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Kanzo Sensei - Dr.Akagi Anno: 1998 Regista: Shoei Imamura; Autore Recensione: Marcello Testi Provenienza: Giappone; Data inserimento nel database: 14-08-1998
Visto al
51 Festival Internazionale di Locarno
Kanzo Sensei
di Shoei Imamura
sceneggiatura Shoei Imamura, Daisuke Tengan; fotografia Shigeru
Komatsuaba; montaggio Hajime Okayasu sonoro Kenichi Benitani; musica Yosuke
Yamashita; interpreti Akira Emoto, Kumiko Aso, Jyuro Kara, Jacques Gamblin;
Giappone-Francia, 1998, 35mm, col., 128'
Film ricco di metafore funamboliche e sensi in movimento.
Un medico è talmente ossessionato dalle patologie epatiche, da meritarsi
infine un riconoscimento da parte della comunità scientifica; ma non
basta, occorre dimostrare la natura virale dell'epatite e perciò si
usano strumenti di fortuna, tra cui un microscopio donato da un paziente
riconoscente e un proiettore preso in prestito da una sala cinematografica
per fornire la necessaria illuminazione.
Una commedia leggera? No, manca un piccolo particolare: la vicenda è
ambientata nell'estate del 1945, mentre il Giappone era rimasto solo nella
sua guerra contro gli USA, tratteneva ancora prigionieri alleati (come del
resto facevano anche gli americani nei campi di prigionia per i giapponesi)
e lanciava proclami per rinfocolare lo spirito battagliero per una vittoria
già impossibile, in seguito, poco dopo, cancellata definitivamente
da Hiroshima e Nagasaki.
Un po' tutti i partecipanti all'impresa e alle disavventure del medico assumono
dunque un valore simbolico ed esemplare, paradigmi di un momento storico
drammatico che inoltre era stato poco frequentato dai giapponesi stessi,
almeno nel suo "prima" (il dopo ha prodotto mostri...): la prostituta che
prima diventa assistente e poi comincia a nutrire ammirazione incondizionata
per il piccolo dottore; il prigioniero olandese torturato nel campo e
curato dal medico, ottenendo in cambio una consulenza sull'illuminazione
del microscopio; il collega chirurgo morfinomane, autore, proprio sul prigioniero
malconcio, di una sutura rocambolesca; il bonzo alcolizzato; e intorno un
paese e delle isole attraverso le quali correre freneticamente, per curare
l'epidemica epatite che ossessiona il protagonista.
Sembra uno specchio iperbolico della società che aveva fatto disperare
Mishima, ma Imamura non si abbatte più di tanto e anzi segue con un
certo affetto il suo gruppo di devianze, più preoccupato (giustamente)
degli ottusi slogan imperiali, dell'inutile violenza verso gli internati
e di una gerarchia che aveva ormai perso qualsiasi carattere normativo per
costituire semplici sacche di privilegi e di piccole oppressioni.
Li segue con uno swing azzeccato che ritma musica e immagini, alternando
accelerazioni ai limiti della comica anni 10 con scivolamenti riflessivi,
indugi mai troppo compiacenti su personaggi e oggetti, che culminano con
la bellissima ed effimera struttura per far funzionare il microscopio alla
luce del cinema... Così si incontrano volta per volta i protagonisti,
si riuniscono e si separano offrendo con i loro naturali dialoghi spunti
altrettanto naturali di pensiero, occasioni d'idea.
Una caccia alla balena pericolosa e disvelante farà tornare a galla
i sentimenti e i sensi del medico, soffocati dall'ossessione epatica acuitasi
dopo la morte del figlio in guerra; Kanzo Sensei (il dottor fegato) riprende
a correre tra una casa e l'altra; malgrado le perdite degli amici, il
cammino può ricominciare come prima, insieme all'assistente ed amante
Sonoko: è il 6 agosto 1945, sull'orizzonte si alza una nube a forma
di fegato ipertrofico!
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