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L'eternita' e un giorno Anno: 1998 Regista: Theo Angelopoulos; Autore Recensione: Marcello Testi Provenienza: Francia; Grecia; Italia; Data inserimento nel database: 10-11-1998
Forse il cinema europeo può talvolta cessare di
avvilupparsi e forse anche all'interno del suo recinto ci sono
occasioni di salvezza, fra i codici che troppo spesso producono opere
ruffiane, ricche di emozioni montate a neve, si può sperare di
far passare fogli di carta vetrata che creino attrito e sprigionino
energia e calore vero.
Sarà l'ottimismo obbligato dalla disperazione, oppure
sarà la rarità di incontri almeno un po' eccezionali
che ci spinge a sopravvalutare questo film, ad accoglierne a braccia
aperte i difetti, tra cui un esibizionismo infantile e tenero (alcuni
pezzi di bravura sono "sprecati", eccessivi per la vicenda
raccontata).
Ma non è solo benevolenza elargita dalle nostre non capienti
riserve... Il film ha effettive qualità, sia visuali che
narrative, anche se queste ultime sono diluite in una trama
altalenante, coinvolgente solo in ben studiati punti "alti", tra cui
sono sicuramente memorabili lo sfioramento del confine albanese
(territorio di vite non solo metaforicamente sospese) ed il crescendo
finale verso la sublimazione della parola, anzi delle tre parole che
vanno a costituire il discorso "inferto" dal bambino che lo
accompagna nel corpo e nei ricordi che ormai sfuggono al
protagonista, Aleksandros.
"Poeta" - "Straniero" - "Troppo tardi"
Tre vocaboli depurati e infine urlati al mare, denudati proprio
grazie all'immagine, che senza "poverismi" e con giuste dosi di sogno
ne mostrano grazie a disegni anche emozionanti il significato
radicale, la semplicità semantica e le crudezze che implicano,
al di qua degli slittamenti lessicali che oggi dovrebbero farci
digerire ed eventualmente approvare l'immorale rinuncia ad affrontare
i cambiamenti, le migrazioni, gli scambi simbolici.
Questa linearità è la conquista finale di Aleksandros,
il cui sguardo ha infine reimparato a muoversi non solo a ritroso
nella memoria, ma anche scivolando nella città (soprattutto
nella sequenza ambientata su un bus), aspettando l'incontro con i
segni del tempo, qui disegnati come monosillabi concettuali e visivi
(la parola - ! -, la musica, la lotta, la danza, l'amore).
L'orizzonte è così riconquistato e speriamo che sia
beneaugurante.
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