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La parola amore esiste
Anno: 1998
Regista: Mimmo Calopresti;
Autore Recensione: Giampiero Frasca
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 17-05-1998


C’č una sorta di pudore estetico che emerge dalle inquadrature de La parola amore esiste, l’ultimo film di Mimmo Calopresti, quasi che ci sia una certa ritrosia a mostrare personaggi alle prese con le piccole e grandi ossessioni che il sentimento lascia e

La parola amore esiste. Regia: Mimmo Calopresti. Sceneggiatura: Francesco Bruni, Mimmo Calopresti, Doriana Leondeff, Heidrun Schleef. Prodotto da: Mimmo Calopresti. Cast: Fabrizio Bentivoglio, Valeria Bruni Tedeschi, Marina Confalone, Gérard Depardieu, Valeria Milillo, Daria Nicolodi. Italia/Francia, 1998.

Quotidiane titubanze, incertezze esistenziali, imbarazzanti equivoci: ombre alla ricerca dell'amore

C'è una sorta di pudore estetico che emerge dalle inquadrature de La parola amore esiste, l'ultimo film di Mimmo Calopresti, quasi che ci sia una certa ritrosia a mostrare personaggi alle prese con le piccole e grandi ossessioni che il sentimento lascia emergere nella vita di ognuno. Un pudore che si evidenzia attraverso squarci impressionistici che rendono palesi quotidiane titubanze, incertezze esistenziali, imbarazzanti equivoci. I personaggi percorrono traiettorie esitanti alla ricerca non tanto della propria realizzazione quanto della possibilità di donarsi incondizionatamente. Magari un po' per volta, ma con certezza. Ed il pudore investe non solo la sfera della rappresentazione ma anche quella, implicita nella transazione comunicativa, dell'esternazione contenutistica. La poesia che in tanti casi aiuta nell'espressione di una passione, diventa in questo caso un frammento, una traccia, una piccola entità che crea l'aspettativa nella speranza di una continuazione, un breve haiku contemplativo nell'enormità dell'universo. Solo attraverso la riflessione si comprende come "la parola amore esista", e si segnali un piccolissimo termine all'interno di fuorvianti perifrasi; "un piccolo apostrofo rosa tra le parole t'amo", e la presenza di Depardieu diventa emblema (lui, ultimo Cyrano per Rappeneau -1990) di un amore idealizzato ma forse irrealizzante. All'interno di un mondo che non aiuta l'espressione, tra furti di macchine, musica martellante, ex-mogli opprimenti, storie difficili da gestire, talenti sprecati, molti vizi e poche virtù, solo l'amore concede la possibilità di affrancarsi dalle gravi e noiose nevrosi della vita moderna. Ossessioni e razionalità esasperantemente galoppante vengono accantonate da un semplice sentimento, in realtà più sognato che vissuto, più pudico che sensuale, più etereo che carnale. La parola amore esiste è la messa in scena di sensazioni, la rappresentazione visiva di un'idea che si nutre di contatti sfuggenti, visi contratti, timidi sguardi. Da questo nasce il pudore della realizzazione, dalla mancanza di una tangibilità che caratterizzi con carne e sangue i personaggi. Ma questi non sono fatti di carne e sangue, solo di anima e sentimento, pure sagome poetiche. Nessun contatto tra corpi, solo parallelismi che trovano sfoghi onirici; nessuna certezza, solo speranze; nessun imprigionamento razionale, la poesia non si può ingabbiare. E Calopresti rimane come lo psicanalista che interpreta nel film: rigorosamente fuori campo, conscio di non poter capire e spiegare i suoi personaggi, rassegnandosi ad osservarli, spiriti liberi in cerca di una sola parola.