione la nostra vita e tutto ciò che circonda?". Più interessante risulta il lavoro sulle sottotrame, anzi sulle trame parallele: oltre quelle dedicate al pubblico della trasmissione tv, giocano un ruolo fondamentale nell’impalcatura narrativa quelle relative alla famiglia di Ed. Una texture di equilibri che vengono scardinati, fatti esplodere, dall’interferenza del mezzo: un cortocircuito in cui, come in The Truman Show, ha un ruolo centrale la figura di un padre che ritorna dal passato.

Ben confezionato e accattivante, a tratti divertente, altrove interessante, discontinuo: o poco ambizioso, o poco riuscito. Ma vedibile.

 

filmografia di

RON HOWARD

 1969 Deed of Derring-Do

1977 Grand Theft Auto (Attenti a quella Pazza Rolls Royce)

1979 Cotton Candy

1980 Skyward (TV)

1981 Through the Magic Pyramid

1982 Night Shift (Night Shift. Turno di Notte) *

1984 Splash (Splash, Una Sirena a Manhattan) *

1985 Cocoon (Cocoon, L’Energia dell’Universo) *

1986 Gung Ho (id.) *

1988 Willow (id.) *

1989 Parenthood (Parenti, Amici e Tanti Guai) *

1990 Backdraft (Fuoco Assassino) *

1992 Far and Away (Cuori Ribelli) *

1994 The Paper (Cronisti d’Assalto) *

1995 Gung Ho (Gung Ho. Arrivano i Giapponesi) *

1995 Apollo 13 (id.) *

1996 Ransom (Il Riscatto) *

1986 EDtv (id.)

* disponibile in home-video