Ultimo
tango a Parigi. Bernanrdo Bertolucci. 1972. ITALIA-FRANCIA.
Attori: Marlon Brando, Maria
Schneider, Jean-Pierre Léaud, Massimo Girotti, Maria Michi, Darling Legitimus,
Giovanna Galletti, Veronica Lazar
Durata: 131’
Parigi. Un uomo, Paul, americano, ex pugile, ex
giornalista, ex attore, proprietario di un albergo malfamato, grida in strada.
Jeanne, una ragazza francese appena ventenne, gli passa accanto e va a visitare
un appartamento nel quale trova proprio lui, in Rue Jules Verne, nel quartiere
di Passy. L’uomo la possiede senza troppe parole e lei si concede. Poco dopo
lasciano entrambi l’appartamento. Jeanne si reca alla stazione dove l’attende
Tom, il suo fidanzato cineasta che sta girando una pellicola sulla vita di lei.
Paul fa ritorno a casa dove la moglie Rose si è da poco tolta a vita. Jeanne e
Paul tornano a vedersi nell’appartamento ed incominciano ad ammobiliarlo. La
madre di Rose va a trovare Paul a casa per preparare i funerali. La coppia
continua a vedersi nell’appartamento al 4° piano dove provano a raggiungere un
orgasmo solamente guardandosi, senza toccarsi. Con Tom, Jeanne continua a
recitare a soggetto mentre lui le fa ricostruire e raccontare il suo passato.
Nell’appartamento con Paul invece, i due raggiungono l’accordo di non parlare
del loro trascorso, e di non pronunciare nomi. La madre di Rose cerca di
trovare un dialogo con Paul, ma l’uomo la spaventa mostrandole la realtà della
vita di lui e della figlia: un albergo al buio fatto di magnaccia, prostitute,
pusher e dei tradimenti di Rose. Nell’appartamento Jeanne mostra continuamente
l’interesse di voler sapere ancora di più su Paul ma lui continua a non
concederle niente, sebbene ammetta di essere felice con lei. Mentre lei un
giorno litiga con Tom, Paul va a trovare l’amante di sua moglie, Marcel, che
quella voleva uguale a lui. Soli nell’appartamento, Paul costringe Jeanne ad
avere un rapporto anale. Sul set invece, Tom le annuncia di volerla sposare e
lei, un giorno di riprese in cui si veste da sposa, fugge dal set per raggiungere
con quell’abito Paul nell’appartamento. Mentre lui la insapona nella vasca, lei
gli parla dell’uomo che sta per sposare, ma in realtà descrive Paul.
L’americano torna a casa dove c’è il cadavere della moglie circondato di fiori
e le parla colto dall’insostenibile dubbio sulla sua natura e sui suoi
tradimenti. Per alcuni giorni lui sparisce lasciando l’appartamento di Rue
Jules Verne, togliendo anche i mobili che aveva portato. Lei si danna a
cercarlo ma alla fine convince Tom ad occupare lo stesso appartamento dopo il
matrimonio. Un giorno per strada, Paul la ferma e le parla di sé, chiedendole
di sposarlo e di vivere insieme. Trascorrono la serata in uno squallido locale
dove bevono champagne e ballano il tango. Nonostante la bella serata, lei gli dice
che è finita e fugge all’alba dal locale ormai deserto. Paul, ubriaco, la
insegue in strada fino a casa della madre di lei. Quando riesce ad abbracciarla
e le domanda il suo nome quella gli spara.
