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Train de vie Anno: 1998 Regista: Radu Mihaileau; Autore Recensione: Federica Arnolfo Provenienza: Francia; Belgio; Olanda; Data inserimento nel database: 22-09-1998
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Train de vie
di Radu Mihaileau
Con Lionel Abelanki, Rufus, Clément Ararai, Marie-José Nat
Si può scherzare su un tema atroce e troppo poco
"passato" per essere stato completamente filtrato dalla memoria
come quello dell'Olocausto? E' quanto ci chiediamo già dallo scorso
anno dopo aver visto "La vita è bella" di Benigni, bello
e difficile, triste ed amaro nonstante l'ironia cui il "terribile toscanaccio"
ci ha abituati da tempo.
Ma attenzione, perché il parallelo tra il film di Benigni e questo
sorprendente "Train de vie" finisce qui, ché pure lo stile
comico è diverso, tanto è lubitschiano l'uno, quanto è
chapliniano l'altro.
Ambientato nel 1941, il film di Mihaileau racconta degli abitanti di un
villaggio ebraico dell'Europa dell'Est che per sfuggire ai nazisti comprano
un treno e simulano una deportazione in piena regola: un vero teatro su
un treno, dove ognuno recita un ruolo, quello del deportato o quello del
nazista. E - spesso - finisce per confondersi con esso, creando situazioni
a metà strada tra il comico e il tragico: le battute fioccano, e
la comicità yiddish (che consiste in "quell'allegria triste,
quel gusto per la battuta e l'autoderisione, quella continua commistione
di difetti e qualità, di stupidità e intelligenza, di perfetto
e imperfetto che crea esseri umani sublimi", spiega il regista), per
quanto a noi possa essere lontana, ci entra dentro e ci fa ridere (e piangere)
inquadratura dopo inquadratura. Fino al coraggioso ed agghiacciante finale.
Un bellissimo film, una vera boccata d'aria fresca in una Mostra del
cinema mai come quest'anno avara di capolavori (lo stesso Scola, dopo aver
fatto il diavolo a quattro per far vincere il Leone d'oro ad Amelio, ha
dovuto ammettere che "non era un capolavoro"), tanto che non si
capisce né perché sia stato proiettato in un orario totalmente
infelice (all'ora di pranzo, in sala Palalido ci saran state ad esagerare
duecento persone) né, soprattutto, perché non sia stato collocato
tra i film in concorso. Forse perché avrebbe rischiato di vincere?
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