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Buffalo 66
Anno: 1998
Regista: Vincent Gallo;
Autore Recensione: Giampiero Frasca
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 06-07-1998


Sembra l’inizio di Blues Brothers 2000: Vincent Gallo esce di prigione dopo aver scontato cinque anni per un crimine (lo si saprà in seguito) che non ha commesso

Buffalo 66

Tit. or.: id.; regia: Vincent Gallo; soggetto: Vincent Gallo; sceneggiatura: Alison Bagnall, Vincent Gallo; fotografia: Lance Acord; musiche: Vincent Gallo; scenografia: Gideon Ponte; montaggio: Curtiss Clayton; prodotto da: Chris Hanley, Michael Paseornek; cast: Vincent Gallo (Billy Brown), Christina Ricci (Layla), Anjelica Huston (Janet Brown), Ben Gazzara (Jimmy Brown), Mickey Rourke (Bookie), Kevin Corrigan (Goon), Rosanna Arquette (Wendy), Jan-Michael Vincent (Sonny); produzione: Lions Gate Films Inc./Muse Productions; Usa, 1998.

Sembra l'inizio di Blues Brothers 2000: Vincent Gallo esce di prigione dopo aver scontato cinque anni per un crimine (lo si saprà in seguito) che non ha commesso. La differenza con Elwood Blues sta tutta nella consapevolezza: Vincent Gallo - alias Billy Brown, ma si possono confondere tranquillamente visto l'ingombrante autobiografismo presente nella storia - sa benissimo che nessuno sarà fuori ad aspettarlo per riportarlo a casa. Quello che per Elwood è una triste scoperta, per Gallo è una cocente conferma. E tutto il film ruota intorno a questo iato incolmabile tra aspirazioni e realtà dei fatti: Gallo, così come - sostiene lui - nella sua vita reale, ha una famiglia che lo ignora; la madre (Anjelica Huston) troppo occupata a sostenere la squadra di football dei Buffalo (al punto da imputare al figlio ed alla sua nascita la responsabilità dell'unica partita persa in tanti anni di onesto tifo), il padre (Ben Gazzara) freddo, distaccato ed incurante (quando addirittura non crudele, come nel caso, visto in flasback, in cui "si sbarazza" del cucciolo di cane amato da un Gallo ancora bambino). In mezzo a tutta questa carenza di sentimenti il personaggio di Billy Brown, costretto a rapire e costringere una ragazzina dolce e rotondetta (Christina Ricci, anche lei proveniente da una famiglia un po' particolare, quella degli Addams) a simulare di essere la sua soddisfatta ed innamoratissima consorte, così, solo per fare in modo che la particolare coppia di genitori non lo consideri un fallito e riveda almeno di poco il modo di valutarlo. La sequenza a casa della famiglia Gallo-Brown diventa quindi centrale nell'economia filmica: piani fissi - ma disposti circolarmente intorno al tavolo della cucina - che inquadrano sempre tre personaggi per volta, sottolineando la loro incapacità all'avvicinamento, al contatto, alla semplice parola che unisca anche solo verbalmente. Intorno, un ambiente curato nei minimi particolari significativi: televisore costantemente acceso sulla partita dei Buffalo (che catalizza oltremodo l'attenzione della madre), interi mobili consacrati al culto della stessa squadra di football, un'unica foto di Billy-Vincent bambino in mezzo ad interi album dedicati ai ritratti dei campioni sportivi tanto amati dalla madre. Buffalo '66 è un film sulla mancanza legittima degli affetti e sull'aspirazione a colmare le proprie lacune. Ma è anche un invito a guardarsi attorno e a trovare ciò che si cerca in quello che apparentemente si valuta meno. Primo film da regista per l'iperattivo Vincent Gallo (oltre all'attore cinematografico svolge l'attività di modello, pittore, poeta, e musicista - sue molte delle musiche della colonna sonora); lo sfondo della vicenda, come si diceva, è autobiografico ed in questo risiede l'intercambiabilità dei nomi tra il personaggio e l'attore che lo (si) interpreta. Un film interessante, molto ben scritto in funzione della trasposizione in immagini, diseguale nello stile (ellittico e nervoso nella prima parte - grazie anche all'opera di Curtiss Clayton, abituale montatore di Gus Van Sant, tranne nell'ultimo Will Hunting, genio ribelle -, simmetrico e più lineare nella seconda). Un film sincero quello di Gallo, sentito affettivamente (anche se per una sorta di rivincita), una specie di messaggio iconografico che sostituisce quello che le parole non sono mai riuscite a proferire. Alcune invenzioni poi sono veramente originali, anche se, a dire il vero un tantino ricercate: fra tutte occorre citare quella degli inserti soggettivi (illustranti i ricordi del personaggio) che prendono le mosse da una finestrella rettangolare che si apre dalla testa-mente di Vincent-Billy per ingrandirsi come tutto lo schermo mostrando la natura del suo ricordo; ma anche quella della sua immagine mentale finale, dove la fugacità della morte è mostrata nelle sue caratteristiche plastiche con tanto di sangue solidificato nello schizzare fuori da crani colpiti da armi da fuoco. Notevole anche l'utilizzo delle musiche, illustri, belle e quasi mai gratuite, come la riassuntiva Sweetness degli Yes a commentare i titoli di coda.