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Il destino - Al Massir Anno: 1997 Regista: Yussuf Shahin; Autore Recensione: Adriano Boano Provenienza: Egitto; Data inserimento nel database: 18-03-1998
Expanded Cinemah - nearDark
Regia: Youssef Chahine;
Sceneggiatura: Youssef Chahine, Khaled Youssef;
Editor: Rachida Abdel Salam;
Fotografia: Mohsen Nasr;
Riprese: Mohamed Nouh & Tarek Akef
Art Director: Hamed Hemdane
Suono: Faouzi Thabet;
Musica: Kamal El Tawil, Yohia El Mougy;
Costumi: Carine Tredgold
Interpreti: Nour El Chérif (Averroes), Mohamed Mounir
(Marwan), Laila Eloui (Gypsy Woman), Mahmoud Hémeida (The
Caliph), Safia El Emary (Zeinab, Averroes's wife), Khaled El Nabaoui
(il Principe), Hani Salama (Abdallah), Khaled El Nabaoui
(Nasser);
Origine: Egitto, Francia 1997. Durata: 135'
Produzione: Ognon Pictures, 14, rue Montmartre, 75001 Paris (France),
tÈl.: 40 26 56 08, fax: 40 26 02 09;
Misr International Films - 35, rue Champollion - Le Caire - Egypte -
Tel: (2) 57 88 124 - 57 88 038 - Fax: (2) 578 80 33
"Il
pensiero ha le ali. Nulla può arrestare il suo
volo"
L´ultimo predicatorio intervento
del regista è scritto, a ribadire la potenza del Verbo e del
testo da salvare nei secoli. Ed è una denuncia affidata alla
scrittura filmica che coinvolge tutte le persecuzioni.
Mentre il documentario sul Cairo realizzato da Chahine nel 1982
è un film frammentato di montaggio per offrire l´idea di
una città, qui le città sono prima di tutto metafora di
una concezione di vita, quindi non è il frammento, ma
l´uso di movimenti ad esprimere l´ambiente. In entrambi i
casi, la città della Languedoc e quella andalusa,
l´architettura è come una superficie appannata che mostra
un´apparenza, ma sotto la superficie, in bassorilievo (come
è sottolineato dalla inquadratura durante l´esecuzione
sul rogo dell´amanuense reo di avere copiato testi di Ibn
Rushd), si stratificano concetti connaturati alla forma delle
costruzioni stesse: la cantina sotto le cui volte avvolgenti
fermentano i pensieri e rimangono a decantare, per poi scatenarsi
nella assolata agorà, teatro di scontri tra tolleranza e
integralismo. Una piazza a pianta ben diversa da quella iniziale
dell´Inquisizione, occupata da una folla immobile e stipata ad
assistere alla punizione; in Cordova invece le masse si muovono,
contente perché sanno che i libri sono in salvo e quindi si
possono schernire i censori, gettando sulla pira anche l´ultimo
volume scampato. L´Inquisizione dà spettacolo negli
angusti e ripidi meandri di una città costituita da strade
circonvolute, le traiettorie della mdp seguono circolarmente
l´azione nella piazza fino al rogo-remake della Giovanna
d´Arco di Dreyer in modo claustrofobico: non c´è
remissione, mancano vie d´uscita.
Si assiste ad altri due falò nel film: quello della casa di
Averroé e in quel frangente si rievoca il salvataggio dei
libri e di una metafisica, di un fondamento del pensiero,
assimilabile a quello inscenato da Annaud (tradendo il testo di Eco)
in Il nome della rosa; l´altro rogo che chiude ad anello il
racconto è quello dei libri al termine e diventa una festa di
piazza, ribaltandone gli intenti oscurantisti dei promotori.
"Come
arrivano a svuotare una persona dei suoi sentimenti?".
Chahine cominciò nel ´48 con
i documentari di Gianni Vernuccio e sviluppò su questa radice
neorealista un cinema originale, in grado di comunicare con genti di
cultura, religione, abitudini ¨Altre da sè¨,
nell´accezione che dà Levinas dell´aggettivo:
infatti egli dice che non è interessato semplicemente a
divertire, ma chiama alla resistenza contro lo svuotamento dei
cervelli da parte di qualsiasi fanatismo ad ogni latitudine si
proponga quel tipo di scalata al potere ottenuta tramite la
manipolazione delle masse attraverso lo sfinimento dello spirito
attraverso ammalianti preghiere e marce senza meta, volte ad
annientare la volontà. Ed il regista per mostrare il conflitto
mette in scena le due suggestioni della musica: il momento
liberatorio della danza profana, che conduce ad una sana euforia (nel
senso etimologico di apportatrice di note positive), di contro
all´obnubilante litania, che svuota i cervelli, a cui viene
sottoposto Abdallah dopo il bagno turco, purificatore degli eccessi.
