TODO SOBRE MI MADRE |
Le battute iniziali, in ospedale, dichiarano gli intenti: il cinema è esattamente come quella macchina che Almodovar riprende in apertura, mentre dosa sapientemente gli ingredienti della vita e della morte. Un'infermiera solerte, Manuela (Cecilia Roth), coordina le operazioni burocratiche di un trapianto di organi; la vediamo poi partecipare ad una simulazione di colloquio con donatori potenziali: ancora un riferimento al meccanismo finzionale, al set, al lavoro della recitazione. Il contrappunto, che presto si fonde col tema principale, è costituito dalla messa in scena (allucinata e iperrealista) di Un tram che si chiama desiderio, con protagonista Marisa Paredes nel ruolo principale e Candela Pena in quello di Stella. Col dipanarsi del racconto all'infermiera si aggiunge una piccola folla di personaggi: si assiste ad una sfilata di attrici care al regista spagnolo, ognuna col proprio carico di imprescindibili memorie cinematografiche. |
Questo metodo gli permette di rendere accettabili i suoi interventi commentativi fino a riavvolgere il nastro come nei Funny Games di Haneke o nel Ferrario di Tutti giù per terra, ma non per proporre un nuovo sviluppo o dimostrare ulteriormente la presenza autoriale, bensì per rivelare che anche questa volta come in La Flor de mi secreto il video sull'asportazione degli organi non fa parte del plot. Finzione e realtà si confondono sublimemente nel momento in cui Agrado recita: " Una donna è tanto più autentica quanto più somiglia all'idea che ha sognato di sé stessa ", una battuta pronunciata su un palcoscenico e quindi nel più classico momento di finzione ammantato di autenticità dalla mimesi. |