Kichiku dai enkai (Kichiku - La grande festa del diavolo)
di Kazuyoshi Kumakiri; sceneggiatura e montaggio Kazuyoshi Kumakiri; fotografia Kiyoaki Hashimoto; scenografia Satoko Yasui; musica Akainu; suono Tomohiro Zaizen; interpreti Sumiko Mikami (Masami), Syunsuke Sawada (Okazaki), Shigeru Bokuda (Kumagaya), Toshiyuki Sugihara (Sugihara); produttori Kazuyoshi Kumakiri, Tomohiro Zaizen; produzione Oni Productions; origine Giappone, 1997, colore, 16 mm., 112'
È il film che sarà ricordato per la rappresentazione delirante della violenza. La sequenza di brutalità nei confronti dei corpi, ricca di momenti di puro splatter, con cervelli spappolati che friggono o scoppiettano sotto i colpi mortali di un fucile, o cuori che continuano a pompare sangue in organismi devastati, e interiora calde abbracciate e baciate con furore. Sangue, vomito a fiumi. È un delirio sull'onnipotenza dell'uomo, quando ha in mano un'arma e può infierire in mille modi diversi sulla vittima, quasi sperimentando la reazione dei corpi, gli effetti delle mutilazioni. È davvero un vuoto di valori che scatena il raptus omicida, che pretende sempre nuove vittime e violenze sempre più spietate e crudeli. L'estetica dei corpi macellati non è fine a se stessa, tanto è vero che Kumakiri non sdrammatizza mai l'azione, rendendola sempre più cupa. Insomma una via, quella dei suoi protagonisti, che non lascia speranze, che porta dritto senza moralismi di sorta verso l'autodistruzione.
Bellissime le scelte registiche che ritraggono spazi sempre molto angusti, compresi gli esterni del bosco. Spazi oscuri (perfette le luci della fotografia), sporchi, dove i protagonisti, mangiano, bevono e fanno sesso.