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Ultimo tango a Parigi
Anno: 1972
Regista: Bernardo Bertolucci;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: ITALIA; FRANCIA;
Data inserimento nel database: 01-04-2004


La grande guerra

Ultimo tango a Parigi. Bernanrdo Bertolucci. 1972. ITALIA-FRANCIA.

Attori: Marlon Brando, Maria Schneider, Jean-Pierre Léaud, Massimo Girotti, Maria Michi, Darling Legitimus, Giovanna Galletti, Veronica Lazar

Durata: 131’

 

 

Parigi. Un uomo, Paul, americano, ex pugile, ex giornalista, ex attore, proprietario di un albergo malfamato, grida in strada. Jeanne, una ragazza francese appena ventenne, gli passa accanto e va a visitare un appartamento nel quale trova proprio lui, in Rue Jules Verne, nel quartiere di Passy. L’uomo la possiede senza troppe parole e lei si concede. Poco dopo lasciano entrambi l’appartamento. Jeanne si reca alla stazione dove l’attende Tom, il suo fidanzato cineasta che sta girando una pellicola sulla vita di lei. Paul fa ritorno a casa dove la moglie Rose si è da poco tolta a vita. Jeanne e Paul tornano a vedersi nell’appartamento ed incominciano ad ammobiliarlo. La madre di Rose va a trovare Paul a casa per preparare i funerali. La coppia continua a vedersi nell’appartamento al 4° piano dove provano a raggiungere un orgasmo solamente guardandosi, senza toccarsi. Con Tom, Jeanne continua a recitare a soggetto mentre lui le fa ricostruire e raccontare il suo passato. Nell’appartamento con Paul invece, i due raggiungono l’accordo di non parlare del loro trascorso, e di non pronunciare nomi. La madre di Rose cerca di trovare un dialogo con Paul, ma l’uomo la spaventa mostrandole la realtà della vita di lui e della figlia: un albergo al buio fatto di magnaccia, prostitute, pusher e dei tradimenti di Rose. Nell’appartamento Jeanne mostra continuamente l’interesse di voler sapere ancora di più su Paul ma lui continua a non concederle niente, sebbene ammetta di essere felice con lei. Mentre lei un giorno litiga con Tom, Paul va a trovare l’amante di sua moglie, Marcel, che quella voleva uguale a lui. Soli nell’appartamento, Paul costringe Jeanne ad avere un rapporto anale. Sul set invece, Tom le annuncia di volerla sposare e lei, un giorno di riprese in cui si veste da sposa, fugge dal set per raggiungere con quell’abito Paul nell’appartamento. Mentre lui la insapona nella vasca, lei gli parla dell’uomo che sta per sposare, ma in realtà descrive Paul. L’americano torna a casa dove c’è il cadavere della moglie circondato di fiori e le parla colto dall’insostenibile dubbio sulla sua natura e sui suoi tradimenti. Per alcuni giorni lui sparisce lasciando l’appartamento di Rue Jules Verne, togliendo anche i mobili che aveva portato. Lei si danna a cercarlo ma alla fine convince Tom ad occupare lo stesso appartamento dopo il matrimonio. Un giorno per strada, Paul la ferma e le parla di sé, chiedendole di sposarlo e di vivere insieme. Trascorrono la serata in uno squallido locale dove bevono champagne e ballano il tango. Nonostante la bella serata, lei gli dice che è finita e fugge all’alba dal locale ormai deserto. Paul, ubriaco, la insegue in strada fino a casa della madre di lei. Quando riesce ad abbracciarla e le domanda il suo nome quella gli spara.  

