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Il pasto nudo - Naked Lunch
Anno: 1991
Regista: David Cronenberg;
Autore Recensione: Marcello Testi
Provenienza: Canada; UK;
Data inserimento nel database: 18-05-1998


I
  1. Non potrà essere girato un altro "Pasto nudo". Unica possibilità: il remake di un film di Cronenberg chiamato "I1 pasto nudo". Forse è sempre così, ma questa volta il "beat" trovato (cercato?) da Cronenberg è veramente imprescindibile.
  2. Weller/Lee/Burroughs (bellissimo) rimane costantemente in una zona d'ombra "artificiale", in cui fanno breccia talvolta visioni di luce incorniciate. La luminosità non riesce, però, a scalfire l'oscurità in cui tutti i personaggi sono calati.
  3. Sul tappeto volante creato da Ornette Coleman, l'inconscio di Lee si libra, esplodendo ed implodendo, come in una copula di estremi bunueliani.
  4. L'estetica del junkie è abilmente evitata, appena sfiorata, grazie a immagini molto "sexy" (vd. le sequenze in cui un insetto e Joan si fanno spalmare insetticida sulle labbra).
  5. Tutto il potere alla parola. Le (morbide) macchine per scrivere, tanto importanti per Lee e Tom Frost/Paul Bowles, non sono che agenti, mero strumento: malgrado le loro ansie comunicative e di controllo, non possono che godere ed eiaculare su "parole per cui vale la pena di vivere"; oppure sbranarsi vicendevolmente, essere torturate, il tutto molto "normalmente", con disciplina da "petit soldat", senza emozioni e con sangue che non sporca le mani, ma solo la carta. E a cosa servono le macchine, se non ad imbrattare fogli? Il potere alla parola significa anche mistificazione, tradimento, ambiguità e (parola chiave) ambivalenza. "Nulla è vero. Tutto è permesso." La parola è anche linea di confine tra realtà (?) e allucinazione, un filo sottile, quasi invisibile vella zona d'ombra (vd. II), su cui si muovono, in precario equilibrio, la narrazione, la vita di Lee, i suoi aneddoti "impossibili", impregnati di realismo carnale, molto vicini, evidentemente, alle idee e ai gusti di Cronenberg. Battuta di Lee quando gli si presenta l'opportunità di lavorare per la CIA: "Sì, potrebbe essere interessante lavorare nella risonanza."
  6. Dopo la "pioggia di sangue" di "Inseparabili" (dai camici dei gemelli alla chimera della fertilità), proprio il sangue è quasi assente in "Naked Lunch" (vd. V). Le ferite nella frronte di Joan Lee/Frost sono già cicatrici, prima che Lee si accorga di ciò che ha fatto. Gli insetti/macchina e i mugwump, più che sangue, producono umori.
  7. Le donne non sono umane, sono aliene. (vd. articolo di Rossana Rossanda su "il Manifesto" del 20/1/93, pag 11 - fearful simmetry! -). Sono agenti e, come le macchine, sono strumento (o modello, o materiale) per scrivere "rapporti". Ciò non si esaurisce nell'apparente misoginia. La figura femminile è in realtà ambivalente (vd. V): di fronte al suo essere oggetto sta una soggettività forte, attiva, gravida (non solo come ricettacolo) di "cose sporche", eccitanti. Solo la donna può affondare le mani nella morbida macchina e darle
  8. vita. E per fermare la donna non basta, lo sappiamo, un colpo di pistola: visse due volte, e chi può dire quante ancora vivraà, anche nonostante l'ipocrita repressione di una religione pseudo-cristiana al soldo dell"'Interzone inc."!
  9. Il finale no introduce solo prevedibili elementi di simmetria (indispensabili in un film costellato di insetti), ma lascia che il discorso di Burroughs collassi, de-componendosi, sovrapponendo, combinandoli, diversi piani di riflessione sullo scrivere e sull'arte. L'ultima (e prima) lacrima di Lee è forse la vera epifania di Burroughs, che per la prima (e ultima) volta "esce" dal personaggio e interpreta se stesso. Non piange la morte, piange di fronte alla sua opera, di fronte al "Naked Lunch" di Cronenberg, di fronte a Joan Lee, a Joan Frost, a Judy Davis. Piange, insomma, davanti a lucidi corpi, oggetti di un opaco, inestinguibile desiderio.