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Unbreakable - Il predestinato
Anno: 2000
Regista: M Night Shyamalan;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 04-12-2003


La grande guerra

Unbreakable – Il predestinato. M. Night Shyamalan. 2001. USA.

Attori: Bruce Willis, Samuel L. Jackson, Robin Wright Penn, Spencer Treat Clark, Charlayne Woodardm, Eamonn Walker

Durata: 103'

Titolo originale: Unbreakable

 

 

Prologo: 1961, grande magazzino di Fliadelfia, un difficile parto di un bimbo di colore nato con entrambe le braccia e le gambe rotte. Storia. Di ritorno da N.Y., David Dunn, che lavora come uomo della sicurezza ad uno stadio di football, si ritrova ad essere l’unico superstite di un grave deragliamento che ha coinvolto il treno sul quale stava viaggiando. Il giorno della messa in memoria delle vittime trova sul parabrezza della sua auto un biglietto da visita della Limited Edition, all’interno del quale gli si domanda se è mai stato ammalato nella sua vita. David, che non aveva mai fatto caso a questa coincidenza, interroga allora figlio e moglie con esito negativo: egli solo una volta ha subito un incidente d’auto che lo ha costretto ad abbandonare la carriera nel football. Quasi certo di non essersi mai ammalato, David si rivolge direttamente alla Limited Edition per avere chiarimenti e qui conosce Eljiah Price, grande collezionista di fumetti ed affetto da una particolare malattia che gli ha reso le ossa fragili (si lascia chiamare, infatti, Uomo di vetro). Eljiah, dopo aver esaminato il suo caso, è sicuro di aver trovato un predestinato, una di quelle figure classiche dei fumetti che sfugge alla morte come alle malattie, e che quindi può essere la reale trasfigurazione di tutti quei supereroi che per una vita gli hanno fatto da compagnia. Il primo a credere alla storia è proprio il figlio di David, convinto addirittura di poter sparare al padre senza che a questo accada qualcosa. Nel frattempo i suoi genitori sono alla ricerca di una nuova stabilità famigliare, infranta (senza troppe spiegazioni) da tempo. Quando David si convince di avere questi poteri, ammettendo di non aver subito un infortunio, ma di aver utilizzato l’episodio dell’incidente per non fare la carriera sportiva, si rivolge al suo amico per chiedergli cosa fare di questi poteri, e così si pone al centro di una frequentatissima stazione in modo da sfiorare le persone e capire se qualcuna di loro è predisposta al male. Decide di seguire uno dei cattivi che gli è capitato di toccare e salvando la famiglia che questo aveva sequestrato, accetta l’idea di aver una missione di salvezza nella vita. Ad una mostra di tavole di fumetti originali tenuta dal suo amico Eljiah, stringendogli la mano, David capisce che è stato proprio questo a provocare il deragliamento del treno sul quale stava viaggiando (ed anche altre tremende sciagure) spinto dalla ricerca dell’eroe e convinto che questo lo avrebbe aiutato a definire il suo ruolo di malvagio.

Dallo stesso regista del fortunato Sesto senso (2000), un altro lavoro che gioca con i personaggi di riflesso (l’inquadratura che vede la nascita di Eljiah non a caso incomincia da uno specchio), in questo caso esempi quasi puri di Bene e Male, ma che si muovono all’interno di una struttura narrativa alla fine poco avvincente, convincente e forse eccessivamente positivista. Se David è il Bene (la scritta Security del suo lavoro lo accompagna anche quando salva la famiglia sequestrata) e l’Uomo di vetro il Male, e se è vero che uno definisce l’altro, è anche vero che tutto il film parte dal dato di fatto che in America c’è un consumo di fumetti così elevato tale da poter garantire il successo commerciale del film, il che rende troppo semplice il lavoro del regista: tutto quel lato oscuro del cinema che vorrebbe maggiori dettagli sui personaggi di contorno è completamente lasciato al caso ed al senso (sesto?) del pubblico in sala. Non è ben chiaro, infatti, perché il rapporto tra Bruce Willis e la moglie sia in crisi, non si capisce la sofferenza del figlio di fronte alla potenza del padre da cosa nasca, e soprattutto non vi sono novità narrative (nelle inquadrature e nella realizzazione fotografica) rispetto al precedente lavoro del regista, anzi se proprio bisogna fare un appunto, la soggettiva della bambina che osserva Bruce Willis nel treno, non è capovolta quando la fanciulla si ritrova a testa in giù. Un film che può essere valutato positivamente solo alla luce di un’ulteriore lettura del significato ed una sua successiva sopravvalutazione. Unico spunto interessante in realtà è proprio la scelta di Bruce Willis come attore, campione per anni dell’action movie dai grossi incassi, che si ritrova a giustificare il suo ruolo d’eroe attraverso la passione americana per i fumetti. Oltre a questo, troppo poco, si è assistito alla classica portata da baracchino alimentare: né carne né pesce, forse un hot-dog senza ketchup, servito fuori tempo massimo. Fotografia di Eduardo Serra.

 

Bucci Mario

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