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Payback - La rivincita di Porter
Anno: 1999
Regista: Brian Helgeland;
Autore Recensione: luca aimeri
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 15-04-1999


La vendetta di Porter (Payback)

La vendetta di Porter (Payback)

Regia e scenegg.: Brian Helgeland; sogg.: dal romanzo di D. Westlake; cast: M. Gibson, D. Unger, K. Kristofferson. Usa, 1999; 110’.

Remake del bellissimo "Point Blank" (Senza un attimo di tregua, 1968) di John Boorman, "Payback" è ‘scuola dei duri’ allo stato puro. Porter in "Payback", Walker in "Point Blank", il "cattivo" protagonista del romanzo di cui i film sono adattamenti si chiamava Parker. "The Hunter" (Anonima carogne) è il primo di 16 romanzi scritti da Donald Westlake con lo pseudonimo di Richard Stark; al centro degli intrecci, il violento gangster-vendicatore Parker. Nel primo capitolo della "saga" (quello del film), ci viene raccontata quella che sarà la sua ‘backstory’: sua moglie e un complice lo tradiscono dopo un colpo, e lo lasciano a terra con una porzione abbondante di piombo nella schiena. Parker(/Walker/Porter) non muore, e ritorna per vendicarsi. E si scontrerà con i massimi livelli della mala: il ‘Sindacato’ (leggi ‘mafia’; in Boorman era l’‘Organizzazione’, come ci viene ricordato). Questo "ritornare" in vita (dal regno dei morti) per portare a termine una vendetta, con tutta la risoluzione del caso, era stato reso magnificamente da Boorman: sul suono metronomico del passo di Walker (letteralmente: camminatore) in un infinito e simbolico "corridoio al neon", si sviluppava un complesso gioco di flashback che a poco a poco trasportava il personaggio dal passato/memoria alla realtà. Come un omaggio (a qualcosa che non si può ripetere) quei passi risuonano per un attimo nell’incipit di "Payback", come a denunciare da subito l’ammirazione per un modello e il distacco da esso: "Point Blank" era un film perfettamente riuscito, e non era necessario un remake; "Payback" è volontariamente ‘altro’ - un altro film ispirato al medesimo romanzo. Il cambio di nome del protagonista rispetto all’adattamento precedente, da Walker in Porter (come dal maturo e granitico Lee Marvin al più giovane e scanzonato Mel Gibson), è leggibile come un altro segno di margine desiderato: rispetto a Boorman, e, anche, a Stark/Westlake ("Payback" è solo ‘uno’ dei possibili film desumibili da ‘quel’ romanzo: come una dichiarazione teorica sull’adattamento). Helgeland, dopo James Ellroy (di cui aveva adattato in modo impeccabile "L.A. Confidential", 1997), si confronta con un altro maestro della letteratura nera americana contemporanea, e anche in questo caso la sceneggiatura funziona come un orologio: ben strutturata, e orchestrata sui toni classici dell’hard-boiled altalenanti tra aggressività e dark-humour, con cenni di ammiccamento alla crime-comedy corrente. Filologicamente corretta (rispetto ai noir fine’60/primi’70) anche la regia di Helgeland (il suo esordio): cura del quadro, attenzione alle geometrie degli spazi metropolitani, ritmo spedito come un camminata risoluta, il tutto finalizzato ad evidenziare lucidità e freddezza di un meccanismo, quello della ‘vendetta di Porter’.