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Salvate il soldato Ryan - Saving Private Ryan
Anno: 1998
Regista: Steven Spielberg;
Autore Recensione: Federica Arnolfo
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 03-09-1998


Untitled Document

Visto a Venezia 98Saving Private Ryan
di Steven Spielberg
sceneggiatura Robert Rodat, Frank Darabont, Scott Frank; fotografia Janusz Kaminski; montaggio Michael Kahn; musica John Williams; interpreti Tom Hanks, Tom Sizemore, Edward Burns, Matt Damon; colore, 170', USA, 1998

 

Un uomo anziano si inginocchia, commosso, di fronte ad una serie di lapidi bianche in memoria ai caduti della Seconda Guerra Mondiale. La macchina da presa si muove lentamente. Le lapidi, ordinate ed in fila, sembrano tanti soldati in allineamento. Finché uno stacco, brusco e potente, non ci spinge indietro di 44 anni, all'epoca dello sbarco in Normandia. Ci spinge di peso, con forza, sul campo, nelle trincee, in mezzo alla battaglia, al sangue, alla polvere, alle urla dei soldati straziati, quelli ai comandi del capitano Miller (Tom Hanks). Per 40 minuti siamo lì con loro che combattono, non riusciamo a staccare gli occhi dallo schermo, e assistiamo impietriti a scene di una crudezza e di un realismo incredibili, guardiamo il mare tinto di rosso e ascoltiamo il lamento di uomini in agonia che invocano la mamma. Torniamo in America, e vediamo una serie di telegrammi che sta per partire. Portano notizie di morte, annunciano i nomi dei caduti. Tutti uguali, a cominciare dal primo, quello che scrisse secoli addietro Abramo Lincoln. Telegramma su telegramma, si scopre che una madre dei quattro figli in battaglia ne ha persi tre, e che il comando militare decide di impegnarsi per rimandarle almeno a casa il quarto. James Ryan (Matt Damon). Sarà la squadra del capitano Miller che lo andrà a cercare. Sarà la squadra del capitano Miller, con immani sacrifici, a trovarlo, dopo ben due ore di film.

Il personaggio interpretato da Matt Damon ("L'uomo della pioggia", "Will Hunting - genio ribelle") dà il titolo al film, ma il vero grande interprete di questo straordinario documento (ché questo è, assai più che un film) a firma Steven Spielberg è Tom Hanks: intenso, vero, commovente, ci offre delle scene indimenticabili, delle espressioni che vanno dal pianto al riso per tornare al pianto, ci disegna il profilo di un uomo dilacerato, che ha lasciato moglie e figli e la scuola dove insegnava per servire la patria. Un grandissimo attore per un film bellissimo, profondo, difficile, che non vuole e non può lasciare indifferenti. Talmente bello e potente che si può anche chiudere un occhio su alcuni difetti, quali sono le macchie di sangue sul vetro della mdp, vezzo di cui francamente Spielberg poteva fare a meno, e sui tanti, a volte troppi luoghi comuni sugli "americani buoni" e i "tedeschi cattivi". Il tono da "arrivano i nostri" a volte può infastidire, ma nel complesso non disturba più che tanto.
Semmai, mi viene da pensare di Spielberg quello che ho sempre pensato, sin da prima che tentasse la via del cinema impegnato: che cerca troppo la perfezione, confezionandoci dei film impeccabili, senza sbavature, facendoci versare tante lacrime (quanti di noi non hanno pianto guardando "ET"?), senza mai però riuscire a togliersi di dosso quell'aria da "primo della classe" che sa fare bene il suo compitino ma...
Quale che sia, questo film va visto. Dalla prima all'ultima inquadratura, va vissuto, sentito, sofferto. Va proiettato nelle scuole. E va "meritato". Come quell'anziano uomo triste che ci guarda in macchina nell'ultima inquadratura del film.
Un grande inizio per la 55a Mostra del Cinema di Venezia.