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Il Buono il Matto il Cattivo - Joheunnom nabbeunnom isanghannom
Anno: 2008
Regista: Jee-woon Kim;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Corea del Sud;
Data inserimento nel database: 19-03-2012


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"I banditi non hanno bisognoÙdel biglietto."

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La Manciuria è una vasta terra. Separa Corea, Cina, Russia,ÙMongolia e si può dire anche il Giappone, per la vicinanza delle sue isoleÙsettentrionali. La zona è da sempre scenario di conquiste e invasioni; unaÙlotta serrata fra i cinesi e i russi. Dall'inizio del novecento l'interesse delÙGiappone fu pressante, fino a manifestarsi con un'avanzata militare per laÙconquista di tutta la Manciuria e la fondazione di uno stato autonomo, siamoÙintorno al 1930. Già dal 1910 i giapponesi avevano occupato la Corea e non fuÙuna dominazione semplice: molto sofferta e violenta. Per i coreani fu uno smaccoÙmai sanato in tanti anni e ancor oggi ben ricordato nei rapporti fra le dueÙnazioni.

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Negli anni trenta su questo sfondo è ambientato il filmÙcoreano Il Buono il Matto il Cattivo di Jee-woon Kim. La storia è unaÙbizzarra accozzaglia di generi, esagerati e frastornati.

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I personaggi sono i tre eccentrici aggettivi del titolo,Ùtutti coreani.

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La storia prevede una folle gara all'inseguimento di unaÙmappa.

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È il solito destino dell'uomo, quello di correre dietro adÙun mito, a una speranza, a un Santo Graal.

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Il Cattivo – Manciuria Kid – uccide crudelmente ilÙsalvatore dal suo passato alcolista.

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Il Matto si trova casualmente fra le mani la mappa; la suaÙesistenza è piena di coincidenze e di casualità fortuite: è salvatoÙmiracolosamente per armi bloccate all'ultimo istante, o da uno scafandro indossatoÙall'improvviso per proteggersi dalle pallottole.

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Il Buono appare nella sua versione celestiale, come quandoÙracconta l'utilizzo del fantomatico tesoro: un primo piano dolce e mistico.

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Tutti e tre appaiono, s'incontrano e si conoscono nellaÙbellissima scena iniziale del treno.

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Su quel treno c'è un alto funzionario della banca giapponeseÙcon la ricercata mappa.

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I tre corrono sul treno. Affrontandosi uno con l'altro.

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Il luogo chiuso, la corsa sul treno sono i topoi del saettanteÙinizio.

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Memorabile è la scena di ambientazione. Il bandito camminaÙsul treno ripreso alle spalle, e passa dalla terza classe alla prima: settoriÙriconoscibili dall'arredamento, dagli eccentrici bagagli e dall'abbigliamentoÙdei passeggeri.

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I tre personaggi affrontano sulla loro strada tanti altriÙfenomeni.

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Ma gli effettivi cattivi sono iÙgiapponesi. Gli oppressori della Corea, i conquistatori della Manciuria.

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Solo loro da cacciare, da punire. Un sogno lungo perchéÙbisognerà aspettare la fine della seconda guerra mondiale.

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Le riprese sono delle linee rette su cui corrono tutti i simboliÙdel film.

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Il binario del treno sfreccia verso un punto di fuga dell'infinto,Ùle linee del deserto e dossi sono perfetti.

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I fondali sono palesamente finti e la luce solare, chiara,Ùpulita.

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La finzione è incontrastata, non lascia spazio a dubbi.

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Metafora è il mercato della città diventato un crogiuolo diÙcinesi, coreani, russi e giapponesi.

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All'improvviso si anima di elefanti, venditori di acquaÙmiracolosa, fino al passaggio di un dromedario: un circo umano.

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Qui arriva il vero richiamo alla nota pellicola di SergioÙLeone. Come nel west del regista italiano, anche quello del coreano Jee-woon Kim è il regno dellaÙfantasia e della immaginazione.

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È un luogo sognato, vagheggiato. La bellezza della pellicola è nel costruire una realtà truccata eÙsurreale.

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Qualcosa diÙdiverso nella versione coreana rispetto all'originale è la sottile vena diÙironia:

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"LaÙtaglia sulla tua testa è di 300 won",

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"CheÙcosa? Io valgo come un piano"

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"Si maÙcome uno usato."

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L'aspetto morale dei tre eroi è limitato. In realtà i tre sono dei moralisti, allaÙricerca di una propria etica, di qualcosa di elevato, in considerazione della battaglia finale contro i giapponesi, forse laÙliberazione della Corea.

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Tutta la regia è spumeggiante e vibrante. Le sparatorie sono violente come in un film diÙJohn Woo, per arrivare improvvisamente ad una pace surreale: allora dopoÙraffiche forsenate fra due lati di una strada desolata c'è un momento di pausaÙcon un parasole colorato fermo, immobile a decretare la falsità di tutto e laÙconseguente bellezza del film.

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