Assolutamente anticattolico, Ultimo tango a Parigi pone
in essere una durissima e provocatoria critica ad una serie di dogmi religiosi
e sociali: “In chiesa non vogliono i suicidi!” grida Paul alla madre di
Rose che vorrebbe una funzione per la figlia; durante la scena di sodomia
insegna a Jeanne “La famiglia, quella istituzione inventata per educare i
selvaggi alla virtù” mostra espliciti riferimenti al pensiero del
Marchese De Sade. Gru, dolly, carrelli, e soprattutto la meravigliosa
fotografia di Vittorio Storaro, rendono Ultimo tango a Parigi un film assolutamente
estetico ed elegante. Successo di pubblico e scandalo, il film parla dell’amore
come di una stanza nella quale gli operai del matrimonio perdono i loro abiti
per tornare ad essere un uomo ed una donna, all’interno del quale rapporto è il
primo a soccombere e la seconda a sopravvivere. Soggetto (il cui titolo
originale era Un giorno e una notte e un giorno e una notte) e
sceneggiatura (quest’ultima con la collaborazione anche di Franco Arcalli)
entrambe del regista che utilizza l’attore feticcio di Françoise Truffaut,
Jeanne -Pierre Léaud, per rappresentare un cineasta attento a riprendere attori
nel loro contesto naturale, ma distratto circa quanto veramente gli accade
intorno, ignaro del tradimento della sua donna (è la sua immagine di nouvelle
vague). Nonostante la pellicola indaghi nella solitudine di un uomo, quella
di Paul, distrutto dal suicidio della moglie, emergono anche diversi spunti
profondi sul ruolo femminile nella coppia. La donna di Bertolucci, appare come
indecisa come quella forse solo de La prigioniera (1968) di H. G.
Clouzot, Jeanne è, infatti, divisa tra un uomo debole che sta per sposare, Tom,
ed un uomo forte che alla fine sarà costretta ad uccidere, Paul, ma in grado
comunque di affrontare da sola la propria scelta (cosa che invece non accadeva
a Josè che si ritrovava in una stanza d’ospedale confusa sulla vera natura del
suo amante); ed anche Rose, moglie impalpabile (della quale cioè tutto si
conosce e nulla si vede) che lo tradisce per ritrovare lo stesso marito anche
nell’amante (la stessa vestaglia, la stanza d’albergo, …), racchiude nel suo
personaggio (e nel suo gesto) una tristezza ed una solitudine ingiustificabili
o comunque di inestricabile senso. Marlon Brando impareggiabile e gigione (p.p.
sul balcone dopo che è stato sparato), Maria Schneider perfettamente calata
nella parte, in un film che ha fatto scuola e non solo scandalo. L’amore di
Bertolucci è uno sconosciuto, un pazzo che muore sul balcone in posizione
fetale (morto o non ancora nato) e che altro non è che l’unione al tempo stesso
di amore e morte, secondo il modello classico dell’eros e thanatos. Il
sassofono di Gato Barbieri ha scritto note entrate nell’immaginario collettivo.
Il personaggio di Mouchette è interpretato dalla futura regista Catherine Breillat
mentre Gitt Magrini, autrice dei costumi della pellicola, interpreta il ruolo
della madre di Jeanne. In Italia il film fu tolto dalla circolazione e
distrutto per sentenza della magistratura (Fernaldo Di Giammatteo – Dizionario
del cinema italiano) ma fu rieditato dalla Titanus nel 1987 e mandato in
onda in televisione (decurtato di tre minuti) solo nel 1988. Per il regista
invece, una condanna a quattro mesi (con la condizionale) per oscenità
(Scandalo al cinema. vol. 1 pubblicato con la rivista Ciak) alla quale
rispose inscenando un simbolico rogo a Roma, sotto la statua di Giordano
Bruno (Sex! pubblicato con la rivista Ciak). La pellicola si
guadagnò ugualmente due nomination agli Oscar, come miglior film, quell’anno
vinto da La stangata (1973) di Geroge Roy Hill, e miglior attore
protagonista maschile per Marlon Brando: all’anteprima all’Alice Tully Hall di
New York fu, infatti, accolto con successo. Il regista vinse anche un Nastro
d’argento per la migliore regia. La scena contro la famiglia è ispirata al
racconto L’inferno di August Strindberg (Scandalo al cinema. vol. 1
pubblicato con la rivista Ciak).
Bucci Mario
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