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Funny Games Anno: 1997 Regista: Michael Haneke; Autore Recensione: Federica Arnolfo Provenienza: Austria; Data inserimento nel database: 17-07-1998
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Una tranquilla e benestante famigliola tedesca, composta da Anna, Georg
e il figlio Georgi, si sta recando in vacanza nella casetta sul lago.
C'è in programma una partita a golf coi vicini per il giorno dopo
ma - prima avvisaglia che c'è qualcosa di strano nell'aria - i vicini
da lontano rispondono alle domande di Georg e Anna a monosillabi, quasi
fossero offesi per qualcosa.
Passa poco tempo, ed Anna è in cucina a preparare il pranzo. Un giovanotto
cicciottello sui vent'anni bussa alla porta del villino, si presenta come
un amico di famiglia dei vicini, e chiede ad Anna delle uova. Ma come ha
fatto ad entrare il ragazzo se il cancello del villino è chiuso?
Da questo banalissimo e quotidiano episodio (quante volte ci ha suonato
un vicino per chiederci dello zucchero, del pane etc?) prende inizio un
incubo pazzesco: il giovanotto beneducato ha un compare più o meno
coetaneo che si affaccia al villino immediatamente dopo e i due, in un crescendo
di violenza tanto gratuita quanto poco comprensibile (ed il fatto che il
regista faccia accadere le scene più truci fuori dal campo visivo
non rende affatto le cose più semplici, anzi fa aumentare se possibile
l'angoscia) tengono sotto scacco la famiglia al completo e si sforzano di
cercare, continuamente, la complicità del pubblico (il più
scaltro dei due, Paul, ammicca spesso e volentieri alla mdp, e più
volte si rivolge allo spettatore dandogli del tu). Forse con questo artificio
il regista intendeva rendere la vicenda meno credibile, più "teatrale"
e palesemente finta. Forse intendeva "giocare" con gli spettatori
spiattellandogli fin dal principio quali fossero tutte le regole del gioco
(salvo poi cadere in ingenuità disarmanti: perché per esempio
nessuno della famiglia chiede ai due giovani, prima che inizi l'incubo,
perché mai indossano dei guanti?). Fatto è che secondo me
lo spettatore già dopo la prima mezz'ora del film decide che non
ha nessuna voglia di partecipare. Un gioco, se di gioco si tratta, per essere
accattivante anche quando il prezzo può essere la vita di uno o più
dei protagonisti non puo' essere così scoperto, così ingenuo,
cosi' banale. Lo spettatore non può e non vuole sentirsi trattare
da perfetto imbecille. Perciò, dove riusciva "Scream",
geniale nella sua idea di meta-film, non riesce questo "Funny Games".
Nemmeno nella trovata più geniale del film (Anna riesce, in un momento
di distrazione di Paul, ad afferrare un fucile e ad ammazzare Tom ma Paul,
per nulla scoraggiato, afferra un telecomando e letteralmente rimanda indietro
la storia - facendoci letteralmente ingoiare il seppur meschino sospiro
di sollievo appena emesso) si riesce ad eguagliare la grandezza di Wes Craven
che nel finale di "Scream" fa sì che una delle ipotetiche
vittime telefoni all'assassino rovesciando il gioco delle parti.
L'unica cosa che mi è venuta da pensare appena uscita dalla sala
è che non mangerò uova per almeno due mesi!
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