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La vie sur terre
Anno: 1998
Regista: Abderrahmane Sissako;
Autore Recensione: Andrea Caramanna
Provenienza: Francia; Mali;
Data inserimento nel database: 09-09-1998


Tao 98
Visto a TaoCinema 98La vie sur terre (La vita sulla terra)

di Abderrahmane Sissako; sceneggiatura Abderrahmane Sissako; collaborazione artistica Marie Jaoul de Poncheville; fotografia Jacques Besse; montaggio Nadia Ben Rachid; musica Salif Keita, Anouar Brahem e altri; suono Pascal Armant; interpreti Abderrahmane Sissako (Dramane), Nana Baby (Nana), Mohamed Sissako (padre di Dramane), Bourama Coulibaly (fotografo), Keita Bina Gaoussou (fattorino), Mahamadou Dramé (impiegato postale), Moussa Fofana (ospite alla radio), Keita Kagny (amico del fotografo); produttori Carole Scotta, Caroline Benjo; produzione Haut et Court, La Sept Arte; origine Francia-Mali, 1998, colore S16mm. gonfiato in 35 mm., 61'

Della serie "Il 2000 visto da…" cui fanno parte 10 film prodotti da La Sept Arte e Haut Court e commissionati ad altrettanti cineasti di tutto il mondo - tra i quali ricordiamo il bellissimo The Hole di Tsai Ming Liang - La vita sulla terra è l'episodio africano.

Anche in questo caso la data fatidica di fine secolo e millennio è svestita da ogni fascinazione, che si rivela esclusivamente simbolica. Mentre nell'Europa occidentale, l'Europa ricca, ci si prepara all'evento e a Parigi la torre Eiffel scandisce i minuti e i secondi che mancano all'anno 2000, in Africa la vita si svolge nella sua quotidianità millenaria.

Piuttosto gli abitanti di un villaggio, il paese natale del protagonista Dramane, sono occupati a risolvere i piccoli grandi problemi. Come riuscire a fare una telefonata per raggiungere una persona cara al di fuori del villaggio, o ripararsi dalla luce del sole, rifugiandosi in una striscia di ombra che col passare delle ore inevitabilmente si assottiglia. I segni del progresso sono quasi impercettibili. Una radio precaria comunque allieta il villaggio con la musica trasmessa, l'ufficio delle poste e telefoni non è proprio attrezzato con gli ultimi ritrovati della tecnologia (la linea telefonica cade in continuazione), un fotografo utilizza una vecchia macchina fotografica dei primi del novecento. Ma che importa? A che serve tutta quella tecnologia? Forse solo per il piacere di desiderarla, come capita ad alcuni abitanti di fronte alla pubblicità di una macchina sportiva vista su una rivista.

L'"evento 2000" da queste parti proprio non esiste. Eppure la sensazione è che questa umanità sia costretta a scomparire, che il suo destino sia ormai inevitabilmente legato allo sviluppo dei cosiddetti paesi ricchi che condiziona la vita sull'intero pianeta, come già era successo per la brutale colonizzazione avvenuta nel passato e di cui molti paesi africani conservano intatta e dolente memoria.

La vita sulla terra è un'opera estremamente dolce, che ispira a noi occidentali, non solo una profonda nostalgia per qualcosa che abbiamo perso (vorremmo che il tempo scorresse per noi come per gli abitanti di questo villaggio, senza nevrosi), ma anche il senso di colpa per le sofferenze impartite nel passato nel periodo vergognoso della colonizzazione, e per l'arroganza sottolineata dai versi poetici di Aimé Césaire (appartengono forse alla sua opera "Discorso sul colonialismo"), del sistema economico occidentale che cerca di penetrare ovunque corrompendo cuori innocenti. La vie sur terre non è affatto un film di denuncia, è semplicemente un ritratto gioioso delle forme dei corpi, della luce e i colori dell'Africa.