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Profundo carmesi
Anno: 1996
Regista: Arturo Ripstein;
Autore Recensione: Marcello Testi
Provenienza: Messico;
Data inserimento nel database: 06-11-1997


È un'operazione nostalgica, questa che riporta alla ribalta la coppia killer, sia l'assassinio per amore, per denaro, per puro diletto, citando esplicitamente Honeymoon Killers e nel titolo strizzando l'occhio a Dario Argento? È forse nostalgico il richiamo di atrmosfere, immagini, tonalità surrealiste?

La risposta è sì, perché questo film è ricco di passione antica per il fare cinema, di pazienza nella composizione delle inquadrature, di concentrazione su una storia che valga la pena raccontare (a Venezia 96 il film ha ricevuto un premio per la sceneggiatura, un po' poco, vista la sua bellezza, ma comunque significativo). Una nostalgia che sgorga anche dai colori caldi, umorali che dipingono le scene; che affonda nell'oscurità in cui sono calate le figure in interni e che rimangono, grazie alla magia del fotografo, perfettamente visibili anche in penombra... I colori del nero ci sono tutti! A cominciare dalle bellissime ombre che annunciano gli ingressi e le uscite del protagonista, un vedovo non proprio "naturale", un barbablù che, mentre ricerca la sua prossima vittima, si accontenta di spennare ingenue singles che rispondono ai suoi millantanti annunci per cuori solitari. L'incontro con una abbondante infermiera a domicilio, che già rischia il misero guadagno per improvvisi e improbabili attacchi ninfomani, non può che essere esplosivo per la sua piccola attività imprenditoriale, che d'altra parte prevederebbe (a rigor di logica) un solo azionista e non una società.
Ma la forza della passione e gli argomenti inoppugnabili offerti e sacrificati dalla donna per il truffatore scoperto eppure amato (mai ammirato, invero) lo convincono ad ammetterla al suo piccolo teatrino degli orrori, che lei fatica a seguire solo da spettatrice, con conseguenze ovvie.

È dunque un'operazione nostalgica, questa - ci chiedevamo?

La risposta è no (anche), perché in questa cascata di immagini classiche c'è una freschezza sorgente, un furore compositivo pittorico ma originalissimo, radicato ma non privo di ali. C'è tutto questo, insieme alla voglia quasi di non staccarsi dalla (e non staccare la) macchina da presa, nelle pagine che Ripstein dà alle stampe e che ci è crudelmente piacevole sfogliare, fino all'ultima illustrazione che ci regala, un ulteriore viruosismo fotografico che unisce il rigore della composizione al calore dei colori e del coinvolgente movimento di macchina.