Kiss kiss bang bang
Regia: Stewart Sugg
Sceneggiatura: Stewart Sugg
Fotografia: Tony Pierce-Roberts
Montaggio: Jim Clark
Produzione: James Richardson
Interpreti: Stellan Skarsgard (Felix), Chris Penn (Bubba), Paul Bettany
(Jimmy), Martine McCutcheon (Mia), Jacqueline McKenzie (Sherry), Allan Corduner
(Big Bob), Peter Vaughan (Daddy Zoo)
Origine: Gran Bretagna, 102 min., 35mm
Visto al Taormina FilmFest 2001

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gusto onomatopeico del titolo funziona benissimo, e il gioco
dell'identificazione nel sogno regala al film una sua penetrante originalità.
Per molti motivi. Innanzitutto l'ibridazione tra generi, tra commedia comica
con sequenze al fulmicotone (ritmi perfetti, straordinaria brillantezza dei
tempi della battuta) e commedia drammatica, per il quale Kiss kiss bang
bang può senz'altro ricordare il
melodrammatico straniamento e l'iperrealismo quotidiano del cinema di Aki
Kaurismaki. Dall'altra parte il personaggio di Bubba è la figura dell'idiota
sapiente, più Mr. Bean che Forrest Gump, il cui distacco dal mondo serve
proprio a farcelo continuamente scoprire da nuove prospettive. Un incanto che
si ripete ogni volta che Bubba (un eccellente Chris Penn) si muove e
interagisce con gli altri personaggi e col mondo. Perché ogni suo gesto diventa
davvero una palingenesi del mondo reale, come la pioggia che ha sapore di buono
o "il cielo che è azzurro", gli dice Felix, "le nuvole sono
quelle bianche e quella luce è il sole". Bubba esce dalla stanza dorata in
cui lo ha confinato il padre con l'obiettivo impossibile di risparmiargli le
sofferenze della vita adulta. L'interazione tra i vari personaggi è la chiave
di volta del film. Che si legge sempre sui movimenti dei corpi, non solo quelli
più appariscenti, buffi e teneri di Bubba, ma tutti gli altri che scrivono veri
e propri segni del fumetto. Un disegno animato che comunica l'incessante
bisogno di un ritorno. Un ritorno percorso da un movimento di ballo, trattenuto
e poi deflagrante nel numero musical alla toilette tra Bubba e Mia, ritorno
verso la fanciullezza, verso lo stupore del bambino e la sua naturale,
ineffabile, magica, saggezza. La bellezza della vita e poi la dignità del
morire, la morte che va affrontata come lo scimpanzé che, malato gravemente, si
nasconde nella foresta, si ferma nei pressi dell'albero, lontano da tutti, là
dove può morire in solitudine. A questo punto, vale a dire alla conclusione di
un processo che appare circolare, la fotografia che si ripete all'inizio e alla
fine, identica, ma abitata da generazioni diverse, il senso del tragicomico è
percepibile come possibilità e necessità anche del sacrificio (la morte di
Bubba); una storia le cui parti contribuiscono intensamente a raffigurare
l'unica, splendida, metafora: quella dell'esistenza umana.
Conferenza stampa con Stewart Sugg (regista) e James Richardson
(produttore)
C'è un po' di Forrest Gump nel personaggio di Buba?
Stewart Sugg: No, assolutamente, non avevo pensato a Forrest Gump.
James Richardson: Abbiamo portato molte modifiche al copione che si chiamava
"Felix and the babe" e alla fine è rimasta centrale la storia del
killer ed il bambinone.
Il lavoro attoriale, quello soprattutto di Chris Penn
Stewart Sugg: I due attori sono
stati fantastici li ho inseriti in una nuovo spazio in cui potessero lavorare,
mi piace sfidare e stimolare gli attori. E Chris Penn è una figura molto
autoritaria, pur non avendo lavorato in commedie, è molto versatile. Volevo
comunque che il film fosse internazionale, non c'era un attore inglese adatto
al suo ruolo.
James Richardson: Chris ha detto che non aveva mai perso in uno scontro verbale
con un regista ed invece con Stewart si è dovuto arrendere
Da dove nasce questo titolo?
Stewart Sugg: Volevo che avesse un suono internazionale e divertente, l'idea di
base è di Godard vale a dire che tutti i film sono su una pistola ed una
ragazza. Credo che questa combinazione dia al film un tocco di grande leggerezza
Il titolo è stato pensato alla fine?
Stewart Sugg: No, è stato pensato prima per creare un effetto forte
La scenografia, l'ambientazione sembra quasi un fumetto
James Richardson: Sì, abbiamo cercato di combinare più generi la commedia,
il noir, la comicità, credo che Stewart abbia rilevato delle somiglianze con i
primi film di Luc Besson, con una scenografia molto originale e nuova
Stewart Sugg: Sì, l'idea di molti personaggi mi piace e che siano anche molto
delineati. Mi interessa scoprire i sentimenti universali che coinvolgono il
pubblico. La stazione di pompaggio ricorda vagamente le ambientazioni di Terry
Gilliam.
James Richardson: Ci abbiamo visto un set grandioso perfetto per il nostro
budget ridotto.
La scelta di Paul Bettany è perché lo ha visto in Gangster n. 1?
Stewart Sugg: No, non avevo ancora visto il film quando ho incontrato Paul,
credo diventerà una grande star grazie alla sua fantastica presenza
Bubba non è un personaggio metaforico? Cosa può dirci sulla paternità, vista
in modi differenti?
Stewart Sugg: Abbiamo giocato molto con questa idea della paternità, è un
viaggio tra due estremi tra un personaggio molto cinico e Bubba che è segregato
e non conosce il mondo perché il padre vuole evitargli ogni contatto esterno
per evitargli i dolori della vita all'esterno. Si vede bene lo scambio, è molto
intensa l'interazione tra questi due personaggi.