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Amici e vicini - Your friends and neighbors
Anno: 1998
Regista: Neil Labute;
Autore Recensione: Federica Arnolfo
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 18-02-1999


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Amici e Vicini
Di Neil Labute
Con Amy Brenneman, Aaron Eckhart, Catherine Keener, Nastassja Kinski, Jason Patric, Ben Stiller

Curioso come a volte un film possa ricordare un romanzo apparentemente lontanissimo: nel suo ultimo "Bag of Bones" Stephen King fa scoprire al suo protagonista come a tutti i bambini di un determinato paese siano stati imposti nomi simili. Frutto di un maleficio, in quel caso...
I tre uomini e le tre donne al centro dell'ultimo film di Neil Labute si chiamano Jerry, Terry, Barry, Mary, Cary e Cheri. Anche qui, sembra ci sia sotto una strana forma di maleficio, un qualcosa che impedisce alle persone di amarsi e di capirsi, un qualcosa che le rende maledettamente simili (sì, proprio come i loro nomi) nella loro incapacità di uscire dalle meschinità e piccolezze di tutti i giorni, nella impossibilità di liberarsi di un ruolo che le convenzioni sociali gli hanno appiccicato addosso. Eccoli lì, tutti davanti allo stesso quadro, a pronunciare tutti le stesse banali e convenzionali riflessioni sull'arte contemporanea. Eccoli lì, tutti e sei pronti a parlare di sesso sesso e ancora sesso e così incapaci di goderne, soprattutto per quello che il sesso ha in sé di liberatorio e anticonvenzionale.

Barry e Mary vivono un matrimonio che si tira stancamente avanti sa solo, ed incapaci entrambi di prenderne coscienza si rifugiano uno nelle pratiche masturbatorie, l'altra tra le braccia del comune amico Jerry, inconcludente e logorroico professore stile Woody Allen ma totalmente privo della di lui sferzante autoironia, col quale consuma rapporti tanto frettolosi quanto infruttuosi. Terry, stanca delle troppe ed inutili chiacchiere del fidanzato Jerry, si rifugia nell'omosessualità intrecciando un rapporto con Cheri. E Cary, il bello del gruppo, arriva a confessare ai due attoniti amici (Barry e Jerry, se avete perso il filo) che il miglior rapporto avuto in tutta la sua vita è stato con un ragazzino violentato ai tempi del liceo.

In tanta affilatissima cattiveria ed antipatia, dirette con estrema intelligenza e misura (a dimostrazione che si può comunicare con grande efficiacia il senso di vuotezza che pervade molte esistenze umane senza mai scadere nel volgare o nel rivoltante), si riesce tutto sommato a salvare, forse, il personaggio di Terry, perché lucidamente affonda la lama lì dove la piaga è più profonda, e cioè nel fatto che si parla parla parla, sempre e comunque a vanvera, e perché, come non mancherà di far notare all'insulso fidanzato, lei è effettivamente l'unica a cercare qualcosa (qualcuno) fuori dalla ristretta e angusta (ancorché confortante e sicura) cerchia degli "amici e vicini".

E il vero grande assente del film è, ovviamente, l'amore, quello vero, quello che rende veri i rapporti tra le persone. Tanto da far suonare come amara ironia, ennesima stilettata di questo impietoso regista, quello "stringimi" vergato da Mary sulla prima pagina del libro che dà a Jerry in apertura di film. Verrebbe da dire "continuiamo così, facciamoci del male", se questa frase nell'immaginario collettivo dello spettatore italiano non fosse legata alle vacue riflessioni dolciarie di uno dei nostri più sopravvalutati registi.