NearDark - Database di recensioni

NearDark - Database di recensioni

Africa

Godard Tracker


Tutte le
Rubriche

Chi siamo


NearDark
database di recensioni
Parole chiave:

Per ricercare nel database di NearDark, scrivete nel campo qui sopra una stringa di un titolo, di un autore, un paese di provenienza (in italiano; Gran Bretagna = UK, Stati Uniti = USA), un anno di produzione e premete il pulsante di invio.
È possibile accedere direttamente agli articoli più recenti, alle recensioni ipertestuali e alle schede sugli autori, per il momento escluse dal database. Per gli utenti Macintosh, è possibile anche scaricare un plug-in per Sherlock.
Visitate anche la sezione dedicata all'Africa!


Il Cavaliere Oscuro - Dark Knight
Anno: 2008
Regista: Christopher Nolan;
Autore Recensione: Marcello Testi
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 09-08-2008


Il periodo buio della regia di Joel Schumacher, sostanzialmente definibile come "exploitation" dei vari personaggi dell'universo di Batman è stato seguito da una "rinascita" avvenuta pochi anni fa con il notevole Batman begins, in cui lo sforzo rifondativo anche a livello visuale (design e architettura) si risolveva in modo efficace con una catartica distruzione, foriera di un nuovo inizio, anche dal punto di vista dei legami dell'eroe (più amicizia e complicità virile, meno romance).

E' naturale quindi che nell'episodio successivo sia il pubblico che la produzione cerchino un mantenimento dello standard piuttosto alto proposto e promesso. Da un certo punto di vista, l'operazione riesce. Dark Knight è effettivamente "il più grande" film di Batman finora realizzato: una grandeur che trova espressione nella tecnica e nella tecnologia produttive, nella definizione dei personaggi principali, nello svecchiamento architettonico che porta finalmente Batman in un quasi-presente non più vincolato (non solo, almeno) al prefisso "goth" che denomina e denota fin dagli albori la città tutto sommato poco immaginaria teatro delle avventure.

Qualcosa però non funziona, almeno inizialmente: la sensazione è quella di una macchina che parte girando a vuoto, con qualche numero ad effetto che non toglie l'idea di macchinosità, forse obbligata dalla necessaria soluzione di vicende precedenti (l'auspicabile liquidazione dell'insopportabile personaggio femminile), forse voluta per preparare meticolosamente il complesso susseguirsi di eventi finale.
Anche il pezzo forte di questo episodio, quel Joker così lontano dall'istrionico zuzzurellone di Nicholson, all'inizio non è che un "semplice" pazzo con l'aggravante della violenza innata e con quell'anarchia su cui filosofeggia in modo alquanto superficiale.
Insomma, per circa un'ora e mezza, non si parla che di soldi: quelli della mafia che muovono tutta l'azione; quelli che Bruce Wayne è disposto a investire per l'improbabile campagna moralizzatrice di Harvey Dent; quelli di un subplot "carsico" ma molto interessante che interessa il commissario Gordon e una parte del suo staff. E si arriva un po' esausti alla fine di questa lunga digressione.

Ma il lettore non si faccia scoraggiare da questo commento: per chi ama i film d'azione, la prima parte del film offre diversi motivi di godimento, da una strizzata d'occhio a James Bond a rivisitazioni delle mitiche risse nella serie TV dedicata al pipistrello (quelle in cui apparivano i cartelli "ouch!" tra un pugno e l'altro). E' solo che a un certo punto, le cose si fanno molto più interessanti.

Intanto, nel momento in cui il film si sdoppia, fa anche la sua apparizione (ma è meglio parlare di mutazione) l'effimero ma importante personaggio di "2 Facce". Lo stesso Joker diventa un po' più interessante e ci diverte con alcune variazioni sull'origine del suo sorriso artefatto.
Si diverte e ci diverte anche con una personale interpretazione e messa in opera in grande scala di un esperimento sulla teoria dei giochi, brillante messa in scena (i complimenti vanno ovviamente anche agli autori del film) come scelta del luogo e dei partecipanti. E c'è spazio anche per un ironico (per l'esito finale) omaggio a un luogo comune della suspense: la corsa a raggiungere il luogo doppio e... sbagliato.

Ma è ovviamente in casa (casa? cantina, garage... una variazione molto interessante e "orizzontale" della bat-caverna) di Batman che succede qualcosa di importante, anche in questo caso un evento che provoca una frattura e una finale autodistruzione. Wayne/Batman, forte del suo potere (non quello assai poco soprannaturale che gli fa combattere i criminali) nasconde tra le pagine di un progetto "sviluppato con il governo" uno strumento indicibile anche al suo più fidato collaboratore e complice: il controllo totale, la visione assoluta, un sistema che, grazie ai dispositivi nelle mani di ciascuno di noi, permette di realizzare il sogno/incubo securitario della visione totale, multipla, dislocata tra una moltitudine di soggetti "vedenti" in molti luoghi diversi.
E' qualcosa che da un lato è molto più cinematografico del panopticon, confinato teatralmente nell'unità di luogo e ad applicazioni di tipo carcerario, ma allo stesso tempo oltrepassa le caratteristiche del linguaggio: l'inquadratura, l'ellissi, la "supremazia del soggetto". Si va oltre, e infatti il complice Lucius, tra l'altro indispensabile per permettere a Batman di "sopportare" la multi-visione, grazie a un lavoro di regia, montaggio o mix (il funzionamento non viene spiegato nei dettagli), inizialmente non lo accetta e lo fa solo quando capisce di poter "firmare" la distruzione del sistema.

La rappresentazione nel film del sistema di multi-visione ne conferma l'oscenità: gli spunti percepiti (anche attraverso la mediazione di Lucius) da Batman sono brevi lampi che occasionalmente si trasformano in una tempesta. La natura ellittica del linguaggio non permette di cogliere appieno l'angosciante distopia del potere di visione assoluta; questa sezione ne risulta quindi imperfetta e allo stesso tempo potente ed evocativa, un'esplosione visuale che si contrappone alla granitica e monotona violenza iniziale (quella dei pugni - quella del denaro). Le facce sono appena (finalmente!) diventate due, il film è appena decollato e subito lo sdoppiamento si riproduce infinte volte, i gruppi sfidati dal dilemma del Joker, sospesi e prigionieri dell'acqua, danno il via a un gioco di specchi infiniti in cui, proprio grazie alla multi-visione e al suo surrogato cinematografico (il montaggio alternato), non si distinguono più le vittime dai criminali.

E' questo il vero dilemma, non quello stancamente ed eternamente riproposto tra la giustizia dei tribunali e quella dei vigilanti.