Assolutamente anticattolico, Ultimo tango a Parigi pone in essere una durissima e provocatoria critica ad una serie di dogmi religiosi e sociali: “In chiesa non vogliono i suicidi!” grida Paul alla madre di Rose che vorrebbe una funzione per la figlia; durante la scena di sodomia insegna a Jeanne “La famiglia, quella istituzione inventata per educare i selvaggi alla virtù” mostra espliciti riferimenti al pensiero del Marchese De Sade. Gru, dolly, carrelli, e soprattutto la meravigliosa fotografia di Vittorio Storaro, rendono Ultimo tango a Parigi un film assolutamente estetico ed elegante. Successo di pubblico e scandalo, il film parla dell’amore come di una stanza nella quale gli operai del matrimonio perdono i loro abiti per tornare ad essere un uomo ed una donna, all’interno del quale rapporto è il primo a soccombere e la seconda a sopravvivere. Soggetto (il cui titolo originale era Un giorno e una notte e un giorno e una notte) e sceneggiatura (quest’ultima con la collaborazione anche di Franco Arcalli) entrambe del regista che utilizza l’attore feticcio di Françoise Truffaut, Jeanne -Pierre Léaud, per rappresentare un cineasta attento a riprendere attori nel loro contesto naturale, ma distratto circa quanto veramente gli accade intorno, ignaro del tradimento della sua donna (è la sua immagine di nouvelle vague). Nonostante la pellicola indaghi nella solitudine di un uomo, quella di Paul, distrutto dal suicidio della moglie, emergono anche diversi spunti profondi sul ruolo femminile nella coppia. La donna di Bertolucci, appare come indecisa come quella forse solo de La prigioniera (1968) di H. G. Clouzot, Jeanne è, infatti, divisa tra un uomo debole che sta per sposare, Tom, ed un uomo forte che alla fine sarà costretta ad uccidere, Paul, ma in grado comunque di affrontare da sola la propria scelta (cosa che invece non accadeva a Josè che si ritrovava in una stanza d’ospedale confusa sulla vera natura del suo amante); ed anche Rose, moglie impalpabile (della quale cioè tutto si conosce e nulla si vede) che lo tradisce per ritrovare lo stesso marito anche nell’amante (la stessa vestaglia, la stanza d’albergo, …), racchiude nel suo personaggio (e nel suo gesto) una tristezza ed una solitudine ingiustificabili o comunque di inestricabile senso. Marlon Brando impareggiabile e gigione (p.p. sul balcone dopo che è stato sparato), Maria Schneider perfettamente calata nella parte, in un film che ha fatto scuola e non solo scandalo. L’amore di Bertolucci è uno sconosciuto, un pazzo che muore sul balcone in posizione fetale (morto o non ancora nato) e che altro non è che l’unione al tempo stesso di amore e morte, secondo il modello classico dell’eros e thanatos. Il sassofono di Gato Barbieri ha scritto note entrate nell’immaginario collettivo. Il personaggio di Mouchette è interpretato dalla futura regista Catherine Breillat mentre Gitt Magrini, autrice dei costumi della pellicola, interpreta il ruolo della madre di Jeanne. In Italia il film fu tolto dalla circolazione e distrutto per sentenza della magistratura (Fernaldo Di Giammatteo – Dizionario del cinema italiano) ma fu rieditato dalla Titanus nel 1987 e mandato in onda in televisione (decurtato di tre minuti) solo nel 1988. Per il regista invece, una condanna a quattro mesi (con la condizionale) per oscenità (Scandalo al cinema. vol. 1 pubblicato con la rivista Ciak) alla quale rispose inscenando un simbolico rogo a Roma, sotto la statua di Giordano Bruno (Sex! pubblicato con la rivista Ciak). La pellicola si guadagnò ugualmente due nomination agli Oscar, come miglior film, quell’anno vinto da La stangata (1973) di Geroge Roy Hill, e miglior attore protagonista maschile per Marlon Brando: all’anteprima all’Alice Tully Hall di New York fu, infatti, accolto con successo. Il regista vinse anche un Nastro d’argento per la migliore regia. La scena contro la famiglia è ispirata al racconto L’inferno di August Strindberg (Scandalo al cinema. vol. 1 pubblicato con la rivista Ciak).       

 

 

Bucci Mario

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