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La struttura circolare dei racconti di Jarmush si evidenzia anche qui nella parabola che coglie le tappe della evoluzione della ragazzina: dapprima incarnazione di Betty Boop-Louise Brooks, enigmatica figura - come tutte le presenze femminili di Jarmush -, presente nei momenti di congelamento seguenti alle azioni più cruente: la sua prima apparizione varrebbe un’analisi dettagliata della sequenza, sia per la collocazione dei personaggi all’interno della stanza che, come in altri momenti del film, fa pensare allo studio prossemico dell’influenza sulla percezione della disposizione delle figure nelle incisioni nipponiche analizzate ad esempio da Arnheim: posta dietro ad una parete, la cui funzione è inesistente e serve semplicemente a rievocare i shoji delle case giapponesi dietro cui spiano ombre silenti, la misteriosa figlia del boss assiste al motivo scatenante dell’assurda guerra dichiarata dai mafiosi contro il novello Yojimbo nero. Il suo aspetto è quello di un’annoiata ninfetta molto somigliante a Lulù, che fu il modello per il creatore di Betty Boop, la quale nel gioco di specchi inventato sapientemente da Jarmush viene duplicata di fronte a lei nel televisore, acceso sul primo di una lunga serie di cartoons d’epoca, di cui tutti i mafiosi italo-americani del film sono appassionati, moltiplicazione del senso di estinzione incombente su tutti i riferimenti del film. Il suo lancio del libro sul pavimento è il gesto che dà inizio alla narrazione e trova una conclusione solo con il ritorno della raccolta di racconti di Akutagawa, insanguinato, nelle sue mani nell’epilogo, dove viene riconosciuto. L'ossessione per il bisogno di avere un riferimento che duplichi la situazione e la custodisca nella rappresentazione è presente spesso anche in Akutagawa: in particolare nel terribile paravento dipinto nel racconto intitolato La scena dell'Inferno. |