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Salvate il soldato Ryan - Saving Private Ryan
Anno: 1998
Regista: Steven Spielberg;
Autore Recensione: Sonia Del Secco
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 14-11-1998


Christa Wolf scriveva: "Che cosa ci interessa

Christa Wolf scriveva: "Che cosa ci interessa? Niente di meno che la completa programmazione di quell'ordine cronologico che gli esseri umani hanno caricato dell'antiquata parola VITA…".

Spielberg dice lo stesso e anche lui come la Wolf si serve della Storia per parlare dell'argomento, o forse è la Storia che si serve di Spielberg e della Wolf. Fatto stà che in Unter den Linden come in Salvate il soldato Ryan si parla della guerra e dunque della morte ma soprattutto della vita, del valore relativo che questa ha a seconda di chi la porta. (Una specie di cappotto)

In guerra si sa la cosa più importante è salvarla la vita: la propria prima di tutto, qualche altra poi o talvolta qualche altra prima (in genere non tante più di due) la propria poi. Alla fine non è detto che vincerà chi si sarà salvato, ma le regole sono così spesso complicabili… poi c'è il valore che dall'alto si vuole dare alle cose in genere, in quel caso alla 'cosa' vita e per esempio si sa bene che dall'alto arriva l'ordine di valutare più preziose le vite umane rispetto a quelle animali e vegetali chissà poi come mai… verrebbe da dire che lassù ridendo e scherzando si sia creata una forma d'ingiustizia consolidata.

Salvate il soldato Ryan è un film storico anche un po' splatter per via di quei fastidiosi arti che si staccano colpa delle solite bombe, dovrebbero costringere i bambini a vederlo almeno una volta, rigorosamente al cinema, splatter per splatter almeno saprebbero meglio distinguere sul libro di storia cosa sottolineare. E poi io sono per il far pensare con ogni mezzo il bambino, anzi anche l'adulto, non può fargli troppo male dopotutto.

Ryan, un soldato belloccio, in mezzo a migliaia di altri soldati, riceve l'onore di essere riportato in patria per un caso fortuito. Una segretaria addetta a battere a macchina il doloroso avviso (comunque gentile) alla signora Ryan della morte di un suo figlio, si accorge che lo stesso cognome lo aveva già scritto qualche tempo prima e allora fa sapere ai capi che i Ryan hanno quattro figli, di cui tre morti in guerra. Alla notizia c'è un attimo di silenzio poi l'odine: salvate il soldato Ryan! Un intero plotone di ben otto ragazzi scampati alla morte partono alla ricerca del povero Ryan. Nel "tempo libero", ovvero tra una tragedia e l'altra, si divertono a scommetere su chi tra loro farà dire al capitano che mestiere faceva prima della guerra. La posta in gioco sale e sale, fino a che in un momento di forte tensione, quando qualcuno (uno di loro) rischia ancora di morire, dopo tanti morti e in mezzo a tanti morti, il capitano decide di far finire quel gioco e informa i presenti che faceva l'insegnante, prima, e che aveva una moglie a cui vorrebbe aver il coraggio di raccontare di aver salvato almeno Ryan. Che poi è più o meno la stessa frase che si sentiva in voce off in Schindler's List.

Paradossalmente quanto più la posta in gioco è alta tanto meno vale l'uomo agli occhi dell'uomo. Uccidere uno sconosciuto è diverso che uccidere uno di cui sai il mestiere. E allora è un problema di quotazioni o di comunicazione forse occorrerebbero diecimila traduttori simultanei e ognuno di fronte al nemico dovrebbe alzare le mani e gridare il suo nome e il suo cognome e magari raccogliere il fiato per raccontare di quella volta al mare con Eugenio e della mamma Stella e del fratello Andrea, sempre preso a studiare e di quella moto mai comprata e delle sere, di tutte le sere che ci saranno…

Sonia Del Secco