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Rostov-Luanda
Anno: 1997
Regista: Abderrahmane Sissako;
Autore Recensione: Adriano Boano
Provenienza: Mauritania; Angola;
Data inserimento nel database: 28-03-1998


Rostov-Luanda

Rostov-Luanda

Regia: Abderrahmane Sissako
Sceneggiatura:Abderrahmane Sissako, Pierre Hanau
Fotografia: Jacques Besse
Montaggio: Claudio Martinez
Suono: Paolo de Jesus, Jean-Jacques Quinet
Formato: Digital Video
Durata: 60´
Provenienza: Mauritania/Angola
Produzione: Movimento Production
Distribuzione: Movimento Production
40, Rue de Paradis 75010 Paris France
tel:(331) 42460166, fax: (331) 42460270


Il percorso ricalca molti film amati negli anni ´70; il riferimento che viene in mente subito è Alice in den Städten, forse a causa del particolare della foto che raffigura l´amico di cui si sono perse le tracce. Tuttavia ¨l´uomo chiamato a viaggiare¨ dalla sua natura in questo caso ricalca esattamente il viaggio intrapreso dal regista stesso alla ricerca del suo amico angolano; dunque nulla di ciò che ci viene proposto è inventato, ma allo stesso tempo gli incontri sono ricostruiti, perché l´indagine vera (che aveva portato al ricongiungimento dei due amici in Germania) si era già sviluppata in precedenza. Questo paradossalmente attribuisce maggiore forza alle testimonianze riportate da un documentario che si intreccia alla fiction in virtù del pretesto di un´amicizia saldatasi dal fronte comune delle lotte di liberazione. È ovvio che a Sissako interessa in realtà narrare il proprio continente (¨poco conosciuto dagli africani stessi¨), ma lascia questa incombenza agli angolani stessi, di ogni razza e credo: ne ricava un ritratto molto sfaccettato di un presente incerto fondato sulla lotta iniziata con l´insurrezione dell´MPLA nel ´75, che immaginava di poter scatenare un movimento d´indipendenza per tutta l´Africa, e ancora adesso la ferita non è rimarginata. Alla domanda di uno spettatore africano sul motivo per cui non fosse trattato il problema delle mine e dei molti storpi che popolano il Paese, il regista ha risposto che gli infelici si vedono già nei documentari. Egli piuttosto che pontificare con il tono retorico tipico dei documentari prefersice seguire l´insegnamento del vecchio all´inizio del film: ¨Quando si parla, si deve essere veri e confermare la realtà¨.
Infatti il taglio non è da rotocalco di informazione, piuttosto sembra attento a cogliere quello che rimane del mistero del continente, mescolandolo con l´integrazione dei portoghesi che non sono fuggiti per i motivi pił diversi, ma essenzialmente perché sentono come anche loro quella terra. Ma via via che ci si addentra sulle strade polverose angolane si fanno incontri sempre più cosmopoliti e attraverso quei tasselli ecclettici di volti differenti tra loro, Sissako riesce a ricostruire con l´immagine dell´amico anche quella sensazione di indipendenza nata nel ´75.
Il particolare che emerge maggiormente è che tutti sono in qualche modo sradicati, perché ciascuno ha perso i contatti con qualcun altro della famiglia o degli amici, come il regista, e ciò produce una gara di solidarietà nella ricerca dell´autore, perché tutti vorrebbero sapere dov´è l´Altro. Sissako riesce a riannodare i fili della convivenza attraverso gli sguardi e alternando testimonianze diverse che si rincorrono senza mai concludere il loro discorso, ma facendolo trascorrere da una situazione all´altra di questo road movie di primi piani, che tendono a pronunciare la parola ricorrente: il destino. Si tratta però di una forma di destino insolita, di cui è incarnazione la grassa insegnante della foto, che si presenta come invalida all´inizio della sua intervista, per alzarsi in piedi al termine a danzare come scherno e spregio nei confronti della guerra, che è ¨un massacro di persone che non si conoscono a vantaggio di persone che si conoscono, ma non si massacrano tra di loro¨