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The Blackout Anno: 1997 Regista: Abel Ferrara; Autore Recensione: Andrea Caramanna Provenienza: USA; Data inserimento nel database: 27-01-1998
Di
ritratti di ubriaconi ne abbiamo visti tanti al cinema da "Giorni
perduti" a "Via da Las Vegas". "Blackout" deve fare i conti coi suoi
predecessori pur con l'avviso che alcol, droga e sesso sono le
tematiche preferite da Ferrara. Ancor di più sono degli
straordinari veicoli per sondare l'animo umano, per scrutare il Male,
per cercare una posizione morale definitiva, che soddisfi e
gratifichi la nostra esistenza. Ma a quanto pare questa
libertà di scelta non è ancora arrivata per l'uomo.
Ancora per molto tempo, potremmo dire fino alla fine dei tempi,
barcollerà con passo incerto tra dolori e sofferenze. L'alcol
stordisce, priva di quella lucidità mentale che, oltre a
garantire esuberanti prestazioni, presenta come effetto collaterale
inevitabili depressioni. Come se l'individuo dovesse lottare ogni
secondo con i démoni della tentazione, quei diavoli che
suggeriscono l'inutilità del mondo, e che spingono agli
eccessi in tutti i campi. E come in un circolo vizioso l'uomo si
ritrova al punto di prima: scegliere come vivere meglio la propria
vita per non pensare alla morte. In questo discorso naturalmente si
innesta il fattore religioso. Anche se di fede non si parla
esplicitamente nel film, ma è sempre un argomento fondamentale
per Ferrara.
La messa in scena appare volutamente distratta. Le immagini si
compongono come in un puzzle. I ricordi nebulosi affiorano sullo
schermo, contaminano il protagonista e tutti i personaggi. Si avverte
chiaramente un'insofferenza per il mezzo cinematografico, troppo
freddo, troppo lontano per metabolizzare emozioni. "Il video è
il mezzo del futuro" si dice nel film. Ma è l'estetica
cinematografica ad essere in crisi, a non potersi più
sollevare, a non superare i recinti cristallizzati del cinema
classico. O forse lo fa con molta fatica. Ferrara sa benissimo di
girare un video e con questo suggerisce che non esiste più
differenza tra cinema e video. Non perché il video ha
assorbito il cinema, ma perché, l'estetica contemporanea sta
cambiando, sta mutando senza che noi testimoni possiamo registare
questo cambiamento. "Blackout" fa pensare molto all'ultimo film di
Lynch "Strade perdute", per la ricerca stilistica caratterizzata da
una frammentazione totale dello schermo, eppure nettamente inferiore
alla capacità di Lynch di creare "qualcos'altro" sullo
schermo. "Blackout" è un film di transizione per Ferrara,
verso nuovi orizzonti ancora sconosciuti.
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