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A river made to drown in
Anno: 1997
Regista: James Merendino;
Autore Recensione: adriano boano
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 23-04-1998


Un fiume dove annegarsi

A river made to drown in

Regia: James Merendino
Formato: 35 mm.
Durata: 92´
Provenienza: USA
Anno: 1997

visto al 13° Festival Internazionale
di Film con Tematiche Omosessuali
di Torino


Si respira un´atmosfera noir, pur trattandosi di altro genere: saranno le battute e come vengono porte, soprattutto dal personaggio di Chamberlein, elegante vecchio gay malato di AIDS alla ricerca di un luogo dove morire; o forse è dovuto al loft del pittore, o magari quella dominante marrone evocativa di certe situazioni cinematografiche incide sull´impressione iniziale di nostalgia.
Ecco, questa patina concettuale rivolta verso il passato può da un lato spiegare il motivo per cui la modalità di realizzazione richiama alla mente quel genere, e dall´altro offrire una chiave di lettura del film. La figura di Faithers, il vecchio, è malinconicamente nostalgica non solo di un periodo trascorso, ma anche e soprattutto della vita che gli sta sfuggendo: ¨Dicono che la malattia dell´anima sia peggio di quella del corpo, ma io sono in disaccordo¨.
I momenti più pregevoli sono concentrati all´inizio e attribuiscono al film l´impronta che perdura: un´hasselblad cattura l´immagine del vecchio assopito, proseguendo la rassegna di ritratti che fin dal loro legame precedente univa i due e funge da ponte con i quadri di formato imponente con cui viene allestita la personale. Sono sempre immagini inquietanti, ambigue, molto espressioniste, il tratto sporco fa emergere la figura dal fondo del quadro, senza staccarla; ¨I quadri turbano per la loro sinceritਠe da loro scaturisce il rilievo al personaggio, che s´incrementa mano a mano che il film procede, aggiungendo disperazione ad ogni nuova espressione o iniziativa di Chamberlein: la sua graduale definizione paradossalmente testimonia il fatto che ¨la morte ha preso possesso di lui¨ e la sensibilità dell´artista coglie proprio questo aspetto, rendendolo evidente nelle tele.

E allora le sequenze si rincorrono a cercare nel passato il livore del giovane bisessuale un tempo marchettaro ed ora impegnato forse a fare cinicamente la stessa cosa con Eva, la gallerista: ubriachi, sembra possano recuperare la passata intimità, ma ricordando affiorano aspetti insospettabili del carattere da sano di Faithers, utili per collocare adeguatamente il rapporto dei due esecutori testamentari con il vecchio omosessuale, suoi unici amori autentici di tutta una vita
Entrambi conflittuali e producono, soprattutto con l´artista, uno stillicidio di accuse e perfidie, che coinvolgono anche la sensibilità di Eva, ferita e offesa, perché si sente usata con il dubbio di essere amata in modo utilistaristico. Ed è proprio questo aspetto che emerge dall´atmosfera morbosa: la verifica alla fine della vita dell´effettiva incidenza dell´amore nei rapporti più significativi da parte del vecchio mette in discussione le certezze di tutti gli amori, venuti a contatto del suo bisogno di sconfiggere la malattia, ottenendo l´assicurazione di essere stato amato.
Lo scivolamento verso la corruzione ed il ritorno alla marchetta per il gusto della stessa non ha la visionarità di Ferrara e non è tanto convinta: infatti non è un movimento che prende le mosse dal bisogno di salvezza (¨Non voglio salvarlo, voglio stare con lui¨, dice Eva), ma da antologia è il montaggio parallelo di situazioni simili vissute dai quattro personaggi: Jaime, il ragazzino, impegnato con un cliente violento, l´artista rimorchiato in un bar dopo vari anni, Eva e Faithers sulla panchina. Si verifica più volte questo espediente linguistico che intreccia strettamente le quattro esistenze marcate dalla richiesta di assicurazioni.

¨La morte ha perso la sua luce e il suo splendore, perché è un´epoca da lieto fine¨, invece per fortuna Merendino è reclinato su pose old fashion e quindi va oltre i finali stereotipati, pur lasciando agio a Chamberlein di recitare il pezzo di bravura in cui rivendica a sé il coraggio di aver amato due volte nella sua vita e di aver completato il senso di questi amori, nobilitandoli con la morte, resa sopportabile attraverso la riunione di loro tre al suo capezzale.