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He got game
Anno: 1998
Regista: Spike Lee;
Autore Recensione: Federica Arnolfo
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 04-09-1998


Untitled Document Visto a Venezia 98He Got Game
regia Spike Lee; sceneggiatura Spike Lee; fotografia Malik Hassan Sayeed; musica Aaron Copland, Public Enemy; interpreti Denzel Washington, Ray Allen, Milla Jovovich, John Turturro; USA, 1998 35mm, colore 136'

La scorsa stagione cinematografica ci ha regalato moltissime immagini che difficilmente cancelleremo dalla memoria.
Una che le vale tutte, è quella del grandissimo John Turturro in "The Big Lebowski", con la palla da bowling in mano. E' un flash, è la prima cosa che mi viene in mente quando inizia questo "He Got Game", con Denzel Washington che ha una palla in mano. E' un pallone da basket, ma poco importa, l'immagine è scattata. E l'associazione torna prepotente quando nel secondo tempo del film compare proprio lui, Turturro. Con il pallone da basket in mano. Sono solo 5 minuti, ma valgono il film.
Spike Lee si cimenta con un tema nuovo, all'apparenza più leggero: quello dello sport, e del basket in particolare. Ci racconta di Jake (Denzel Washington), che sta scontando venti anni di carcere per omicidio (della moglie, colposo, si scoprirà nel corso della storia). E di suo figlio, Jesus (ma non si chiamava così anche il personaggio intepretato da John Turturro nel film dei Coen?), diventato capofamiglia troppo in fretta, costretto a crescere troppo in fretta, e nonostante tutto rivelatosi ciò che suo padre aveva sempre voluto che lui fosse, un gran campione di basket. Jesus è in un momento cruciale della sua vita, sta per terminare il liceo e deve decidere a quale università iscriversi. Tutti lo vogliono, date le sue qualità, tutti fanno pressioni su di lui. Compreso il padre, che viene rilasciato per una settimana per convincere il figlio a decidersi per un'università gradita al governatore, dietro la promessa di una riduzione sulla pena. Una settimana di tempo, una settimana in cui padre e figlio hanno modo di ripensare il loro rapporto, di capirsi e di capire se il perdono può dare una nuova speranza alle loro vite.

Un film importante, a tratti fortemente autobiografico, molto ben girato, indovinatissimi i protagonisti (Ray Allen, nel ruolo di Jesus, è un vero giocatore di basket), paga tuttavia una certa prevedibilità di fondo (come può finire questa storia purtroppo lo si intuisce già dopo la prima mezz'ora) e un tono troppo elegiaco dal quale Lee sembra non riuscire a liberarsi. Ma è sicuramente la migliore delle sue opere da qualche tempo a questa parte, e si potrebbe anche uscire dalla sala soddisfatti, se il film terminasse una decina di minuti prima. Andatelo a vedere, e uscite dalla sala quando la mdp inquadra Ray Hallen nel campo da basket con la lettera di iscrizione all'università ai suoi piedi: farete la cosa giusta.