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L'eternita' e un giorno
Anno: 1998
Regista: Theo Angelopoulos;
Autore Recensione: Federica Arnolfo
Provenienza: Francia; Grecia; Italia;
Data inserimento nel database: 09-11-1998


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L'eternità e un giorno
Di Theo Angelopoulos
Con Bruno Ganz, Fabrizio Bentivoglio, Isabelle Renauld

Bruno Ganz. L'angelo e il bambino. Sono passati 11 anni, ma come non pensare a Damiel mentre viviamo l'ultimo giorno di Alexandros, scrittore greco malato di cancro che dopo aver speso una vita nell'arte, sembra capirne il senso (sembra trovare le parole) solo in questo suo ultimo giorno, grazie ad una lettera della moglie morta da anni e al volto splendido di un bambino albanese come lui solo al mondo?
Angelopoulos pensava a Mastroianni, per questa parte. Ironia della sorte, è stata proprio la morte ad impedirglielo. Sarebbe stato tagliato per il nostro Marcello, questo ruolo, ma la scelta dell'attore tedesco non poteva essere più indovinata. Bruno Ganz è bravissimo, intenso, capace come pochi di comunicare con delicatezza e quasi con pudore il suo lacerante dramma interiore. Alexandros è un uomo in viaggio, tema caro al regista greco. Sta camminando verso l'eternità, e ripensa ad un giorno particolare della sua vita, al mare con la moglie e i parenti, la figlia appena nata. Le parole toccanti della moglie lo guidano nei ricordi ("Sono solo una donna innamorata"), lo aiutano a capire. Intanto incontra un bambino albanese, cerca di riportarlo nella sua terra, e gli racconta di quel poeta greco che studiò in Italia e che poi quando tornò nella sua terra dovette comprare le parole che non conosceva per poter continuare la sua arte (è il grande autore dei "Sepolcri" il poeta di cui si parla Alexandros, nativo di Zacinto, interpretato in modo essenziale da Fabrizio Bentivoglio). Restano insieme fino al sopragiungere della notte, poi si devono separare. "Molti tardi" dice il bambino. "Molto tardi", ripete Alexandros. "Quanto dura il domani?" chiede Alexandros alla moglie. "L'eternità", gli risponde lei, bisbigliando. "L'eternità e un giorno...".
Angelopoulos gira nello stile cui ci ha abituati, attraverso lunghi e suggestivi piani sequenza, dove predominano i colori del grigio e del bianco e le luci del tramonto, luci che si accendono improvvise nei ricordi di Alexandros di quella giornata al mare di cui parla la moglie nella sua lettera.
Se è possibile raccontare una poesia con film, ecco, Angelopoulos ci riesce perfettamente.