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Cosmos
Anno: 1997
Regista: Denis Villeneuve; André Turpin; Arto Paragamian; Marie-Julie Dallaire; Manon Briand; Jennifer Alleyn;
Autore Recensione: Giampiero Frasca
Provenienza: Canada;
Data inserimento nel database: 04-06-1998


Sei differenti storie ambientate nellíodierna Montreal, un mosaico composto da campioni di varia umanitý a contatto con la realtý dei fatti

Cosmos

Tit. or.: id.; regia: Jennifer Alleyn, Manon Briand, Marie-Julie Dallaire, Arto Paragamian, André Turpin, Denis Villeneuve; sceneggiatura: Marie-Julie Dallaire, Sebastien Joannette, Denis Villeneuve; fotografia: André Turpin; scenografia: Pierre Allard; montaggio: Richard Comeau; cast: Audrey Benoit, Pascal Contamine, Gabriel Gascon, Elise Guilbault, Marc Jeanty, Sebastien Joannette, David La Haye, Marie-France Lambert, Alexis Martin, Marie-Helene Montpetit, Igor Ovadis, Sarah-Jeanne Salvy; prodotto da: Roger Frappier; produzione: Max Films Productions Inc.; b/n; Canada, 1997; durata: 1h e 39'.

Sei differenti storie ambientate nell'odierna Montreal, un mosaico composto da campioni di varia umanità a contatto con la realtà dei fatti. Yanni cerca di distrarre il suo amico Joel che si deve sottoporre al test dell'Aids; un individuo gira indisturbato per la città nonostante sia un serial-killer; un giovane regista deve essere intervistato da un'emittente televisiva; due ex-fidanzati si ritrovano dopo tre anni, la donna si è rifatta il seno, mentre il ragazzo muore dalla voglia di vederlo; Aurora viene scaricata dal fidanzato la sera del suo compleanno, ma conosce un vecchio di nome Crepuscolo con il quale passa la serata; a fare da tessuto connettivo l'attività di Cosmos, tassista di origine greca interagente con tutti i personaggi e protagonista della vicenda conclusiva che ha per pretesto narrativo il furto della sua autovettura.

Cosmos è uno sguardo collettivo di sei giovani registi canadesi, riuniti da Roger Frappier, il produttore dei successi di Denys Arcand, sulla paradossale e caotica contemporaneità dell'esistenza. Ma Cosmos è anche il nome del tassista, il personaggio conduttore dell'intera narrazione, testimone, compagno, consigliere: ordinatore del mondo e dei suoi legami, concetto che rinvia al nome stesso del personaggio. Ma è proprio da questa considerazione che la visione d'insieme del film mostra il suo velato pessimismo di fondo. Il sistema ordinato che dovrebbe irradiarsi dal tassista è ossimorico fin dal principio a causa del suo stesso disordine esistenziale e fisico (sonni in auto disturbati dal sistematico sopraggiungere di un camion, barba perennemente incolta); il furto e la conseguente distruzione della sua auto, vero oggetto-attributo nel costante delinearsi di una fittizia organizzazione dell'esistente, è l'immagine (non a caso conclusiva, a dimostrazione quindi di un concetto) dell'impossibilità della verifica di un tale assunto. Ma la sfiducia risiede anche nella possibilità di un nuovo sguardo sulla realtà effettuale: uno dei vettori che indica quale sia l'itinerario da seguire per esplorare testualmente la pellicola è rappresentato dal gesto forte del guardare, azione evocata però in modo anomalo, non attraverso una descrizione data dal montaggio delle due facce della ricezione soggettiva formate dal vedente e dal visto, ma tramite emblemi dell'emissione dell'immagine in quanto tale, specchi, finestre, schermi televisivi. Gli autori, fedeli al loro ruolo, mostrano e raffigurano (la loro intenzione è rafforzata anche dai frequenti aggiustamenti di campo con cui avvicinano nuovamente la macchina da presa ai personaggi rappresentati, quasi a riconnettere una mondo che non deve assolutamente sfuggire di mano) una realtà non suscettibile di soggettivazione: i personaggi osservano raramente (cinque le soggettive in tutto il film e sempre funzionali al racconto), il loro cruccio è l'impossibilità di vedere e recepire concretamente. Cosmos diventa l'emblema di un mondo visto da una prospettiva definita in partenza che non consente esplorazioni ma solo l'annullamento della visione nel quadro che racchiude un intero universo. E di cui lo spettatore prende amaramente atto.