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Demoni e dei
Anno: 1998
Regista: Bill Condon;
Autore Recensione: Adriano Boano
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 22-03-1999


Gods & Monsters
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GODS AND MONSTERS


Regia: Bill Condon
Soggetto: basato su Father of Frankenstein di Christopher Bram
Fotografia: Stephen M. Katz
Montaggio: Virginia Katz
Costumi: Bruce Finlayson
Musica: Carter Burwell
Produttori: Paul Colichman, Gregg Fienberg, Mark R. Harris
Produzione: Lions Gate Films
Distribuzione: Lucky Red
Formato: 35 mm.
Provenienza: USA
Anno: 1998
Durata: 105'
Ian McKellen ... James Whale
Brendan Fraser ... Clayton Boone
Lynn Redgrave...Hanna
Lolita Davidovich...Betty
Kevin J. O'Connor...Harry
David Dukes... David Lewis
Brandon Kleyla... il giovane Whale
Pamela Salem... Sarah Whale
Michael O'Hagan...William Whale
Jack Plotnick...Edmund Kay
Sarah Ann Morris... Daisy
Mark Kiely...Dwight
David Millbern... Dr. Payne
John Gatins ... Kid Saylor
Amir Aboulela ... Karloff da giovane
Rosalind Ayres...Elsa Lanchester
James Lecesne...Jack Pierce
Matt McKenzie...Colin Clive
Martin Ferrero... George Cukor
Cornelia Hayes O'Herlihy... la Principesa Margaret
Jack Betts... Karloff da vecchio
Arthur Dignam...Ernest Thesiger
Jesse James...Michael Boone
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Nel film vengono sparsi molti richiami all'iconografia gay codificata nei classici: le canottiere alla Kenneth Anger, l'immagine di Rock Hudson che nel prologo di un film si presenta, come Boone, con i bicipiti impegnati nei movimenti del lavoro da giardiniere, il melanconico ricordo del commilitone in guerra, gli oggettini un po' kitsch di raffinato design sparsi nella sala sovraccarica di icone gay, l'evocazione di giovani Ganimede che nel ricordo animavano feste ai bordi della piscina. Tutto un impianto utile per standardizzare l'atmosfera, connotandola con riferimenti puntuali riempiti dalle immagini che provengono dal confuso ricordo onirico dell'anziano regista, ai cui traumi derivati dalla guerra si ascrive la potente suggestione della solitaria figura della silhouette del mostro stagliata nella notte: raramente come in questo film si sovrappongono le allucinazioni del dormiveglia e i fotogrammi del repertorio cinematografico per sommarsi a quelle di un presente modificato dalla fervida immaginazione di Whale, dando forma ad una nuova realtà che non ha più parametri temporali, ma confonde il fulgido passato dei film di Frankenstein (viene citato anche The man with the Iron Mask con la pantomima della maschera antigas, ma anche il gothic di The old dark house, ma Whale preferisce The invisible man) proprio in virtù della apparizione della figura del giovane che evoca situazioni legate all'adolescenza, il presente della seduzione operata ai danni di Boone e l'irrevocabile futuro, proletticamente anticipato.

Dapprima l'intrusione del passato è affidata a brevi flashes che illuminano pochi fotogrammi subliminali, per arrivare ad anticipare il finale con la lunga sequenza in cui si riformalizza la scena di Frankenstein-Whale operato dal dottore demiurgo con le fattezze del giovane giardiniere in un profluvio di fulmini, che sono il luogo retorico ricorrente, quasi una cifra del personaggio, utilizzata anche per isolare singole immagini pregnanti in una cornice evocativa delle atmosfere gotiche care al vecchio cineasta, addirittura ricostruendo i momenti di lavorazione dei film di Whale con raffinato gusto filologico.

