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L'assedio
Anno: 1998
Regista: Bernardo Bertolucci;
Autore Recensione: Federica Arnolfo
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 07-03-1999


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L'assedio
Di Bernardo Bertolucci
Con D. Thewlis, T. Newton

Quante cose si possono dire un uomo e una donna lontani come il giorno dalla notte, per estrazione sociale, cultura, tradizioni, carattere e comprensione del mondo e della vita? Quante cose si possono capire, ed amare, di una persona totalmente distante da noi, così poco rassicurante e comoda nella sua diversità che ci mette di fronte, inesorabilmente, alla parzialità e relatività di tutto quello che diamo per scontato giorno dopo giorno? Persino Roma, città che amo in modo bruciante e totale, è così diversa in questo film, da come l'ho sempre vista, giorno dopo giorno, vivendola prima e rivedendola oggi ogni volta che posso.
Bertolucci, con un'umiltà ed un'essenzialità che non dimostrava da tanto, troppo tempo, con l'aiuto e il sostegno della moglie che conferiscono alla pellicola un taglio ed una sensibilità squisitamente femminili, prova a darci qualche risposta a queste domande. Anzi no, è più giusto dire che ci dà gli strumenti adatti per trovare qualche risposta. Ed allora ecco la macchina da presa che ruba sguardi, sorrisi, filma note e colori, sensazioni passioni e dolori, ed amore... "Lei non sa nulla dell'Africa", grida lei a lui. Ed è vero: non ne sa nulla lui, non ne sappiamo nulla noi, non ne sa nulla lo stesso Bertolucci, che vi si accosta con evidente pudore. Non sa nulla dell'Africa, lui, ma sa tanto di lei, sa quanto l'amore sia vero nel momento in cui ci appaga della sola felicità della persona amata. Ed allora la sua richiesta, la richiesta disperata di lei, diventa un ordine, cui sacrificare tutto. Solo per la felicità di lei. Ed è lei, a questo punto, a non capire nulla. In amore nulla si deve dare in cambio, neanche per gratitudine, perché nulla è scontato e niente deve essere banale. Così un film bellissimo scivola su un finale che lo ridimensiona e non ne fa, come letto da più parti, il miglior film italiano degli ultimi anni ("Teatro di guerra" di Mario Martone gli è indubbiamente superiore). Ma lascia dentro tanto, da quelle (tantissime, elargite a piene mani) inquadrature perfette, belle da mozzare il fiato, come quella del sogno di lei, a quella musica che parla, da sola, più di mille parole.