Per gli ortodossi di qualsiasi credo qualunque forma di
libertà individuale è un eccesso; la musica può
sciogliere gli animi o confonderli: all´uscita dal cinema ho
notato alcuni spettatori che accennavano movenze esotiche di danza,
accennando a ballare sulle note della canzone di speranza riproposta
ripetutamente durante l´intera pellicola: ¨Torneremo di
nuovo a cantare¨ è il ritornello di buoni auspici, che
cerca di offrire spiragli al pubblico di qualsiasi credo.
¨Dobbiamo essere noi gli artefici del nostro
destino¨
E quale sarebbe questo fato viene
rivelato dalla moglie di Averroé: contro la presunzione di
sapienza, l´arroganza, il fanatismo degli invasati prigionieri
dell´orgoglio, Zeinab trasmette gioia di vivere e si chiede:
"Fino a quando permetteremo ai
problemi di avvelenarci la vita?".
La traduzione di Sui sibi faber
fortuna nel linguaggio popolare di
Chahine diventa la sbandierata felicità di poter tornare a
riaddormentarsi al mattino, dopo aver preparato la colazione ad
Averroé, assaporando una nuova dimensione di sonno nel fresco
e rassicurante mattino. Il godimento di piccole sensazioni di gioia
universali è altrettanto comune all´intera umanità
della cecità triste dei fanatici: la frase
dell´integralista ("Più
taglio gole eretiche e più mi avvicino a Dio") fa il paio con il diciasettenne de Il figlio
dell´Imperatore di Kenzaburo Oe ("Nell´attimo in cui ho accoltellato il segretario
sono saltato dentro la quarta dimensione della felicità
suprema", pag. 139, Marsilio
Ed.).
Una lotta che nel film viene condotta su due livelli: aulico e
curiale quello di Averroé impegnato in moschea a confutare la
chiusura fideistica con dispute filosofiche parallele
all´applicazione del buon umore nelle piacevolezze della
comunità, pronta a inscenare in siparietti da operetta
marsigliese, un po´ di maniera e zeppi di didatticismi,
un´interpretazione per il popolo di quella che dovrebbe essere
la joie de vivre. Musica e danza si contrappongono nella
quotidianità alla gretta ricerca del potere attraverso la
morte; la retorica didascalica non è peregrina, ma è
proprio l´intento che si prefigge il regista: un´opera
morale educativa. L´azione sottolinea il dibattito presente in
ogni battuta e ne viene rilanciata.
"Pio
è un pigro ignorante che pretende di essere nato genio.
Nessuno può arrogarsi il diritto di possedere la
verità"
Da questa concezione che rifiuta le
certezze agostiniane i tomisti avviarono la polemica che
contrapporrà i diritti ermeneutici di interpretazione dei
testi (dal Corano ad Aristotele), per arrivare ad una morale adatta
alla società aperta e fondata sulla somma di ragione e
rivelazione con lo scopo di produrre saggezza a partire dal
sillogismo aristotelico, contro la fede cieca nella lettura acritica,
fideistica della tradizione arroccata nella retriva difesa del potere
accaparrato per diritto divino senza porre in discussione nulla:
"Il Verbo non va
interpretato" dicono gli
oscurantisti. Un risultato della coscienza umana individuale che
l'Andalusia di Averroé aveva raggiunto già nel XII
secolo.
Si nota una giurisprudenza più acuta, esercitata dal sapiente
arabo di Cordova, rispetto a quei garbugli azzeccati dalla pletora di
avvocati, pieni soltanto della loro vanità, portati sullo
schermo da Hollywood negli ultimi tempi. Ma Chahine sfrutta
l´apparente convenzionalità che gli deriva dalla sua
frequentazione del cinema americano per arrivare al maggior numero di
persone tramite espedienti tecnici quasi televisivi come le zoomate
sugli occhi a seguire gli sguardi o con le carrellate classiche e
lineari, non ottenute da una camera a mano falsamente "sporca";
esempio di sintassi imparata in USA e adattata al gusto arabo secondo
gli stessi canoni dell´occidente. Non è ancora un modo di
filmare africano, ma è un tentativo di interpretare linguaggi
efficaci e mentalità e contemporaneamente di rivolgersi a
tutto il mondo, lanciando lo stesso grido (in modo meno
esistenzialista e in grado di raggiungere un altro target) di
Farenheit 451; allo stesso tempo per un occidentale diventa
schizofrenica la percezione di ritrovare le stesse certezze di certo
progressismo post-illuminista e vederle accreditare ad una cultura
Altra. L´averroismo poteva essere il crocevia dove si incrociano
le tre religioni monoteiste rivelate: lì si incrociano
adattando il Verbo alle mentalità locali, conciliando Fede e
Ragione con l´interpretazione della Rivelazione. Ora Chahine
cerca di far emergere i caratteri più tolleranti di tutte e
quanto di ognuna con il buon senso può essere accettato da
ciascuno.
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