L'intera opera si conduce attraverso garbate proposte a partire dallo Strip-poker inscenato da Whale con il giornalista mondano e untuoso, che rappresenta il gusto pessimo del jet set quando raggruppa degli improbabili Karloff e Cukor in una foto imbarazzante: la sequenza serve per introdurre un carattere del vecchio regista: "É bene assecondare le persone anziane, come io assecondo i vizi dei giovani"; per arrivare allo scoperto sarcasmo sulla rappresentazione della guerra offerta dal cinema, cassata con ironia asserendo che i film non ti fanno sentire la Storia, salvo poi elencare la vera quotidianità della trincea, subito disinnescando il taglio predicatorio, temperandolo con la nostalgia della storia d'amore con Barnet, cadavere lugubremente appeso al filo spinato per giorni. La provocazione raffinata dunque per comunicare quella stessa tenerezza mediata da Edward scissorhands: far emergere il mostro che alberga in ognuno e attraverso questo sentimento introdurre la disperata solitudine del diverso. In questo senso l'ultima sequenza è un piccolo capolavoro: concentra nei lampi immancabili e nella camminata ad imitazione del mostro per eccellenza la presa di coscienza della propria essenza più intima, avvertita soltanto dopo che Boole ha notato il leggero tocco buffo delle pellicole di Frankenstein. Ma già alla prima trasmissione televisiva del vecchio film gli avventori del bar offrivano ciascuno una interpretazione della figura del diverso in base alla propria natura (comico, perverso o sensibile alla solitudine): questa è una delle componenti del film di maggiore impatto al di là della visionarietà dei remake delle scene più suggestive del gotico, che rileva come quel genere di film fa scaturire dall'imo di ognuno, e inconsapevolmente, se stessi, anche con ironia, visto che chiosa quella prima "proiezione televisiva" con le parole della governante, manichea, eppure omofoba devota del regista gay, che infatti dice: "Almeno nei suoi film i cattivi muoiono e i buoni vivono".




Filmografia di
James Whale
:


Frankenstein (1931)
Waterloo Bridge (1931)
The Old Dark House (1932)
The Invisible Man (1933)
The Bride of Frankenstein (1935)
Showboat (1936)
They dare not love (1940)
Hello Out There (1949)

Talvolta si avvertono cadute nel didatticismo, fatali nel caso di biografie: l'ignoranza di Boone della professione di Whale è pretesto per informare lo spettatore sprovveduto, però poco oltre torna utile per inserire una efficace tirata sul final cut e sulla sua estromissione dopo Showboat con l'apoteosi della frase retorica e sottoscrivibile ("fare film è la cosa più bella del mondo, ma ho scelto la libertà"). In questo caso con un tocco da maestro Condon disattende la cronologia, grazie alla scelta anomala di tornare costantemente a ritroso sfruttando ogni appiglio offerto dai più insignificanti dettagli, proprio come avviene per la memoria degli anziani: infatti gradualmente i mostri del passato annidati nel cervello occupano sempre più spazio, dilagando nel presente. A volte fanno capolino momenti irrisolti come l'inutile storia di Boone con Penny, la barista, ma per lo più tutti gli episodi conferiscono senso a quello che non è un omaggio, ma un'affermazione di universo poetico ancora valido ora, quando allude alle luci e a quei grigi densi e pastosi attraversati da scrosci di pioggia, che sono quanto di più vicino alla "commedia sulla morte", più volte invocata fino all'estrema citazione di cinema morboso, quel corpo nella piscina di Sunset Boulevard, che corona l'urlo stremato: "Non mi farà più questo: non mi farà ricominciare una passeggiata sul sentiero dei ricordi", prima che il film si concluda citando, questa volta di nuovo direttamente attingendo all'originale (quasi a voler proporre un confronto con le scene rifatte per accreditarsi come allievo), la sequenza dell'incontro tra Frankenstein e lo struggente violinista: "Penso tu sia straniero, non ti conosco, devi scusarmi: io sono cieco", una cecità che accomuna i due diversi, utile anche ad evocare la chiusura ben più cieca dei normali, i quali emarginano Frankenstein per paura di riconoscersi nel mostro.
Dopodiché anche i titoli sono filologicamente simili all'originale, perché quando sono belli non è il caso di cambiarli




Filmografia di
Bill Condon
:


Gods and Monsters (1998)
Candyman - Farewell to the Flesh (1995)
Deadly Relations (1993)
Dead in the Water (1992)
Murder 101 (1991)
White Lie (1991)
Sister, Sister (1987)
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