NearDark - Database di recensioni

NearDark - Database di recensioni

Africa

Godard Tracker


Tutte le
Rubriche

Chi siamo


NearDark
database di recensioni
Parole chiave:

Per ricercare nel database di NearDark, scrivete nel campo qui sopra una stringa di un titolo, di un autore, un paese di provenienza (in italiano; Gran Bretagna = UK, Stati Uniti = USA), un anno di produzione e premete il pulsante di invio.
È possibile accedere direttamente agli articoli più recenti, alle recensioni ipertestuali e alle schede sugli autori, per il momento escluse dal database. Per gli utenti Macintosh, è possibile anche scaricare un plug-in per Sherlock.
Visitate anche la sezione dedicata all'Africa!


Cose molto Cattive
Anno: 1998
Regista: Peter Berg;
Autore Recensione: luca aimeri
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 27-04-1999


COSE MOLTO CATTIVE

Cose molto cattive (Very Bad Things); regia e sceneggiatura: Peter Berg; cast: Christian Slater, Cameron Diaz, Jon Favreau, Leland Orser, Rob Brownstein, Jeremy Piven, Daniel Stern, Jeanne Tripplehorn, Kobé Tai; Usa, 1998; 101’.Cose molto cattive, cose affogate nel sangue, tappe del viaggio-senza-ritorno verso la follia. Black comedy, come un canyon inciso tra i territori della crime-fiction e della commedia. Il film rimbalza tra queste sponde, segnando le linee che compongono la rete di un intreccio esasperato nei suoi movimenti reiterati di coincidenza e peggioramento. Premessa drammatica: coppia a una settimana dalle nozze (Kyle & Laura); la promessa sposa sta per realizzare il proprio sogno e pianifica la cerimonia come il progetto della sua vita. Lo scarto: la serata di addio al celibato di Kyle con i quattro amici del cuore. Molta coca, molto alcool. La svolta: una squillo morta sul pavimento del bagno, di troppo. Un incidente. Poi, i peggioramenti: a catena, con i cadaveri che si moltiplicano, e la paura che contagia uno ad uno i cinque uomini, come un epidemia. La pressione del rimorso, del senso di colpa, che si manifesta come fruizione incrinata della realtà, paranoia del pedinamento, sospetto. Isteria, il tratto principale dell’operazione: come in uno stato di regressione adolescenziale, i personaggi esplodono come tappi di champagne appena mettono piede a Las Vegas, città dei balocchi per statuto. Tavoli da gioco, suite ‘presidenziali’, dadi scorsesiani, panno verde, lap-dancers e servizio in camera, strip-tease e supplementi da 500$. Isteria, delle esplosioni verbali: dialoghi urlati di quattro-cinque voci sovrapposte, un turbinio confuso che si fa muro sonoro, disturbante, invadente, devastante. Le informazioni vengono risucchiate dai fiumi di parole che gli uomini si riversano addosso vicendevolmente - odio puro, distillato di vera amicizia implosa. Dialoghi che si sganciano dal modello black-comedy, distaccandosi perlopiù dalla prospettiva comica, tendendo piuttosto a ritornare alla funzione di valvola di sfogo in una situazione terribile, veicolo di manifestazione del panico. Semplicemente. Ancora l’isteria avvolge il personaggio di Laura/Cameron Diaz: sposina-barbie che organizza il proprio matrimonio come una casa delle bambole, determinata capricciosa gelidamente egocentrica egoista. Il sogno le si infrangerà intorno, addosso: la trappola ultima del Caso si rivelerà essere riservata a lei, l’intera faccenda si richiuderà come una rete/gabbia intrappolandola in un destino di follia, in una casetta-con-giardino degli orrori. Come a dire, se tutto è scaturito da un addio al celibato, all’inizio della catena c’è la moglie, come una causa prima. Il resto è incubo: se di norma l’andamento del film è dato dall’alternanza di successi e insuccessi del/i protagonista/i, in "Cose molto cattive" il meccanismo dominante è quello dei ‘processi di peggioramento’: un inanellamento a-cascata dove, in altri termini, si passa senza soluzione dalla padella alla brace, dalla brace alla brace ancora più calda, e giù così, fino all’inferno, dove le cose sono "molto cattive", più cattive. Un effetto spirale che trascina lo spettatore dentro al film, come un tunnel che ha forte attrattiva/presa immediata, ma che rischia di sfiancare lo spettatore. Strutture narrative che riproducono il meccanismo degli incubi, dove ben presto si passa il punto di non ritorno, e si arriva ad affrontare svolte sempre più imprevedibili e incalzanti. "Cose molto cattive" insiste su questo versante thriller, piuttosto che su quello comedy; o meglio: è talmente aggressiva e forte la prima componente che la seconda funge da contrappeso in un rischioso equlibrismo sul grottesco e il prevedibile. Ecco che la morte moltiplica i suoi giri di vite: non una commedia col morto, ma una commedia di omicidi e condannati a morte, con venature splatter. Dove la comicità diventa un nuovo segno di isteria dei protagonisti. Di stallo in stallo. La regia supporta il gioco: si fa sintetica per sfrondare, per evidenziare i nodi del racconto, per potersi poi dilatare nel riprendere l’esplosione delle tensioni latenti, con distacco, nello ‘spazio di una situazione’. Cura del quadro, della composizione dell’immagine, fotografia calda e lucida al contempo, notturni infiniti come una lunga notte – salvo sfociare nella luce del capovolgimento conclusivo, il caramelloso sogno infranto. Cinema sull’onda del politically un-correct, col quale la Diaz rappresenta un legame diretto (Tutti pazzi per Mary, di Bobby & Peter Farrelly, Usa 1998). Mostrare "cose molto cattive" o piuttosto mostrarle con un occhio non completamente comedy né tantomeno drammatico? Dove risiederebbe la ‘scorrettezza’? In fondo nessuno dei protagonisti del film è costruito in funzione di una identificazione dello spettatore, l’empatia è come trascurata. Rapido come un racconto, non dilatato come un romanzo. I protagonisti fanno cose cattive e il male si ritorce su di loro. Il Caso, il Destino. C’è in qualche modo anche una comunissima morale. Quanto a cattiveria, sullo schermo se n’è vista di peggiore. I due paraplegici-da-giardino su cui si chiude non sono altro che due vittime dei propri stessi errori. Non resta che la sospensione del tono, se "Cose molto cattive" ha un pregio sta lì: alla texture esasperata della sceneggiatura non corrisponde una ricerca visiva altrettanto stupefacente, quindi il film non insiste sul solito scardinamento. Un lavoro che tende a mettere a disagio, come una black-comedy troppo black, come una macchina che ha qualcosa che non va come dovrebbe/come ci aspetteremmo. Cinema che mostra la gratuità di ciò che racconta, una freddura rosso sangue credibile. Non così stupido, ma un po’ noioso.